Maccio Capatonda presenta Libro: “nato perché la mia vita fa ridere”
Intervenuto al Fla, Festival di Libri e Altrecose, Marcello Macchia, in arte Maccio Capatonda, ha presentato “Libro“, sua prima fatica letteraria. Un’intervista, condotta da Alice Lazzi e Vincenzo D’Aquino, che, come prevedibile, ha mostrato diversi lati comici offrendo però al pubblico anche tante curiosità. Prima di tutto, come è nato questo libro? Quale è stata la scintilla che ne ha determinato la scrittura?
“Un amico mi ha detto che avrei dovuto scrivere un libro sulla mia vita perché “la mia vita fa ridere“, anche se non ci ho mai riflettuto. Però è vero. E poi anche la Mondadori che me lo ha chiesto, quindi ho scritto un libro sulla mia vita. Prima di scriverlo, però, ho provato a rendermi conto se fossi in grado. Per tre o quattro mesi ho fatto delle prove prima con la penna e poi con il computer. Dopo quattro mesi che avevo scritto dieci pagine mi sono convinto a farlo. Poi è arrivato il covid a mettermi in quarantena e ho avuto il tempo di completarlo”.
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Ma si può scindere Marcello da Maccio? “Mi considero Marcello fino a quando ho realizzato il mio primo trailer, ‘La Febbra’ nel 2004 in cui è nato il nome Maccio Capatonda che però non era previsto che diventasse il mio nome d’arte. Io non vedo alcuna differenza però. Marcello Macchia ha i capelli ma Maccio Capatonda no. Maccio Capatonda si è formato nell’arco della mia calvizie, da quando avevo 14 anni fino a che non mi hanno dato la patente di calvo. Ora posso anche immedesimarmi nei personaggi che hanno i capelli”.
Nel libro parla anche di Michael J.Fox e della saga di Ritorno al Futuro come un’influenza che lo ha spinto a diventare attore. “Con questo film ho conosciuto il cinema e ho desiderato lavorare in questo ambito. Avevo 7 anni. Mi fece capire che la mia vita non sarebbe stata nella realtà ma nella fantasia, anche perché la realtà la reputavo dolorosa e statica. Michael J.Fox era in fondo il simbolo del ragazzo di successo negli anni Ottanta. Gli ho scritto due o tre volte. Avevo trovato sul giornale Max, ma potrei anche sbagliare fonte, l’indirizzo del suo ufficio stampa. Dopo un anno mi arrivò una cartolina con scritto “Many thanks, by Michael J.Fox“. Immaginate cosa volesse dire per un bambino di 12 anni ricevere una risposta dal suo beniamino…”. C’era però un piccolo particolare. Che sulla cartolina c’èra scritto Marcella Mocchie…
“Oggi sto facendo un po’ pace con la realtà. Mi sono trasferito da Milano a Roma per avere un’ulteriore realtà più problematica. Uno che fa il lavoro come il mio ha bisogno di problemi e Roma te ne offre molti. E’ un periodo molto fertile per gli artisti, quindi. Noia e solitudine sono stimoli importanti per un artista che deve creare”.
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Qualche precisazione su come nascono i suoi personaggi. “E’ una domanda difficile perché non faccio un’attività di studio per la creazione dei personaggi, è più un assorbimento. Di base assorbo da ciò che vedo, in qualsiasi ambito. Dai parenti, dagli amici, ma soprattutto da ciò che vedo nei media. E’ un processo quasi inconscio il mio, quando tiro fuori i personaggi escono fuori dei mostri composti dagli ingredienti che ho visto. Faccio un mix ed escono fuori determinati personaggi, a meno che non ci siano parodia di quelli esistenti come Oscar Carogna che si ispira a Salvo Sottile”.
Se dovesse sceglierne uno che rappresenta questo periodo storico? “Mariottide, il mio personaggio preferito. E’ un poveraccio, è uno che ha raschiato il fondo in continuazione ma che in fondo, proprio per questa ragione, non ha nulla da perdere. E’ imbattile, nonostante sia il peggio possibile. Anche noi, con i nostri tempi, stiamo toccando il fondo”.
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La comicità ha una funzione sociale visto il periodo storico? “Si, la comicità è sempre importante, a maggior ragione durante questo periodo che, personalmente, ha stimolato anche la creazione di un mio format, Tg Casa Quarantena, che è andato in onda durante il primo lockdown e che magari tornerà a Natale. Tutti i periodi bui sono caratterizzati da una forte voglia di comunicare. In questi mesi sono nate tante forme di creatività e tanti artisti hanno detto la loro. Penso che sia utile per sentirsi vicini in generale, più uniti come popolo e comunità”.
Infine, il ruolo di scrittore. “Mi è piaciuto molto perché, a differenza del cinema o altro, non mi ha dato limiti. Ho scritto tutte le cazzate che mi venivano in mente senza che qualcuno mi dicesse che non avevo più budget”.