Malafemmena a chi? La Cancel culture farà i conti con Totò, Alberto Sordi e Monica Vitti
“Totò farà la fine di Dumbo? Bollato da un “alert” per i contenuti scorretti? In “TotoTruffa ’62” il comico si travisa con una blackface, anello al naso e voce farfugliante: un chiaro affronto razzista per gli indignati della cosiddetta Cancel Culture.
Ancora più grave la posizione del principe della risata, con il testo della canzone Malafemmena (“Totò, Peppino e la malafemmina”), o con le scorrettissime considerazioni sull’altro sesso confidate nella soffitta di “Totò e le donne” (correi Monicelli e Steno, 1952).
E come giudicare Aldo Fabrizi che iscrive la figlia a un concorso per “Miss sposa perfetta” o Monica Vitti che, ferita, perdona l’amante accoltellatore? Potrebbe mai passarla liscia Yves Montand che spara a tutti i lupi d’Abruzzo? Per non parlare delle “pizze in faccia” di Alberto Sordi in “Amore mio aiutami”, sempre a spese della Vitti. Ancora Albertone “censurabile” in “Io e Caterina” del 1980, con il protagonista che compra una cameriera robot per rimpiazzare la moglie, perché “le donne ormai le faccende domestiche non vogliono farle più” (un passaggio più in basso).
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Questa nuova morale attenta a processare il passato senza badare al contesto scuote da anni il dibattito americano e inizia a disporre i suoi tribunali anche in Italia. Ma cosa accadrebbe al nostro cinema una volta al vaglio della Cancel culture, arrivata a fare le pulci persino a “Via col vento”?
Se lo è chiesto, con tanto di simulazione fatta di titoli “all’indice”, Alessandro Chetta, giornalista e videomaker, nelle 204 pagine del saggio “Cancel Cinema. I film italiani alla prova della neocensura” (Aras Edizioni, 18 euro). Un elenco piuttosto ampio di titoli “incriminabili”: una filmografia che non risparmia il cinema d’autore, dalla “a” di “Accattone”, colpevole Pier Paolo Pasolini, alla “n” di “Novecento” e “Nuovo Cinema Paradiso”, senza dimenticare la “u” di Una giornata particolare, di Ettore Scola.
Il saggio di Chetta mette in scena uno stress test su oltre 200 film del periodo d’oro del nostro cinema indagando altresì origini e perché del politicamente corretto e i rischi connessi. Un tentativo disperato per anticipare l’ascesa di un fenomeno dai contorni molto ambigui.