Le donne di “Millennium”: amazzoni del XXI secolo
Negli ultimi mesi, pochi temi sono stati tanto frequenti nei media quanto la figura della donna: dalle maestre di asilo nido vittime di abusi, fino allo Strajk Kobiet (la marcia per i diritti delle donne) in Polonia. Vogliamo dunque nobilitare questa figura parlando di tre donne che, pur essendo personaggi di un romanzo, rappresentano un simbolo di forza e resilienza per tutti.
Il motivo per cui la saga di “Millennium” è famosa non è un segreto: nonostante lo stile dettagliato di Stieg Larsson, questa trilogia funziona grazie ai suoi personaggi. Il lavoro di Larsson è una battaglia contro la misoginia, una denuncia alle ingiustizie verso il genere femminile che vengono esposte attraverso una gruppo di donne decise e ostinate.
Lisbeth Salander
Lisbeth è un personaggio avvincente. È scortese, sospettosa di chiunque si offra di aiutarla e non ama il gioco di squadra. I lettori la amano, ovviamente, e questa trilogia spiega perfettamente come sia diventata una super hacker tatuata, antisociale e dalla memoria fotografica,
“Dall’antichità fino all’epoca moderna, si sono tuttavia conservati numerosi racconti di donne guerriere – le amazzoni. […] Non c’è guerra che sia stata combattuta senza partecipazione femminile“.
Il terzo romanzo di Millennium è arricchito da simili aneddoti sulle amazzoni. Ciò sembra appropriato, perché sebbene Lisbeth sia una ragazzina magrolina, è senza dubbio una guerriera che punta a sopravvivere. È una hacker, è la donna che può scoprire qualsiasi cosa. Non è la migliore amica di nessuno e Mikael Blomkvist scopre in fretta che è meglio essere suo amico che suo nemico. Ma questo non vuol dire che lui la tema. Lui la rispetta.
L’ambiente in cui Lisbeth è stata costretta a crescere e le ingiustizie che ha dovuto subire le hanno dato la forza e la tenacia per ribaltare la situazione e affrontare i soprusi che hanno reso la sua vita un inferno. Se lei non è una vera amazzone, chi lo è.
Erika Berger
Erika. Il caporedattore di Millennium che conosciamo e amiamo, ma che gli uomini temono. Erika è una donna indipendente, carismatica e con una grande carriera davanti a sé. Nel terzo romanzo, Larsson inserisce una sottotrama che coinvolge l’amante e collega di Blomkvist, il cui tema è lo stalking. Erika inizia ad essere perseguitata da Penna Velenosa, qualcuno che sembra nutrire un forte odio nei suoi confronti.
Malgrado non fossero vitali ai fini della trama generale, alcuni aspetti di questa sottotrama rimangono interessanti e necessari, perché danno al lettore la possibilità di provare l’angoscia di un personaggio che, nonostante la paura, non smette di lottare. Inoltre, con questa piccola digressione narrativa, Larsson permette ai lettori di dare un’occhiata più da vicino alla mente di uno stalker e ne spiega la natura.
Agneta Sofia Salander
L’eroina non celebrata: la madre di Lisbeth. Malgrado le poche apparizioni di questo personaggio, Agneta è degna di essere menzionata perché è colei che ha collezionato l’ingiustizia più grave nel corso dell’intera saga. Nella sua vita, Lisbeth ha cercato di uccidere suo padre per ben due volte; non sono mai stati il concetto di famiglia l’uno dell’altro. Ma perché ha ripetutamente cercato di ucciderlo?
Perché, oltre un decennio prima delle vicende di Uomini che odiano le donne, Alexander Zalachenko, marito da sempre violento e autoritario, picchiò Agneta Salander così duramente da provocarle danni cerebrali tanto gravi da ridurla praticamente in stato vegetale. Zalachenko però non è mai stato condannato perché lei “era una sgualdrina, solo una sgualdrina”. È proprio questo episodio, che vede Agneta come protagonista, a scatenare la rabbia di Lisbeth e a convincerla a dare fuoco a suo padre. Ma come sanno tutti, l’erba cattiva non muore mai e Zalachenko ritorna anni dopo per cercare vendetta.
Chi conosce la saga, sa bene che la storia è ricca di donne che avrebbero meritato di essere menzionate: basti pensare alla vita di Harriet Vanger, alle ingiustizie che prova Sonja Modig ogni giorno circondata da colleghi uomini, alle discriminazioni che Monica Figuerola subisce per il suo fisico atletico e per la spettacolare gestione dell’udienza di Lisbeth da parte di Annika Giannini.
La trilogia di Millennium è il testamento che Stieg Larsson ha deciso di lasciarci, un promemoria fondamentale per non dimenticare mai che ogni donna è in realtà un’amazzone.
di Daniele Atza