Claustrofobia, angoscia e oppressione: “Misery non deve morire” è una trasposizione perfetta
“Misery non deve morire” è, per alcuni, una pietra miliare della cinematografia thriller, mentre per altri una degna trasposizione cinematografica di uno dei capolavori letterari di Stephen King, “Misery“. Uno dei rari casi in cui il film è all’altezza del libro. In entrambi i casi, la pellicola uscita nel 1990, è senz’altro un’opera che è riuscita a fare breccia nel cuore degli appassionati della Settima Arte e dello Zio, come viene affettuosamente chiamato dalla sua sconfinata fan base internazionale.
Il film, diretto da Rob Reiner, è liberamente ispirato al best seller di Stephen King ed è interpretato da una straordinaria Kathy Bates e da James Caan. Il film è stato premiato con un Golden Globe e un Oscar come miglior attrice per la Bates, autrice di una grandissima prova che l’ha consacrata definitivamente al grande pubblico.
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“In un libro tutto si sarebbe svolto secondo i piani… ma la vita è sempre così fottutamente caotica! Che dire di un’esistenza in cui alcune delle conversazioni più delicate trovano il modo di svolgersi proprio quando tu hai un pazzesco bisogno di correre al cesso? Un’esistenza dove non ci sono nemmeno i capitoli?” – Stephen King
Paul Sheldon, scrittore diventato famoso grazie a una serie di romanzi che hanno per protagonista Misery Chastain, decide di concludere la serie con un ultimo romanzo che sancisce la morte della stessa.
Dopo aver finalmente terminato il lavoro su un nuovo romanzo, completamente differente da quanto fatto in passato, lascia la baita nella quale si era rifugiato per cercare ispirazione – in una località sperduta del Colorado – e si ritrova privo di sensi dopo un incidente d’auto, in seguito a una tormenta di neve. La persona che lo salva, Annie Wilkes, si scoprirà essere una sua grande fan. Dopo alcuni giorni, strane coincidenze e circostanze, Paul Sheldon scoprirà che Annie Wilkes ha un lato maligno e morboso.
In una vecchia intervista all’Entertainment Weekly, il regista dichiarò: “Misery era un libro molto importante e personale per King. Un romanzo che affrontava le difficoltà che affliggono tutti gli artisti, spesso intrappolati nella loro creatività e nel loro successo. C’era questo personaggio, Paul Sheldon, che aveva conosciuto la fama grazie ai romanzi di Misery, e che voleva mettere fine al personaggio e alla saga in un modo molto particolare”.
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“Annie Wilkes rappresentava quella parte di fan che avrebbero sicuramente reagito male. King non voleva concedere a nessuno i diritti per realizzare un film, a meno che non fosse stato certo che a realizzarlo sarebbe stato qualcuno davvero capace. All’epoca io avevo già diretto Stand By Me, che lo stesso King aveva definito il miglior adattamento di sempre di un suo libro. Infatti disse: ‘Vi concedo di lavorare ad un film su Misery soltanto se sarà Rob Reiner a dirigerlo e produrlo’. Quindi, quando mi sono imbarcato nell’impresa, si è sentito più tranquillo”, spiegò Reiner.
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