Speciale: Mike Flanagan da Salem, dalla decadenza gotica agli attori feticcio delle sue serie tv
Se nasci a Salem, nel Massachussets, e da grande vuoi tuffarti nel mondo del cinema, è del tutto probabile che nel tuo dna scorra una naturale predisposizione al genere horror o, tutt’al più, alla letteratura gotica. Come nel caso di Mike Flanagan, regista e sceneggiatore di alcune serie tv di genere tra le più apprezzate degli ultimi anni, ma anche di lungometraggi che ne hanno sdoganato e certificato l’indiscutibile talento dietro la macchina da presa.
La città statunitense gode di un fascino tutto suo, a tratti macabro e inquietante, a tratti suggestivo e decadente. Merito, se così possiamo affermare, di ciò che accadde nella seconda metà del 1600 quando, per quasi cinquant’anni (tra il 1647 e il 1693) andò in scena una caccia alle streghe che costò la vita a venti donne. La brutale iniziativa subì una battuta d’arresto per un paio d’anni, salvo poi riprendere con un’escalation di violenza sempre più intransigente: nel 1692 l’isteria e la paura costarono l’infamante etichetta ad altre diciannove donne che, sotto la scure di accuse circostanziate, ma frutto delle credenze del tempo, vennero giustiziate a morte in vari modi tra il sollievo degli abitanti del posto.
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Il fanatismo religioso – tema, quest’ultimo, ricorrente nelle opere di Flanagan – e la superstizione del tempo sfociarono dapprima nella violenza verbale mediante una serie di terrificanti diffamazioni ai danni delle ragazze presunte autrici di incantesimi perversi e maligni, e poi nella sempre più pressante richiesta di pene capitali nei loro confronti.
Oggi, seppure consci di un contesto culturale e sociale figlio di una certa ignoranza, non può lasciare indifferenti pensare che tra le prime accusatrici figuravano una bambina di nove anni (Betty Parris), la cuginetta (Abigail Williams) e due amiche di dodici e diciassette anni. Vennero credute e sostenute dagli abitanti di Salem, delle città di Andover, Ipswich e Topsfield e nelle comunità limitrofi, dando così il via alla famigerata caccia alle streghe.
Il fondamento di odio, timore e angoscia era sostenuto da un verso presente nella Bibbia, nel Libro dell’Esodo 22:18, che recita: “Non lascerai che una strega viva“. Parole che vennero prese alla lettera, essendo considerata la parola di Dio come infallibile e capace di dare spiegazione a eventi o episodi illogici. Agire al contrario equivaleva a mettere in discussione l’autorità della Sacra Scrittura. Ciò portò a una lunga serie di atti persecutori, la maggior parte dei quali su commissione del reverendo Samuel Parris, un commerciante fallito che si era reinventato uomo di chiesa. Tra le donne giustiziate si ricordano Mary Walcott, accusata di essere una serva del male oscuro, lei che, senza apparenti ragioni iniziò a parlare una lingua incomprensibile e insensata, e Bridget Bishop che fu la prima a morire per impiccagione dopo l’istigazione popolare.
Per un singolare scherzo del destino sappiamo che Betty Parris era la figlia del reverendo Samuel Parris e che Abigail Williams fosse invece la nipote, proprio loro che da carnefici diventarono vittime: una lunga serie di comportamenti irrazionali quali l’irascibilità e movimenti sconnessi come lo strisciare sul pavimento vennero giudicati come innaturali e non interpretabili dalla medicina di quegli anni e quindi causati da sortilegi di stregoneria. Come se questa fosse una patologia o una virus capace di infettare i soggetti più deboli o esposti. Le bambine riferirono il nome di tre donne come autrici di incantesimi ai loro danni e da quel momento in avanti l’irrazionalità prevalse dando il via alla caccia alle streghe. Oltre alle esecuzioni sopra citate, la persecuzione portò alla prigionia di 150 persone mentre altre 200 circa furono macchiate dei accuse infamanti per reati probabilmente mai commessi. Innumerevoli, invece, furono coloro che dovettero autoesiliarsi per sfuggire a una condanna certa.
Con un contesto del genere, seppure riferibile a svariati secoli addietro, appare del tutto evidente e comprensibile come un regista amante dell’horror come Flanagan potesse subire l’eredità dei controversi fatti avvenuti nella sua città natale. Episodi che hanno ispirato “Le notti di Salem“, tra i romanzi di maggior successo di Stephen King da cui, inoltre, sono stati tratti diversi rifacimenti per il grande schermo tra il 1979 e il 2022.
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Mike Flanagan e la passione per l’horror movie, dicevamo. Il debutto è avvenuto nel 2011 con “Absentia“, low budget movie da 70mila dollari (più o meno), reso possibile grazie a una campagna di crowdfunding finanziata da qualche centinaio di persone. Durante una scena i protagonisti visitano un appartamento dove potrebbero andare a vivere: si tratta dello stesso che ospitò il regista (e altre quattro persone) quando si trasferì a Los Angeles nel 2013 per rincorrere i suoi sogni di gloria. Come da lui riportato, si trattò di una mera coincidenza. La pellicola, nel cui cast figuravano Katie Parker, Courtney Bell, Dave Levine e Justin Gordon, ottenne delle buone recensioni dal pubblico internazionale e dagli addetti ai lavori, attirando le attenzioni su Flanagan a cui, due anni più tardi, venne affidata la regia di “Oculus – il riflesso del male“, ispirato a “Oculus: chapter 3”, precedente produzione del 2005. Agli Empire Awards del 2015 la pellicola fu premiata per il miglior debutto femminile e il riconoscimento venne consegnato a Karen Gillan, colei che, solo un anno dopo, entrò a fare parte del cast della fortunata saga Marvel “I Guardiani della Galassia” (dello straordinario James Gunn) vestendo i panni di Nebula.
Flanagan diresse poi Somnia (con protagonisti Kate Bosworth e Thomas Jane), “Il terrore del silenzio” (distribuito da Netflix con cui, da quel momento, inizia una fruttuosa e prolungata collaborazione) e “Ouija – l’origine del Male“, tutti usciti nel 2016. Una produzione intensa che portò il regista dietro la camera de “Il gioco di Gerald” (2017), adattamento cinematografico dell’omonimo libro di Stephen King – ancora distribuito su Netflix – dove troviamo collaborazioni con attrici e attori che entreranno a fare parte del qui sopra ribattezzato “club degli attori feticcio di Mike Flanagan“: parliamo di Carla Gugino, Bruce Greenwood, Henry Thomas (già comparso in “Ouija – l’origine del male) e Kate Siegel. Quest’ultima, che diventerà sua moglie nel 2016, prese parte anche a “Oculus – il riflesso del male”, “Il terrore del silenzio” e “Ouija – le origini del male”.
Nel 2019, prima di tuffarsi a testa bassa nel mondo delle serie tv, Flanagan si cimentò in “Doctor Sleep“, sequel di “Shining“, capolavoro di Stanley Kubrick ispirato all’omonimo libro di Stephen King. Anche se qui ritroviamo Bruce Greenwood e Henry Thomas (seppure in ruoli marginali), la pellicola non riuscì a bissare il successo del masterpiece del 1980 ambientato nell’immaginario Overlook Hotel, e il flop al botteghino ebbe del clamoroso. Infatti, a fronte di un investimento di circa cinquanta milioni di dollari, il film ne incassò solamente settantadue.
“Ho letto la sceneggiatura di Doctor Sleep molto, molto attentamente e mi sono detto: tutto ciò che ho sempre disprezzato della versione di Shining di Stanley Kubrick qui viene redento” – affermò lo scrittore del Maine che apprezzò con sincerità il lavoro di Flanagan dopo averlo visto per la prima volta assieme a lui. “Egli (il regista, ndr) è riuscito a prendere il mio romanzo di Doctor Sleep e in qualche modo a saldarlo alla versione di Stanley Kubrick di Shining. Mi è piaciuta molto questa cosa”.
L’attenzione del regista nativo di Salem si sposta allora sulle serie tv. Ad eccezione di “The Firefighter Combat Challenge” del 2001, lavoro discreto e sinceramente non indimenticabile, il sodalizio con Netflix genere quattro produzioni una più bella dell’altra. Ognuna di queste ha, soprattutto, il merito di rafforzare l’impronta stilistica di Flanagan, marcandola pesantemente con tematiche ricorrenti come il fanatismo religioso, l’ossessione, gli incubi, l’incombenza della morte, le paure adolescenziali, i mostri che ognuno di noi vive nel suo lato più intimo e profondo. Un trademark che ne contrassegna la cifra stilistica e che deve molto – in termini di ispirazione – a scrittori come Stephen King, Edgar Allan Poe e H.P. Lovecraft, giusto per citare i più famosi. I richiami ai loro scritti appaino di volta in volta evidenti, spesso direttamente espressi laddove non taciti ma comunque comprensibili.
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In queste serie tv, poi, si rafforza e consolida il “club degli attori feticcio di Mike Flanagan“. Tra il 2018 e il 2023 scrive e dirige “The Haunting” (due stagioni da diciannove episodi), “Midnight Mass” (sette episodi), “The Midnight Club” (dieci episodi – ispirato al romanzo di Christopher Pike) e, per ultima, “La caduta della casa degli Usher” (otto episodi – ispirata ai racconti di E.A. Poe). I mondi che Flanagan crea sono intrisi della sua concezione del male: anima luoghi che vivono una vita parallela e scatenano terrore, fobie, sciagure e drammi. Sono, a tutti gli effetti, dei personaggi da annoverare assieme al resto del cast: una struttura di accoglienza per giovani malati terminali, un’isola, una casa. La scrittura del regista cresce e matura, rafforza i suoi punti cardine e genera aspettative sempre più alte nel pubblico che lo segue, percorso tipico e identitario di chi deve fare i conti con il bollino di punto di riferimento del cinema horror contemporaneo.
I suoi personaggi vivono nell’inquietudine, nella sofferenza psicologica tra incubi, allucinazioni e visioni funeste. Spesso sono sadici, scabrosi, vili e con un’infinità di scheletri nell’armadio con i quali devono fare i conti nell’inganno della quotidianità. Rappresentano il male nelle diverse sfumature della sua attitudine e no, il lieto fine non è sempre previsto. Non con Mike Flanagan che “corrompe” la bontà di attori come Henry Thomas (nel 1982 interpretò il giovane e ingenuo Elliott in “E.T”.) o Mark Hamill (famigerato Luke Skywalker di “Star Wars”) facendoli diventare rispettivamente un cocainomane sadico e violento e un avvocato senza scrupoli che non ha timore a raggirare la legalità per nascondere le malefatte dei suoi assistiti.
Nelle produzioni di Mike Flanagan per Netflix ritroviamo:
Carla Gugino (“La caduta della casa degli Usher” – “The Haunting of Bly Manor” – “The Haunting of Hill House” – “Il gioco di Gerald”); Samantha Sloyan (“La caduta della casa degli Usher” – “The Midnight Club” – “The Haunting of Bly Manor” – “Midnight Mass”); Rahul Kohli (“La caduta della casa degli Uhser” – “The Midnight Club” – “The Haunting of Bly Manor” – “Midnight Mass”); Henry Thomas (“La caduta della casa degli Usher” – “The Midnight Club” – “The Haunting of Bly Manor” – “Midnight Mass”);
Zach Gilford (“La caduta della casa degli Usher” – “The Midnight Club” – “Midnight Mass”); T’Nia Miller (“La caduta della casa degli Usher” – “The Haunting of Bly Manor”); Ruth Codd (“La caduta della casa degli Usher” – “The Midnight Club”); Bruce Greenwood (“La caduta della casa degli Usher” – “Il gioco di Gerald”); Sauriyan Sapkota (“La caduta della casa degli Usher” – “The Midnight Club”).
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Il regista americano tornerà sui grandi schermi con “The life of Chuck“, adattamento cinematografico del romanzo di Stephen King presente nel 2020 nella raccolta “Se scorre il sangue”. I protagonisti del film saranno Karen Gillan e Tom Hiddleston, oltre ad alcuni immancabili fedelissimi: Mark Hamil, Rahul Koli, Sauriyan Sapkota, Kate Siegel e Samantha Sloyan. Le riprese sono terminate alla fine di novembre 2023 ma la data d’uscita ancora non è stata definita.
“Il film è assolutamente incredibile. Ne ho visto una versione non finita e non ho smesso di piangere per giorni. In senso positivo, naturalmente”, ha dichiarato la Gillan. Anche Hiddleston non ha risparmiato i complimenti affermando, “Quello che mi piace di questo materiale è che ha lo stesso cuore dello Stephen King che ha scritto The Shawshank Redemption [da cui è tratto l’omonimo film, in italiano Le ali della libertà]. C’è un calore ed una sorta di spirito che spinge verso la vita nella storia, a cui mi sono molto legato quando l’ho letta. È una sceneggiatura straordinaria, mi ci sono immediatamente immedesimato. Quando ci siamo incontrati, ho detto a Flanagan che era fantastica e che avrei voluto girare il film. Ci siamo divertiti molto”. Le parole dell’attore sono riprese da ComingSoon.
Non ci resta che attendere, dunque. E se anche il tanto agognato progetto su “La Torre Nera” dovesse mai vedere la luce, Mike Flanagan, allora, potrebbe realmente volare verso l’infinito e oltre…