“Nisàn” dei babilonesi e l’arrivo della Primavera
Per gli antichi babilonesi aprile era il mese di Nisan, quello dell’inizio dell’anno, della primavera, del risveglio della natura. Proprio questo rifiorire e questo ritorno della luce dopo il lungo inverno si celebrava attraverso 12 giorni di festeggiamenti.
Il Capodanno, per la maggioranza delle popolazioni antiche si festeggiava all’inizio della Primavera, per i babilonesi si chiamava “Akitu” e durava 12 giorni, la sera del quarto, il grande sacerdote, recitava il poema cosmogonico “Enûma Eliš”. La recita avveniva all’interno del “Bit Akitu” (lett. casa dell’ Akitu), appunto il tempio all’interno del quale si svolgevano le cerimonie della “festa dell’Akītu”. Con una scenografica processione si trasportavano i simulacri divini, le statue di Marduk e suo figlio Nabu, dal tempio all’interno della città (Esagila) alla “casa di campagna”, qui terminavano poi i riti e le celebrazioni.
Ma perché proprio questo particolare poema epico?
L’ “Enuma Elish” (trad. “Quando in alto”) è un poema cosmogonico mesopotamico che tratta appunto della creazione e delle imprese compiute del dio Marduk. L’origine è a oggi sconosciuta ma alcune versioni risalgono probabilmente al XIII o al XII secolo a.C., al tempo della prima dinastia babilonese, ma se ne conoscono anche versioni assire databili al VII secolo a.C. provenienti dai siti di Assur e Ninive. Molti studiosi ritengono che il mito non possa essere più antico del periodo di Hammurabi di Babilonia, durante il quale il dio Marduk divenne la divinità principale dei babilonesi, ma ritengono plausibile pensare che l’opera sia un riadattamento della mitologia precedente dedicata al dio Enlil, di origine sumerica. L’opera si compone di 7 tavole che narrano della creazione del mondo e degli uomini.
L’unione tra le entità primordiali Abzu e Tiamat, che potremmo definire Titani (come Urano, Gaia, Crono, per la mitologia occidentale), rappresentazioni divine degli abissi, sia quello delle acque dolci che di quelle salate, dà origine a nuovi dèi che, a loro volta, generano altre generazioni. I più giovani però, disturbano il riposo eterno di Abzu, che all’insaputa di Tiāmat, li uccide. Uno di loro si ribella, Ea/Enki, che riesce a liberarsi del titano tiranno. Tiāmat, adirata per la perdita del suo compagno, muove quindi guerra ai nuovi dei, alleandosi con altre creature spaventose dell’universo, tra cui il mostro Kingu. Soltanto Marduk, divinità dell’ultima generazione, figlio di Ea/Enki, decide di affrontarla: in cambio chiede di diventare re di tutti gli dèi ( proprio come successe tra Urano e Crono e Crono e Zeus). Marduk la uccide e taglia in due pezzi il corpo: una parte diede origine al cielo e l’altra alla terra e di seguito tutto quello che sta nel mezzo. Con il sangue di Kingu crea gli uomini perché fossero servi degli dèi.
Così durante il capodanno si celebra la creazione del mondo, la sua rinascita e l’avvento degli uomini, per opera di Marduk, a seguito del buio periodo regnato dai sovrani degli abissi. E siccome il tempo degli antichi, ovunque come nel Vicino Oriente Antico, scorreva in sincrono con la natura, la terra rinasce con l’ Equinozio di primavera gli uomini fanno cominciare il loro anno in questo periodo, quando la luce ricomincia a regnare sull’ oscurità.