Pietro Pancamo rompe le catene della fredda poetica con “Senza Tema! Poesie coraggiosamente atematiche”
Nell’epoca dello smarrimento più assoluto, anche in campo editoriale, Pietro Pancamo curatore della raccolta di poesie di AA.VV ( Edizioni Simple) ci mostra un progetto rivoluzionario che rema contro la mancanza di pathos nella poetica e che abbraccia la libertà di scelta, in termini di ispirazione, nella sua antologia “Senza Tema! Poesie coraggiosamente atematiche.
Romperei il ghiaccio con una domanda che stuzzica un po’ la curiosità di un qualsiasi ipotetico lettore: Senza tema! Poesie coraggiosamente atematiche. Da cosa deriva la scelta del titolo?
Consapevole che infrangere le consuetudini, specie se consolidate, è sempre un atto di coraggio, con questo libro ho deciso di ribellarmi alla moda delle antologie a tema. A ciascuno degli autori che ho prescelto ho lasciato piena libertà circa la materia da trattare. Il titolo è un gioco di parole: il sostantivo “tema” viene utilizzato nel doppio significato di timore e argomento. È un titolo che vuole dirci che questo volume è privo di un argomento principale e che, al tempo stesso, non ha paura di sottrarsi alla moda corrente delle antologie a tema che troppo spesso imbrigliano la fantasia degli autori. Gli autori della raccolta sono 5, me compreso.
La prima è Kikai, un’autrice molto riservata che ha preferito celarsi dietro uno pseudonimo. Il critico e storico della musica, Massimo Mila, il sentimento predominante nelle opere di Mozart è una sorta di benefico sorriso fra le lacrime e io penso che si possa dire lo stesso per i versi della brava Kikai. I versi della seconda autrice, Angela Lombardozzi, si inseriscono invece in un serrato flusso di coscienza magistralmente concepito per rispecchiare la penosa e concitata assenza di senso nell’esistenza quotidiana di noi esseri umani.
Invece le poesie del terzo autore, Tommaso Mendolesi, prendono le mosse da una sognante rassegnazione che, seppur attraversata sempre da una favilla di speranza pronta ad esplodere in quel in qualunque momento, piega spesso il ginocchio dinanzi alle storture e torture dell’esistenza. Infine, in una continua caustica e icastica dissolvenza incrociata di immagini che sfumano rapide, Fabio Sebastiani, ci svela impietoso le piccole miserie del grigiore quotidiano presentandole come una sorta di rito scaramantico cui noi esseri umani ci siamo autoaddestrati con tenacia imperterrita.
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Tornando al significato del titolo: senza tema. È anche un po’ questa la missione della poesia no? Non avere vincoli e sentirsi liberi di esprimersi.
Sì infatti. Penso che il compito principale di un poeta debba essere quello di ricorrere i ritrovati del pensiero e dipingere dei sentimenti umani. Un identikit che si allontani decisamente da descrizioni troppo banali o rappresentazioni troppo eccessive, svenevoli o mielose. Questo è solo il mio pensiero che non ho assolutamente imposto ai miei autori.
Se avessi a disposizione solo tre aggettivi, come descriveresti questa opera?
Coraggiosa e libera, come già hai detto tu. Direi che “Senza tema” è un’antologia che innesca una vera e propria rivoluzione dei sentimenti, opponendosi alle mode letterarie con arioso coraggio. Il terzo termine potrebbe essere, per l’appunto, arioso.
Sappiamo che lavori anche in campo editoriale, sei uno scrittore, scrivi opere di tua penna. Quando hai capito di voler pubblicare il tuo primo lavoro?
Ho capito di voler cominciare a pubblicare quando avevo più o meno 15 anni, è stata anche l’età in cui ho iniziato a scrivere. Devo confessare che all’inizio prediligevo la narrativa. Infatti da ragazzo ho cominciato ben presto, per gioco, a buttar giù una serie di piccole novelle. Dato che queste ultime si prefiggevano l’obiettivo di lavorare intensamente sul linguaggio per riecheggiare la prosa lirica dell’ultimo Pirandello, ecco che a 20 anni sono passato alla poesia. Ricordo che quello è stato un periodo molto prolifico e creativo. Il mio cervello sfornava versi senza che io li cercassi. Ora ho ricominciato a scrivere i racconti permeandoli di una spiccata ironia, dal momento che la razza umana e il mondo in un cui viviamo mi convincono decisamente poco (sorride).
Quali sono i riferimenti letterari che un poeta dovrebbe avere? Nel senso più assoluto.
Ho un’opinione particolare in merito. La poesia italiana di oggi è in preda a imbarazzanti derive intellettualoidi che la rendono piuttosto cerebrotica e fredda, incapace, quindi, di coinvolgere realmente il lettore. Perciò credo che gli autori di oggi dovrebbero sforzarsi di diventare poeti dell’anima. Sottolineando che quanto sto per dire potrebbe essere una provocazione, potrei dire che un riferimento consigliabile potrebbe essere Madre Teresa di Calcutta. È un’autentica eroina scrittrice che con coraggio scriveva e combatteva pacificamente in nome della fede, dell’amore, del mondo. Lottava in nome dei più deboli facendo dell’abnegazione la sua bandiera. Dovrebbe insegnare a tutti gli autori di oggi a mettere il sentimento nelle proprie opere.
Ci sono progetti futuri che vuoi svelarci?
Certo, in questo momento sto lavorando ad una presentazione online dell’Antologia senza tema: poesie coraggiosamente atematiche. Si tratta di un evento che ho iscritto al Festival Book City di Milano e che si avvarrà della partecipazione della giornalista e scrittrice Maria Cristina Giongo.