E adesso, rispettiamoli!
L’ascesa dei Måneskin sembra inarrestabile. Con essa, parallelamente ai premi e ai prestigiosi risultati che accompagnano questa prima parte di carriera, anche alcune sterili polemiche, francamente evitabili e, spesso, tremendamente prive di significato. Talmente sciape e insulse che anche a leggerle si fatica a credere che qualcuno possa averle espresse, per lo meno prendendosi sul serio. Dopo più di 24 ore, abbiamo ancora negli occhi le bellissime immagini trasmesse in diretta dall’Arena Ahoy di Rotterdam, dove la 65esima edizione degli Eurovision Song Contest è stata vinta da Damiano David, Victoria De Angelis, Thomas Raggi e Ethan Torchio, cioè i Måneskin.
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Una festa. Di colori, di musica, di giovani e giovanissimi, di astri nascenti e talenti già consolidati. Uno spettacolo di vitalità che avevamo dimenticato. Un ritorno all’abitudine di una volta che ora, in questi tempi bui e controversi, appare sempre più come eccezione, come una regalia piovuta dall’alto. Un bagno di entusiasmo che, all’attestazione del primo posto della band capitolina, è esplosa in un tripudio collettivo, talmente coinvolgente da scatenare l’attenzione di un paese intero che si è stretta al fianco dei quattro ragazzi romani. Abbracciati, esaltati, portati in trionfo. L’Italia ha urlato come Marco Tardelli nel 1982, come Fabio Grosso nel 2006, come Bebe Vio nel 2017.
Italia prima, Francia seconda, Svizzera terza. E chissà che in quel secondo posto non ci sia stato ulteriore motivo di gioia.
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Già, la Francia. D’Oltralpe la sconfitta non è andata giù. Sai che novità. Sorvoliamo, quindi, sulla pochezza della polemica sollevata da alcuni giornalisti che meglio non hanno avuto da fare che accusare Damiano di aver sniffato cocaina in diretta televisiva. Un ragazzo, con milioni di occhi puntati addosso, in diretta televisiva su un centinaio di reti internazionali, con tutto il web che lo guarda, alla presenza di migliaia di persone, si china per sniffare cocaina. Are you serious? Lo stesso si sottoporrà volontariamente a un test per provare il contrario. A quel punto, saremo tutti qui ad attendere le scuse transalpine per l’infamante accusa.
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Il trionfo all’Eurovision Song Contest 2021 ha riportato il premio in Italia 31 anni dopo i primi posti di Toto Cotugno (1990) e Gigliola Cinguetti (1964). È un traguardo del quale ne beneficerà l’intero movimento musicale italiano che potrà contare su nuovi e rinnovati riflettori internazionali. Una straordinaria occasione per ridestare dalla sonnolenza il pubblico tricolore, troppo spesso assuefatto dall’eccessiva esterofilia. Una condizione ottimale, inoltre, per mettere in vetrina i nostri migliori musicisti che, per la cronaca, in Italia sono migliaia e migliaia e migliaia. Ne abbiamo tanti, tantissimi, e forse è anche giunto il momento di concedere loro un’opportunità approfittando dell’interesse globale verso il nostro Paese dopo il sopra citato evento. Perché anche l’italiano è una lingua che si presta al rock. Provare per credere.
La band romana ha vinto perché è arrivata prima. Banalità. Ha vinto perché è stata, per distacco, la più talentuosa, carismatica, travolgente e con gli attributi fumanti. Al netto del posto più alto sul podio, è salita sul palco con un solo obiettivo: dimostrare al mondo intero che se è dove è lo deve solo all’abnegazione, al sacrificio, alla volontà ferrea, alla determinazione nel rincorrere i propri sogni. Obiettivo centrato.
Laddove le giurie dei vari Paesi coinvolti non l’hanno relegata fin da subito al primo posto, dimostrando, probabilmente, anche pregiudizi nei confronti dell’uso della lingua italiana in un contesto internazionale, il pubblico è arrivato in soccorso dei Måneskin. E questo è il dato che conta più di tutti. Il trionfo è stato netto, inequivocabile, inattaccabile. Meritato. Perché il parametro ultimo dell’artista è il pubblico.
Avere successo può, e deve, essere tra i possibili obiettivi che un musicista deve porsi, esattamente come l’ambire all’affermazione in determinati contesti. Non può, né deve, sorprendere che si attraggano antipatie, gelosie e invidie. Delle quali, giusto per precisare, l’universo del music business e dell’entertainment più in generale ne è stracolmo da che si ha memoria. È l’altra faccia della medaglia, quella della quale se ne può fare a meno. Per i Måneskin non fa differenza. La scure della dietrologia e della disonestà intellettuale è sempre in agguato, pronta a colpire in qualsiasi maniera.
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“Raccomandati, venduti, ipocriti, sopravvalutati, boriosi“. In questi mesi ne abbiamo lette e sentite di tutti i colori. Da X-Factor al legame con Manuel Agnelli, dalle apparizioni ai concerti (come nel caso dello show dei The Struts all’Orion di Roma) arrivando alla vittoria del 71esimo Festival di Sanremo: nei confronti di Damiano, Victoria, Thomas e Ethan, le malelingue sono sempre state all’opera, rinnovando costantemente il repertorio di amenità varie. Si tratta di una minoranza, ma pur sempre presente, alla quale la band ha sempre risposto nel migliore dei modi: con i fatti. I quali, ça va sans dire, gli danno pienamente ragione.
“Zitti e Buoni” è il brano con cui hanno trionfato, dominando il palcoscenico e prendendosi la meritata ribalta. Fa parte dell’album “Teatro d’ira – Vol. I” (disco d’oro che conta più di 113 milioni di streaming). Il primo singolo “Vent’anni” è stato certificato disco di platino. Ad oggi il gruppo ha portato a casa anche 18 dischi di platino e 6 dischi d’oro. C’è un piccolo particolare da tenere presente: parliamo di ragazzi nati negli anni Duemila. Il tempo dirà se saranno destinati a essere meteore oppure capisaldi del genere. Età e talento sono dalla loro parte e ieri, in occasione dell’Eurovision Song Contest, ci hanno anche ricordato quanto possa essere meraviglioso tifare tutti assieme per chi porta l’Italia sul tetto del mondo Parafrasando Fabio Caressa e il suo “andiamo a Berlino, Beppe“, siamo già pronti a esultare per il prossimo traguardo raggiunto. E chissà che tutti noi, da ieri, non ci siamo scrollati di dosso un pochino di pregiudizi nei loro confronti. Au revoir.