Numa Pompilio e le origini di febbraio
Come per il predecessore Romolo anche per quello che è indicato come il secondo re di Roma, Numa Pompilio, leggenda, mito e storia si intrecciano.
Alla morte del mitico fondatore di Roma seguì un periodo buio che taluni indicano come “interregno”. Nessuno tra i Romani sembrava infatti essere all’altezza del figlio del dio Marte e di Rea Silvia.
Inoltre l’antico patto sottoscritto dall’erede della stirpe di Enea e da Tito Tazio, a un re romano sarebbe dovuto succedere un re sabino. In disaccordo su chi affidare la giovane città i cento senatori si divisero in dieci decurie dalle quali veniva scelto un rappresentante. Questi 10, uno alla volta, governavano la città per un periodo di circa cinque giorni.
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Mancava però una figura di riferimento come era stata Romolo, che in sè incarnava la funzione sovrano-guerriera. Un uomo che riuscisse a prendere decisioni nell’interesse della comunità prendendosi le proprie responsabilità.
La scelta andò a cadere, dunque, proprio su un sabino. Un vecchio di quel popolo che i Romani andavano a interpellare per rivolgersi agli dèi.
Era Numa Pompilio. Nato sembra il giorno della fondazione dell’Urbe era dedito alla vita frugale. Saggio per eccellenza, religioso come pochi. Costui, leggenda vuole, abitava ovviamente fuori Roma. Nei pressi di Curi, nella campagna. E fu mandato a chiamare da Proculo il Visionario e un certo Valerio, di cui si conosce poco o nulla.
Il prescelto non accettò subito la nomina a re. Fu solo grazie all’intervento della ninfa Egeria a convincerlo. Lei non fu solo la sua consigliera. Divenne la sua mitica sposa, colei che gli consegnò le leggi di Roma.
Numa Pompilio rappresentò per l’Urbe la pace e il diritto. Con lui Giano fu rinchiuso nel suo tempio per 43 anni. Tutta la durata del suo regno. Il che equivalse ad un periodo senza guerre.
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Roma sotto di lui non fu più scossa da battaglie e violenze. Fu lui ad ampliare e approfondire i culti religiosi. Eresse templi e creò riti pubblici. Con lui nacque l’ordine dei Flamini per i culti di Giove, Quirino e Marte. Mentre alle Vestali assegnò un littorio come guardia personale. Costoro infatti non dovevano pensare ad altro che a custodire il fuoco sacro e a pregare.
Egli instaurò, ispirato da Egeria il culto di Tacita, Dea del silenzio, equiparata ad Iside, per la quale è doveroso rispettare il silenzio nei Sacri Misteri. La ninfa sua consigliera per lui lasciò il laghetto della Sabina. A Roma si stabilì nel bosco sacro detto Lucus o Nemora, nella valle delle Camene ai piedi del Celio.
“Vi era un bosco irrigato nel mezzo da una fonte d’acqua perenne che sgorgava da un’ombrosa grotta. Numa spesso vi si recava senza testimoni per incontrarsi con la Dea, consacrò quel bosco alle Camene a sud est del Celio poiché ivi esse si ritrovavano con Egeria sua sposa”.
(Tito Livio – Storia di Roma)
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Numa Pompilio viene inoltre ricordato per essere legato al Calendario. Per alcuni fu lui ad allargare l’anno a 12 mesi, inserendo i mesi di gennaio e febbraio, per altri fu proprio lui a introdurre l’uso del calendario ai romani.
La sua azione fu volta a seguire l’anno solare anziché quello lunare tipico dei greci. Divise inoltre i giorni fasti da quelli nefasti, nei quali non si potevano svolgere cerimonie pubbliche.
Nel 700 a.C. aggiunse 51 giorni assegnando a gennaio 29 giorni e a febbraio 28. Però ogni due anni, tra il 22 e il 23 del mese veniva intercalato un periodo variabile e stabilito (mensis intercalaris), anno per anno, per far coincidere il calendario lunare con quello solare. Questa decisione spettava al pontefice massimo, figura introdotta proprio da Numa Pompilio.
Dal verbo latino februare (purificare), febbraio era stato scelto come mese della purificazione, con riti in onore del dio etrusco Februus e della dea romana Febris. In questo ultimo mese dell’anno romano si celebravano i Terminalia. I confini, i termini, a Roma erano oggetto di questo culto, che tradizione vuole fossero iniziati sotto Numa. Erano un qualcosa di sacro e inviolabile.
E con Numa Pompilio Roma ebbe un’anima, una difesa del suo essere derivante dalla religione e dall’ordine civile. E anche i prodigi che avvennero sotto il suo governo ne furono una dimostrazione. Se a Troia cadde dal cielo il simulacro di Pallade Athena al tempo di Dardano, nella città fondata da Romolo, ma sotto il suo successore, cadde lo scudo di Marte.
La salvezza di Roma sembrava quindi dipendere dalla conservazione dello scudo inviato da Giove. Il saggio, forte dell’esperienza troiana dopo che Ulisse trafugò il Palladio, fece fare delle copie affidandone la custodia ai dodici sacerdoti che furono chiamati Salii. E il rapporto con gli dèi giovò a Numa Pompilio che regalò ai romani oltre 40 anni di pace e prosperità.