Più forte del tempo: la storia di Tom Brady, il miglior quarterback di sempre
Ci sono personaggi, nel mondo dello sport, le cui storie sono talmente incredibili da sembrare sceneggiature cinematografiche. Il sacrificio, il riscatto, la perseveranza: tutti quei temi, insomma, che contribuiscono ad alimentare la narrativa che si cela dietro ai grandi campioni, mescolando la realtà con la leggenda. Nelle ultime ore il mondo sta riscoprendo proprio il profilo di uno di questi personaggi. Stiamo parlando di Tom Brady, il quarterback che ha portato i Tampa Bay Buccaneers alla vittoria del 55esimo Super Bowl.
Per calarsi nell’impresa sportiva compiuta da questo atleta di quasi 44 anni è opportuno però partire dall’inizio. La storia personale e sportiva di Tom Brady, infatti, racchiude tutto quello che oltreoceano viene riassunto con l’espressione “american dream”, il sogno americano. Si tratta di quello status in cui, attraverso il duro lavoro, tutti possono essere in grado di arrivare a qualsiasi obiettivo, qualunque esso sia. E non si potrebbe definire altrimenti il cammino lungo e tortuoso che ha portato un gracile ragazzino della California come Tom Brady, a diventare una stella assoluta del football.
Dall’infanzia e l’adolescenza trascorse a dividersi fra il baseball e il football, fino all’età più adulta, quando l’amore per la palla ovale ha prevalso facendolo diventare il quarterback della squadra dell’università del Michigan, il vero primo punto di svolta della sua vita. Fu proprio in questo periodo infatti che Brady cominciò a sviluppare tutti quegli anticorpi con sopra scritto “resilienza” che lo hanno fatto diventare il campione assoluto che è oggi.
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Entrato in squadra al college, si ritrovò nelle gerarchie come il settimo quarterback e dovette faticare moltissimo per conquistare una maglia da titolare. Un processo durato due anni nei quali Brady fu quasi sul punto di mollare tutto. Con impegno e sacrificio, però, i risultati arrivarono e quel ragazzino gracile partito dalla California, divenne uno dei protagonisti delle vittorie dei Michigan Wolverines nel Citrus Bowl del 1998 e nell’Orange Bowl del 1999.
Uno scenario che sembrava perfetto per fare da apripista ad un futuro da protagonista nella NFL. E invece, anche questa volta, il cammino di Brady si rivelò in salita. L’anno successivo, durante la notte del Draft (l’appuntamento in cui i giovani talenti del college vengono scelti dalle franchigie del football professionistico) Tom Brady scivolò nuovamente in fondo alle gerarchie. Alla fine venne selezionato al sesto giro, dai New England Patriots, che lo chiamano con la scelta numero 199, salvandolo di fatto dall’oblio che spetta a molti giovani che non vengono scelti per giocare in NFL. Ad oggi, e in virtù soprattutto dei traguardi raggiunti in seguito, molti analisti considerano quella chiamata come la miglior scelta di tutti i tempi in un Draft NFL. Una cosa totalmente inconcepibile nel 2000, l’anno del suo approdo fra i professionisti. Brady infatti era molto lontano dallo stereotipo del giocatore di football tutto muscoli e atletismo. I filmati e le foto degli scout dell’epoca in fondo parlano chiaro.
Quando lanciava la palla, però, il ragazzo si trasformava e quell’ovale di cuoio scagliato con una velocità incredibile sembrava quasi telecomandato. L’aura di underdog che lo ha accompagnato per tutta la vita tuttavia si palesò anche in NFL e, nonostante le sue eccelse qualità di passatore, Brady iniziò la stagione come quarto quarterback dietro al titolare Drew Bledsoe e alle altre due riserve John Friesz e Michael Bishop. A fine stagione riuscì a scalare leggermente le gerarchie e divenne la riserva ufficiale. Nella stagione successiva un brutto infortunio costrinse Bledsoe ad un lungo stop e Brady, proprio come nei film, divenne improvvisamente il quarterback titolare. Da quel momento cominciò la sua incredibile scalata verso l’olimpo del football americano.
Nel 2001 vinse il suo primo Super Bowl diventando l’allora più giovane quarterback della storia a conquistare l’anello. Seguirono altri cinque titoli con i New England Patriots nel 2003, 2004, 2014, 2016 e 2018. In mezzo a tutto questo, la popolarità di Brady crebbe a dismisura e il tutto venne sancito dalle patinate relazioni prima con l’attrice Bridget Moynahan e poi con la famosissima top model Gisele Bündchen, sua attuale compagna. Le vittorie e la celebrità lo portarono a diventare anche testimonial di diversi brand e il suo viso comparve sulle copertine dei magazine più importanti. La rivista Forbes ha stimato che dall’inizio della sua carriera Brady ha avuto un incasso di oltre 100 milioni di dollari solo dagli sponsor, ai quali vanno aggiunti gli oltre 350 milioni percepiti come stipendio.
Un fenomeno planetario davanti al quale solo l’età sembrava essere un limite. E invece Tom Brady ha dimostrato di essere più forte anche del tempo, sovvertendo ogni logica. Dopo una decade stellare trascorsa nelle fila dei New England Patriots, nel marzo del 2020 ha deciso di voltare pagina firmando un contratto biennale con i Tampa Bay Buccaneers. Una decisione che ha fatto storcere il naso a molti fra tifosi e addetti ai lavori. Alla fine però ha avuto ancora ragione lui.
Brady infatti non solo ha dimostrato in questa stagione di essere uno dei giocatori più forti della storia, ma ha portato addirittura la sua nuova squadra a vincere un Super Bowl a distanza di 18 anni dall’ultima volta, battendo in finale i campioni in carica dei Kansas City Chiefs.
Un’impresa incredibile che rimarrà negli archivi di questo sport, così come l’ennesimo capolavoro di Tom Brady, il ragazzino della California diventato leggenda la cui storia da film è ancora lontana dal considerarsi conclusa.
Di Giuseppe Albi