Barbie, la fobia del sessismo agli Oscar
Il politicamente corretto colpisce ancora. Questa volta la mannaia del buonismo si scaglia contro il premio cinematografico più importante. Le nomination agli Oscar hanno infatti acceso un dibattito in alcuni media italiani, ripresi da pochi utenti dei social.
La questione riguarda l’esclusione di Margot Robbie (protagonista del film “Barbie”) dalle candidate al premio come miglior attrice protagonista. In compenso Ryan Gosling con il suo Ken è in corsa per aggiudicarsi la statuetta d’oro come miglior attore non protagonista. In pratica viene ribaltata la famosa battuta del personaggio nel film: «Doesn’t seem to matter what I do, I’m always number two” (non importa quello che faccio sono sempre il numero due).
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Il film diretto da Greta Gerwig (anch’essa esclusa dalla categoria come miglior regista) ha incassato oltre un miliardo di dollari ma nonostante ciò non ha convinto totalmente critica e pubblico. La pellicola, che per molti ha rappresentato un chiaro manifesto femminista, risulta come il 14esimo film con maggiori incassi nella storia del cinema.
Ma lo sgarbo, o presunto tale, ricevuto in queste nomination ha scatenato un piccolo putiferio, fortunatamente relegato a qualche post sui social e a sporadici articoli. L’accusa parla di sessismo, di patriarcato, di donne simbolo escluse nonostante il non protagonista maschio venga celebrato (ancor prima di un eventuale vittoria).
Insomma un processo alle intenzioni presunte. Lo stesso Ryan Gosling ha così commentato l’esclusione delle colleghe dalle nomination agli Oscar : “Non c’è Ken senza Barbie e non c’è film su Barbie senza Greta Gerwig e Margot Robbie, le due persone più responsabili per questo film che ha fatto la storia”.
In queste parole non sembra esserci una presa di posizione basata su accuse di sessismo, bensì un pensiero riguardante il non aver apprezzato il lavoro dell’attrice e regista di “Barbie”. Sebbene da più parti si punta il dito con la solita cantilena “Anche Gosling, maschio, vede il sessismo in questa scelta”. Sarà.
Non si tiene però conto di quante volte attori non protagonisti abbiano vinto l’Oscar mentre il protagonista non sia stato tenuto in considerazione. Per non parlare delle nomination. Sembra quindi abbastanza pretenzioso cercare del marcio anche in votazioni cinematografiche. Soprattutto in un mondo legato ad Hollywood, il quale certamente ha i suoi scheletri nell’armadio (si veda su tutti il caso Weinstein), ma che negli ultimi anni ha dato una forte sterzata in questo senso, andando spesso (e troppo forzato molte volte) in direzione del politicamente corretto.
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Il rischio è del “al lupo al lupo”. Forse sarebbe più utile e costruttivo seguire le indiscrezioni riguardanti il film di Paola Cortellesi “C’è ancora domani”, che in Italia ha staccato più biglietti di “Barbie”. Molte agenzie hanno lanciato la notizia secondo cui Lady Gaga sarebbe intenzionata a produrre un remake hollywoodiano della pellicola nostrana acquistandone i diritti. Non ci sono però ancora conferme ufficiali.
Il cambiamento dovrebbe muovere in questo senso. Nel promuovere lavori di un certo tipo anche all’estero. Il prodotto della Cortellesi ha scavalcato i confini italiani arrivando a far parlare molto di sé anche negli Usa.
“Questo film ha senza dubbio colpito nel segno”- ha scritto Scott Roxborough giornalista della testata americana “The Hollywood Reporter” (una delle due riviste più importanti nel settore insieme a “Variety”)-“per svariati motivi. Primo, il superamento del semplice richiamo al neorealismo di “Ladri di biciclette” o “Roma città aperta”, al “dramma sociale che si svolge davanti al lavello della cucina”, con il racconto di una tragedia – la violenza domestica – che è sempre accaduta, che collega nel tempo e ovunque nel mondo le storie di tutte le nonne, le madri e le figlie. È vero, sullo sfondo c’è l’anno del referendum istituzionale (1946), la prima volta che le donne italiane poterono votare, ma il pubblico vede al di là del dato storico e ritrova un film contemporaneo. Come ha detto Cortellesi nell’intervista: “Le radici [della cultura patriarcale] sono nel passato ma ancora molto presenti oggi”.