Parole & Suoni, Simone Cristicchi e il “Magazzino 18” nel Giorno del Ricordo
Nei libri di Storia la pagina dedicata all’esodo istriano, dalmata e giuliano trova ancora poco spazio. Sebbene il Giorno del Ricordo sia stato istituito nel 2004 proprio per ricordare quando avvenne nell’Italia orientale a partire dal 1943.
Gli italiani di quelle terre, a seguito delle azioni delle bande partigiane legate al comandante Tito, dovettero lasciare le loro case. I più fortunati. Circa 250 mila. Gli altri furono gettati vivi nelle cavità carsiche di oltre 200 metri note come foibe.
Un salto nel buio che finiva con la morte. Gli jugoslavi titini erano in guerra contro la Germania e l’Italia ma concentrarono i loro sforzi sui civili, in quella che è stata da più parti definita una vera e propria pulizia etnica ai danni degli italiani dell’est.
Parole & Suoni: tutte le puntate
Il musical “Magazzino 18”, ideato da Simone Cristicchi, prende spunto dal libro di Jan Bernas che si intitola “Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani: Istriani, fiumani e dalmati: storie di esuli e rimasti”.
Il titolo è molto eloquente e spiega bene le pseudo-ragioni dei partigiani comunisti. Quella che doveva essere un’offensiva bellica si trasformò in una violenza indiscriminata verso la popolazione.
Lo spettacolo del cantante già dalla sua creazione nel 2013 alimentò numerose polemiche. Fu infatti accusato di revisionismo da alcune frange della sinistra italiana. La questione delle foibe e dell’esodo degli italiani dell’Istria e della Dalmazia è infatti ancora oggi argomento di discussione e revisione storica. Sebbene il tutto sia stato documentato e inserito dallo Stato italiano tra le vicende nazionali degne di essere ricordate.
Le musiche dello stesso Cristicchi, in collaborazione con Valter Sivilotti, accompagnano tutta l’opera che prende spunto da quel magazzino 18 nel porto vecchio di Trieste che conserva gli oggetti di molti esuli.
Il cantautore romano ha scritto anche una canzone omonima del suo spettacolo. Quella “Magazzino 18” in cui canta “E per le strade un canto di morte/Come di mille martelli impazziti/Le nostre vite imballate alla meglio/I nostri cuori ammutoliti”.
La cacciata da quelle terre che da sempre furono italiane e che ancora oggi conservano alcuni pezzi di vita degli esuli. Come quelli appunto rimasti nel magazzino di Trieste. Andando incontro ad un destino sconosciuto e crudele. Come per la vicenda del “treno della vergogna” che a Bologna, mentre trasportava gli esuli di Pola, dovette fermarsi e diventare bersaglio della sassaiola dei ferrovieri che sventolavano la bandiera rossa.
Una mancanza di solidarietà dettata dalla contrapposizione interna creatasi improvvisamente alla fine del conflitto mondiale. Una sorta di cane mangia cane derivato dalla guerra civile e che si sta vivendo anche in epoca covid, dove il vicino è sempre pronto a puntare il dito verso una mascherina abbassata.
Lo spettacolo e le canzoni di Cristicchi ebbero la volontà di superare le ideologie. I falsi storici. Le contrapposizioni politiche. L’arte che diventa strumento della storia e della verità. La musica e il teatro come mezzo per ricordare. Un qualcosa di non fine a se stesso.
“Io cerco appunto di andare oltre le ideologie, non punto il dito né contro dittatura comunista né contro Mussolini ma contro il silenzio- così commentò lo stesso cantautore– cerco di capire cosa sia lo sradicamento, il perdere tutto, che è quello che hanno vissuto gli esuli istriani”.
Una musica leggera per una pagina di storia veramente pesante.
L’annosa questione ha ispirato anche un film, “Red Land” diretto, sceneggiato e prodotto da Maximiliano Hernando Bruno. Distribuito in Italia nel 2018 è basato sulla storia di Norma Cossetto, tristemente nota per essere stata violentata e uccisa dai partigiani jugoslavi a solo 23 anni nei pressi della foiba di Villa Surani.