L’intervista: Paolo Ruffini presenta “Quasi amici”
Insieme a Massimo Ghini, Paolo Ruffini sarà ancora impegnato da domani fino a domenica 26 al Teatro Parioli nel fortunato “Quasi Amici”, lo spettacolo di Alberto Ferrari, tratto dalla ormai celebre, omonima pellicola diretta da Olivier Nakache e Éric Toledano e ispirata dalla commovente storia di amicizia tra il miliardario tetraplegico Philippe Pozzo di Borgo e il suo ex badante Abdel Yasmin Sellou. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con lui prima dell’ultima settimana di repliche in terra romana.
Ecco cosa ci ha raccontato.
Ci racconta come è stato coinvolto nel progetto “Quasi Amici” e che tipo di lavoro ha dovuto fare su se stesso per calarsi nei panni di Driss?
Sono stato scelto in base a delle logiche imperscrutabili… No, molto più semplicemente, conoscevo già Alberto Ferrari avendo avuto la fortuna di assistere ad un suo spettacolo e avendo subito apprezzato il taglio cinematografico nel suo modo di dirigere. Così, quando è arrivata l’offerta, non ho dovuto pensarci un secondo. Per quanto riguarda l’entrare nel mio personaggio, mi è stato di grande aiuto l’esperienza di “Up&down” perché aver lavorato tanto e bene con i ragazzi down, mi ha dato immediatamente delle coordinate per stabilire un corretto rapporto tra il mio Driss e il personaggio di Ghini. Ci tengo però a sottolineare che il mio approccio alla questione della disabilità è privo di facile “condiscendenza”, nel senso che per me gli attori, come gli uomini in generale, d’altronde, appartengono a delle categorie, a dei “tipi”, assolutamente generali: bravi, meno bravi, simpatici, umani, stronzi.
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A proposito del suo rapporto in scena con Ghini: lo spettacolo è centrato sulla prodigiosa “chimica” che viene a stabilirsi tra voi. In che modo l’avete creata e quanto cambia col passare delle repliche?
Di certo il fatto di aver lavorato insieme in più di una circostanza e la fortuna di averlo anche potuto dirigere come è avvenuto nel mio ultimo film “Ragazzaccio”, ha fatto sì che certi meccanismi in scena si mettessero subito in funzione fin dall’inizio delle prove. Massimo è un grande attore, secondo me, capace di lavorare su più registi ed è anche una persona molto generosa, che non ha paura di darsi. Poi bisogna pensare che portare in giro per l’Italia uno spettacolo, non si limita soltanto a metterlo in scena ma a condividere molti altri spazi extralavorativi. Basti pensare alle cene dopo la rappresentazione, per dirne una. Ecco, quelle sono occasioni per fare bilanci, parlare di ciò che è andato e di ciò che non è andato e, naturalmente, diventa in modo indiretto un’occasione di crescita e di miglioramento per la nostra intesa anche sul palcoscenico.
Una curiosità: ha avuto modo di conoscere i veri protagonisti della storia?
No, purtroppo no, mi sarebbe piaciuto. So però che sono stati informati di questa nostra riduzione teatrale. Chissà…
In un mondo come il nostro dove i rapporti tra le persone sembrano sempre meno immediati e sempre più mediati, cosa insegna una storia come quella di “Quasi amici”? E, già che ci siamo, che importanza ha l’amicizia nella sua vita?
Parto dalla coda della domanda: considero l’amicizia un sentimento d’amore un po’ più… “spettinato”, che consente di avere più libertà e di essere meno possessivi rispetto alla relazione di coppia. Con il mestiere che faccio e il continuo tener dietro ai tanti impegni, per me non è facilissimo stabilire rapporti d’amicizia con le persone. Diciamo che io ho un sacco di “quasi amici”, che magari sento anche in momenti impensati. Per quanto riguarda invece il primo interrogativo, direi che la cosa che più mi piace di questo spettacolo è certa sua anti convenzionalità rispetto a determinati temi: poter fare in scena delle battute sulla disabilità, per dirne una, esula infatti da certe, insopportabili astringenze comportamentali e di pensiero alle quali l’odierna dittatura del politically correct ci costringe.
È attivo da ormai un quarto di secolo e a tutto tondo nel mondo dello spettacolo. Il suo essere poliedrico la aiuta ad entrare e ad uscire dai vari ruoli o ogni volta è costretto a fare tabula rasa prima di cominciare qualcosa? E dove si colloca a livello di importanza questo “Quasi amici” nel suo percorso?
Cerco di affrontare le differenze di impegni pensando che, comunque, si tratti di un continuum lavorativo, innanzitutto. Poi credo fermamente che il teatro sia il mezzo artistico meno ingrato che ci sia. Mentre in televisione o al cinema il successo passa e può capitare che, nel giro di pochissimo tempo, ci si dimentichi di te, nel teatro questo non avviene, rimani sempre un attore, la gente si ricorda. È per questo, ad esempio, che in un periodo particolare come quello della post pandemia il teatro sta andando bene. Il teatro non è delivery, è sempre se stesso e non ha mai paura di mettere il dito nella piaga o di parlare “come mangia”. E quest’ultimo aspetto, in un momento storico come questo, dove il già summenzionato politically correct sta cercando di imporre una sorta di forma di fascismo all’arte, è il più rimarchevole. Ecco, è per questo motivo che uno spettacolo come “Quasi amici”, che il politically correct lo bersaglia con costanza, ha e avrà sempre una grande importanza nel mio intero percorso.
Sta preparando qualcosa al cinema dopo “Ragazzaccio”?
Sì, ho due film che usciranno a breve. A marzo toccherà a “Uomini da marciapiede” una commedia divertente diretta da Francesco Albanese dove recito, tra gli altri, con Clementino. E poi “Rido perché ti amo”, che sarà nelle sale a luglio, una commedia romantica che ho scritto e diretto personalmente e nella quale sarò affiancato da un cast che vede la presenza di Nicola Nocella, Daphne Scoccia, Claudio “Greg” Gregori e Malika Ayane.
Guardandosi indietro, c’è qualcosa che a posteriori non avrebbe fatto nella sua carriera? E c’è qualcosa, invece, che vorrebbe assolutamente fare?
No, alla fin fine penso che tutte le esperienze che ho attraversato siano state formative, positive. Un mio sogno nel cassetto sarebbe poter condurre “La Corrida”: la ritengo infatti la più geniale delle trasmissioni che sia mai andata in onda in televisione. Mi piacerebbe tantissimo!