Al Museo dei Fori Imperiali “Napoleone e il mito di Roma”
Napoleone Bonaparte arriva a Roma con la mostra ai Mercati di Traiano Museo dei Fori Imperiali. Ideata in occasione del bicentenario della morte dell’Empereur “Napoleone e il mito di Roma” lo celebra ripercorrendo il rapporto tra lo stesso imperatore francese, il mondo antico e Roma.
La mostra, curata da Claudio Parisi Presicce, Massimiliano Munzi, Nicoletta Bernacchio e Simone Pastor, sarà aperta al pubblico fino al 30 maggio 2021.
I rapporti tra Roma e l’Impero di Napoleone
L’odierna Capitale d’Italia fu annessa all’Impero napoleonico dal 1809 al 1814 e per volontà dello stesso Napoleone fu la città imperiale seconda solo a Parigi.
L’area archeologica dei Fori Imperiali nasce proprio con il Governo Napoleonico, che nel 1811 avviò la sistemazione dell’area a sud della Colonna di Traiano, la stessa che fu presa a modello per la realizzazione della Colonna Vendôme, eretta a Parigi per celebrare la vittoria della Grande Armée nella Battaglia di Austerlitz nel 1805 che garantì a Napoleone il dominio sull’Europa.
Roma, dunque, come modello. Roma come archetipo. La sua storia, i suoi personaggi, le vicende politiche, la religione, la letteratura, l’arte, tutto ciò che aveva contribuito a creare il mito di Roma fu assorbito dal giovane Napoleone sin dai tempi della Scuola Militare di Brienne-le-Chateau.
I miti di Napoleone
La mostra infatti presenta numerose busti e dipinti incentrati sul rapporto tra Napoleone e i grandi sovrani antichi, grandi imperatori, condottieri del passato. Alessandro Magno, Augusto, Giulio Cesare, Costantino ed anche Annibale, il quale lo affascinava per aver valicato le Alpi. A tal proposito troviamo una copia del “Bonaparte valica il Gran San Bernardo” di J.L. David diventato l’emblema della seconda vittoriosa Campagna d’Italia. L’Imperatore era rappresentato su un cavallo rampante, come un eroe, come lo stesso Annibale e Carlo Magno, che prima di lui avevano superato le Alpi con un esercito e i cui nomi sono scolpiti sulle rocce.
Verso il generale cartaginese nutriva un’ammirazione tale da suscitare numerosi parallelismi, tanto che Vincenzo Monti nel “Inno per la battaglia di Marengo” inserisce un dialogo tra l’ombra del cartaginese e il generale Desaix.
Si entra così nel vivo della mostra con un busto di Napoleone di L. Bienaimé del 1870, dove possiamo ammirare il corso con l’alloro in testa. La corona d’alloro nella Roma antica era conferita dalle legioni ai generali vittoriosi al momento dell’acclamazione a imperator. Questo elemento era utilizzato propagandisticamente per porsi in continuità con i grandi condottieri e imperatori romani.
Tra questi, già citati, c’era sicuramente Giulio Cesare verso il quale ebbe un duplice rapporto conflittuale tra il trionfatore e il dittatore tradito. Augusto al quale si ispirò nel rifiutare i poteri eccezionali salvo accettarli poi solo per volontà popolare. E ancora Costantino al quale si ispirò per diversi motivi. L’essere un grande condottiero, il primo imperatore cristiano, colui che aveva governato in accordo al Papato.
I rapporti con la Chiesa e gli emblemi
Il rapporto di Napoleone con la Chiesa fu turbolento. I due papi con cui ebbe a che fare, Pio VI e Pio VII, di cui possiamo ammirare i busti, dovettero prima accettare l’invasione francese e la deposizione del loro potere temporale fino al 1801, anno del Concordato in cui “il Governo della Repubblica riconosce che lam religione cattolica, apostolica e romana è la religione della maggior parte dei cittadini francesi. Sua Santità parimenti riconosce che la stessa religione ha tratto e tutt’ora si aspetta di trarre il massimo bene e risalto dalla restaurazione del culto cattolico in Francia”.
Il rapporto con Roma e la sua mitologia la ritroviamo anche nella stampa di B. Pinelli in cui il Tevere consegna all’aquila imperiale l’elmo di Cesare e la spada di Traiano per il re di Roma.
L’aquila, emblema di Roma fin dal tempo dei Re assumendo un valore identitario con la riforma dell’esercito di Caio Mario, fu scelta da Napoleone per adornanre i pennoni e le bandiere di guerra delle unità della Grande Armée. Nella storia e nell’iconografia napoleonica importante è il ricordo della distribuzione delle aquile, evento immortalato da David.
Celebre rimase la collera dell’Empereur contro i soldati che nella Battaglia di AUsterlitz avevano perduto l’aquila. Mentre a Waterloo, nonostante la sconfitta, le truppe francesi si batterono per difendere e conservare i propri emblemi.
Con l’Antico la mostra ci porta in Egitto, con stampe e medaglie della Campagna che lo portò alla conquista del Nilo, come i suoi miti Alessandro Magno e Giulio Cesare.
La chiusura della mostra
La mostra si chiude con il quadro di Gerard che raffigura Napoleone al suo apice, ritratto in piedi, davanti al trono, con le vesti indossate per la consacrazione a imperatore in Notre-Dame il 2 dicembre 1804. É una sintesi di tutto ciò che la mostra ci ha mostrato del suo rapporto con l’antichità e Roma.
Bonaparte porta un diadema di foglie di quercia e alloro, tiene nella mano destra lo scettro sormontato dall’aquila imperiale, con il fulmine tra gli artigli. Scelse inoltre l’ape come simbolo ispirandosi alle trecento e più spille in forma d’ape rinvenute nella tomba di Childerico, capostipite della dinastia dei Merovingi sepolto a Tournai, in Belgio.
Questa mostra, dunque, porta Napoleone a Roma, cosa che non gli riuscì in vita. Tuttavia la città lo aspettò e per essere nuova capitale del suo nuovo Imperatore fu teatro di cantieri di abbellimento e ammodernamento. Il mito di Roma alimentò Napoleone, e ne fu vivificato.