Morgan contro Sanremo: “zero originalità e testi da elementari”, ma come dargli torto?

Parole scritte in bianco su sfondo nero, tutto in stampatello senza virgole: un vero e proprio sfogo impulsivo, che però esprime il pensiero di molti. Così Morgan ha consegnato la sua nuova aspra critica al Festival di Sanremo al popolo di Instagram nella scorsa notte.
Le stories sui social, si sa, sono destinate a durare 24 ore ma se ad attaccare è una voce controversa come quella di Morgan, la polemica è destinata a raggiungere il più vasto pubblico. Soprattutto se in questo caso, il succo della critica, depurato dalla rabbia e frustrazione che sembrano connotare gli interventi pubblici del cantante, è ampiamente condivisibile.
La polemica di Morgan
Sanremo: mi fa davvero schifo. Insopportabili i cantanti, zero originalità, zero ironia. Zero autenticità. Le canzoni una più orrenda dell’altra musicalmente vuote inesistenti. I testi roba che dire involuta, inutile ed allucinante è poco: i pensierini delle elementari sono molto più brillanti e mia figlia di quattro anni che strimpella al toy piano a confronto di Sanremo è Stockhausen.
L’unica cosa decente è una mia idea: invitare i Duran Duran
Che dire? Morgan ha decisamente espresso un giudizio estremamente negativo sulla 75ª edizione del Festival, definendolo uno spettacolo imbarazzante. L’artista, senza peli sulla lingua, ha attaccato la qualità delle canzoni in gara, che ha definito “musicalmente vuote e inesistenti“, ma anche l’assenza di autenticità e originalità negli artisti in gara, affermando che le canzoni presentate non aggiungono nulla di significativo al panorama musicale italiano.
In particolare, Morgan ha riservato le critiche più dure ai testi, definendoli banali e privi di spessore: “roba che dire involuta, inutile e allucinante è poco” e arrivando a paragonarli ai “pensierini delle elementari“. Il suo riferimento a Stockhausen, celebre compositore d’avanguardia, sottolinea invece la distanza tra la sperimentazione musicale e la semplicità, a suo dire eccessiva, delle canzoni in gara.
Morgan vs Sanremo: il re delle controversie
Morgan è un geniale musicista e un grande cultore della storia della musica, passata e recente: questo non si discute. Ma di certo l’artista non è nuovo alle polemiche con il Festival di Sanremo, che lo caratterizzano agli occhi del pubblico più giovane (e non solo) come un personaggio controverso che ha bisogno di attirare l’attenzione con di colpi di scena e critiche ad un sistema di cui fa inevitabilmente parte.
Già nel 2010, fu escluso dalla 60ª edizione a seguito di dichiarazioni sull’uso di cocaina come antidepressivo. Nonostante successivamente avesse smentito tali affermazioni e avviato un percorso di riabilitazione, la Rai decise di estrometterlo dalla competizione.
Uno degli episodi più noti, ben scolpito nella memoria del pubblico soprattutto grazie alla viralità conquistata sui social, risale invece al 2020, quando Morgan partecipò al Festival in coppia con Bugo. Durante una delle esibizioni, Morgan modificò il testo della canzone in gara, causando l’abbandono del palco da parte di Bugo e la conseguente squalifica del duo. Questo evento generò ampie discussioni mediatiche e tensioni tra i due artisti.
Per l’edizione successiva il cantante espresse pubblicamente il suo disappunto per l’esclusione dalla giuria di Sanremo Giovani e per la mancata accettazione di un suo brano al Festival. In una lettera aperta ad Amadeus, direttore artistico del Festival, Morgan accusò l’organizzazione di comportamenti scorretti e offensivi nei suoi confronti, definendo le azioni subite come una forma di mobbing.
Di nuovo nel dicembre 2023, circolarono voci riguardanti una presunta esclusione di Morgan dal Festival di Sanremo. L’artista smentì tali notizie, affermando di non aver mai proposto alcun brano per la competizione e sottolineando la mancanza di veridicità delle informazioni diffuse.
Leggi anche: Aspettando Sanremo. Gli scandali più memorabili della storia del Festival
In conclusione, il Festival che a Morgan “fa schifo” svolge un ruolo fondamentale per la popolarità del cantante almeno nell’ultimo quinquennio. Un sistema, un circolino verrebbe da dire oggi, che Morgan repelle ma che inevitabilmente utilizza per far parlar di sé e tornare in qualche modo protagonista della scena, come accade in questo momento.
Certo la sua esibizione nel 2020 (in particolare il modo in cui ha modificato il testo insultando Bugo in diretta televisiva) non ha dato prova di chissà quale superiorità rispetto ai testi e performance che oggi critica così aspramente… eppure, nelle ultime ore, le parole di Morgan hanno scatenato un acceso dibattito.
Il dibattito sui testi
Le dichiarazioni di Morgan non sono state completamente bocciate dalla stampa e dal pubblico dei social, anzi.
Da una parte chi difende il Festival e il lavoro del direttore artistico Carlo Conti, ricordando che la musica è soggettiva, che Sanremo è sempre stato un evento capace di suscitare opinioni contrastanti, che c’è bisogno di leggerezza e di un ritorno ad una “classe” (propria della conduzione di Carlo Conti) – messa a rischio negli anni passati da Amadeus e Fiorello, che con la loro freschezza e il tentativo (oggi possiamo dire riuscitissimo) di attualizzare il Festival, avevano distolto l’attenzione dalla competizione musicale, scivolando troppo spesso nel dibattito e nella viralità.
Dall’altra parte, molti telespettatori, critici, giornalisti e esperti musicali condividono il fulcro dell’analisi di Morgan, ritenendo che il Festival di Sanremo stia progressivamente perdendo qualità e puntando su canzoni commerciali e standardizzate. Ad eccezione di alcuni testi profondi che suscitano commozione e standing ovation in questi giorni, è difficile controbattere l’accusa di chi vede nella maggior parte dei brani presentati in questa edizione una sorta di “gara al tormentone“.
Leggi anche: Aspettando Sanremo. I testi ufficiali delle 29 canzoni in gara
De gustibus non disputandum est, certamente. Ma è chiaro anche ai meno esperti che molti cantanti e cantautori in gare hanno scelto di affrontare temi anche complessi, attuali e profondi (dalla dichiarazione di fragilità alla salute mentale, dalle paure della genitorialità al bisogno di autoaffermazione, dalla costante minaccia dei social per i rapporti umani all’inno femminista) affidandosi a un lessico e una sintassi semplificati, che mirano soprattutto all’orecchiabilità e ad una facilitata memorizzazione.
La critica dell’Accademia della Crusca
Non è stato solo Morgan ad aver espresso perplessità sui testi delle canzoni in gara: è noto che nei giorni precedenti all’inizio del Festival, anche l’Accademia della Crusca ha sollevato dubbi sulla qualità linguistica dei brani sanremesi, evidenziando un progressivo impoverimento del lessico e della struttura poetica delle canzoni.
Un punto di vista “scientifico” che rafforza la tesi di cui in realtà siamo tutti consapevoli: Sanremo sta puntando su brani semplici e immediati, spesso privi di profondità, di ricerca di autenticità e originalità. Canzoni orecchiabili da ascoltare anche in estate, ma che non riescono ad affermarsi come portavoce di un messaggio.
Un Festival che evita la profondità
D’altronde un aspetto che sta emergendo chiaramente dalle prime due serate di questa edizione è la tendenza a evitare qualsiasi tipo di discorso profondo o politicamente rilevante.
Non solo le canzoni sembrano orientate verso un’estrema orecchiabilità e semplicità testuale, ma anche la gestione del Festival riflette questa scelta. In conferenza stampa, prima dell’inizio di questa edizione, Carlo Conti aveva anticipato:
Non ci saranno i monologhi, ma non ho avuto nessun tipo di pressione politica
La seconda serata è stata resa più frizzante dalla comicità no-sense di Nino Frassica, dalla bellezza di Bianca Balti che ha cercato in tutti i modi di controbattere ai “guerriera, madre, esempio” di Carlo Conti per affermare la sua volontà di partecipare in quanto modella e non malata di cancro, o ancora dalla eccentrica presenza di Cristiano Malgioglio – giustamente definito da Lucarelli una “quota queer ma all’acqua di rose” durante il Dopofestival.
Ma il pubblico non ha potuto non notare come gli interventi siano ridotti al minimo, come i cantanti abbiano poco spazio per fare discorsi o riflessioni.
“L’azienda mi conosce,” – ha dichiarato il direttore artistico in conferenza stampa – “non cerco la polemica anche se poi a Sanremo arrivano comunque. Si tratta di una scelta che ha a che fare con i tempi televisivi. Sintetizzare il più possibile anche con delle riflessioni veloci è la mia idea. Comunque non significa che non ci sarà spazio per le idee ma i momenti di riflessione saranno affidati alle canzoni“
La velocità con cui Carlo Conti saluta e toglie il microfono agli artisti risulta quasi fastidiosa: tra un “dai dai” e un “andiamo avanti“, si ha l’inevitabile impressione che si vada sempre di corsa per evitare che emergano tematiche più complesse.
Questo approccio – come spaventato dalla possibilità di discorsi, messaggi e riflessioni – ha generato ulteriori critiche da parte di chi vedeva in Sanremo anche un’occasione per affrontare temi sociali e culturali di rilievo. O più semplicemente un posto in cui essere se stessi e da cui poter affermare la propria verità.
Ma dai dai, andiamo avanti e vediamo cosa ci riserverà la terza serata, in cui Conti sarà circondato da tre co-conduttrici: Miriam Leone, Elettra Lamborghini e Katia Follesa. Pronti a contare i “bellissima” e “simpaticissima“?