L’Orchestra Sinfonica Abruzzese e l’omaggio ai Queen: come convincere senza strafare
Di tributi a Freddie Mercury e ai Queen se ne contano a centinaia. Già dai tempi in cui il cantante, nativo di Zanzibar, era in vita, numerosi sono stati i tentativi di celebrarne le gesta, tanto come singer e perfomer, quanto come leader della formazione inglese. Alcuni riusciti, altri da dimenticare. In presenza di uno dei nomi più prestigiosi degli ultimi cinquant’anni della storia della musica il talento da solo, però, non basta. Così come non può essere sufficiente riproporre fedelmente il look che John Deacon, Roger Taylor, Brian May e, appunto, Mercury, indossavano sul palco.
Tra la celebrazione e la parodia caricaturale il limite esiste, e in più circostanze è stato superato rendendo l’omaggio immotivatamente pacchiano e ridondante, nell’unico tentativo di avvicinarsi quanto più possibile ai quattro artisti. Parliamo di una formazione stellare, di un gruppo sforna hit come pochi altri e di un sound multiforme e contaminato da duecento e più anni di sfumature ed evoluzioni musicali. In molti hanno tentato di emularli, ma nessuno ci è mai realmente riuscito.
La premessa di cui sopra è dunque d’obbligo, quando si scomodano i Queen con uno spettacolo a loro rivolto. Ad Avezzano, nell’ambito della rassegna “Terreemerse“, è andato in scena “Somebody To Love – omaggio alle musiche dei Queen“, ambizioso progetto che l’Orchestra Sinfonica Abruzzese porta in giro in tutta Italia da circa un anno. Sul podio l’eclettico Roberto Molinelli, direttore e arrangiatore, compositore di musiche per il cinema e in più occasioni arrangiatore e direttore dell’orchestra Rai del Festival di Sanremo.
Con lui e i quaranta elementi dell’Orchestra, gli attori Giuseppe Esposto e Fabrizio Bartolucci, il soprano Sara Borrelli, il vocalist Antonello Carozza e il gruppo vocale Vocal Eight.
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Nelle due ore scarse di show è stata riproposta la storia della band, dall’alba fino al tramonto, dagli inizi fino alla fine, sopraggiunta con la morte di Freddie Mercury nel novembre del 1991. Un arco temporale di per sé importante che, nel caso specifico, diventa anche complesso da narrare, complice l’abbondanza di dettagli che contorna da sempre la storia del gruppo e la figura del cantante. Mediante l’ausilio del reading di due attori, uno dietro al leggio e un altro che alternava i look più famosi di Freddie (il famoso giubbino giallo, la canottiera bianca con immancabile polsino al polso destro, il mantello da Re con tanto di corona al seguito), è stata seguita una storyline ben precisa anche se, per ovvie ragioni di spazio, non particolarmente approfondita.
Con il supporto di uno schermo cui venivano proiettate le traduzioni dei brani, sono stati eseguiti “I want it all“, “Radio Ga Ga“, “We will rock you“, “We are the champions“, “Somebody to love“, “Bohemian Rhapsody“, “Innuendo” e altre canzoni. Complice la spiccata vena orchestrale dei Queen, che bene si presta agli inserti operistici all’interno del proprio sound, le esecuzioni di queste ultime due song sono state tra le più convincenti, anche se in alcuni punti riadattate nella tonalità.
L’alternanza tra brani suonati e recitati, supportata dalle immagini e dai testi che di volta in volta scorrevano sullo schermo, e ampliata dal percorso storico descrittivo la carriera e la vita privata di Mercury, hanno consentito anche al pubblico meno esperto o profondo conoscitore della band, di scoprire lati meno conosciuti o mainstream del fu Farrokh Bulsara. La scelta è rilevante e da apprezzare, poiché non si può dare per scontato che tutti sappiano o conoscano i lati umani dei musicisti e i retroscena di alcune parentesi professionali, anche se siamo in presenza dei Queen, appunto.
Particolarmente emozionante l’esecuzione di “Barcelona“, singolo di Freddie realizzato con la cantante lirica Monserrat Caballé, title track dell’omonimo disco pubblicato nell’ottobre del 1987, anno in cui Mercury iniziò a manifestare i primi sintomi legati all’Hiv e all’Aids, malattia che lo portò alla morte quattro anni dopo. La stima tra i due conobbe vette mistiche, legati da un profondo amore verso l’opera e da una stima professionale divenuta poi amicizia fraterna. “The Great Pretender” non nascose mai l’ambizione di realizzare un album operistico, ma per farlo la condizione fu unica: avere la Cabellé al suo fianco.
Lei, scettica all’inizio, ebbe a ricredersi non appena i due entrarono assieme nella sala prove, dove il singer poté dimostrare la sua spiccata propensione alla recitazione musicale oltre alla straordinaria estensione vocale che lo ha contraddistinto per gran parte della sua carriera. Il risultato fu un singolo leggendario, di grande impatto sull’opinione pubblica e ampiamente rivalutato nel corso del tempo a venire.
Riproporlo è impresa audace e rischiosa, ma va riconosciuto all’Orchestra Sinfonica Abruzzese di aver svolto un lavoro egregio. Menzione di merito va al cantante Antonello Carozza, sempre in controllo della voce nonostante la difficoltà del pezzo, a suo agio nell’ottava più alta ma convincente, soprattutto, nella voce graffiante dove, a detta di chi scrive, ha saputo esprimere al meglio il suo talento nell’interpretare Mercury. Bravissima il soprano Sara Borrelli che, senza voler strafare, ha saputo omaggiare la Caballé (impresa impossibile per il 90% delle cantanti al mondo) con un’esecuzione pulita, soprattutto nelle complesse armonizzazioni.
Per narrare una carriera come quella dei Queen, e una vita controversa come quella di Freddie Mercury, due ore di show non bastano, ecco perché è da premiare l’aver dato spazio alla descrizione di “Love Kills” o “Mother Love” prima della conclusiva “The show must on”, anthemica e carica di pathos come sempre. Così come interessante è stata l’interpretazione di “We will rock you”, più rockeggiante dell’originale grazie al coinvolgimento, appunto, di un’Orchestra, ma meno “epica” nel suo incedere. Aspetto che, invece, contraddistingue l’originale. Ma va bene così.
Uno spettacolo apprezzabile, pulito nella sua messa in scena, scandito da ritmi precisi e in grado di soddisfare sia i neofiti che i più navigati appassionati dei Queen.
Foto: Impressione Studiocreativo