Lou Mornero presenta “Grill”: esploro la mia maturità artistica e la musica senza confini
A quattro anni di distanza dall’EP di debutto, il cantautore milanese Lou Mornero pubblica “Grilli” (Cabezon Records), il suo primo album full length. “Grilli” è l’evoluzione del progetto nato nel 2017 con la pubblicazione dell’EP omonimo nel quale il cantautore milanese Lou Mornero affida le sue canzoni al poliedrico musicista e produttore Andrea Mottadelli per crearne gli arrangiamenti e curare l’intera produzione
“Grilli” è il tuo primo album, nato come evoluzione dell’ep del 2017, quello del tuo esordio. Puoi spiegarci come sei cresciuto, musicalmente parlando, in questo lasso di tempo?
Purtroppo o per fortuna la mia curiosità è in continuo movimento, sono sempre in modalità “scoperta” e questo influenza tutto ciò che faccio, quindi più che di crescita parlerei di costante apertura e desiderio di stimoli. Musicalmente parlando sento di aver raggiunto una certa maturità e di aver affinato un gusto, d’altronde non sono più fanciullo agli occhi dell’anagrafe, ma con ciò mi terrorizza l’idea di fossilizzarmi, in questo senso mi sento di affermare che “Grilli” è un’evoluzione in larghezza, ho ampliato confini e orizzonti e so pure che si tratta di una parentesi già chiusa per cedere il passo ad altro.
Fin dal primo ascolto si percepisce la volontà di coniugare le tue influenze musicali. Come si è sviluppato il processo di songwriting che ha portato alla realizzazione del disco?
E’ stato tutto molto fluido e naturale, sia dal punto di vista compositivo che sperimentale, il mio approccio è spontaneo e mai forzato, vado dove mi porta l’ispirazione e gli ascolti del momento senza pormi troppi limiti, come forse s’intuisce. In “Grilli” sono confluite canzoni più datate e altre recenti e ciò giustifica la presenza di una moltitudine di atmosfere che rappresenta la mia attitudine da trovatore musicale. In principio parte sempre tutto da me e la mia chitarra, esce qualcosa che sento avere un giusto mood e mi ci aggrappo fino a che la sensazione cede il posto alla canzone, che in genere impiega il suo tempo per trovare la soluzione finale. Poche cose mi danno gusto come quando dal silenzio nasce improvvisa una musica che m’incolla a sé. Nella fase successiva, quella dell’arrangiamento e della produzione, sono intervenuti in modo massiccio la sensibilità e il gusto di Andrea, di cui mi parliamo poi, che in quanto a curiosità musicale non ha nulla da invidiare a nessuno. E’ pertanto la somma delle rispettive influenze che si riflette in tutto il disco.
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Hai scelto di affiancarti a Andrea Mottadelli, musicista e produttore. Quale è stato il suo contributo?
Con Andrea ci conosciamo da tanti anni e, oltre ad aver suonato insieme ne I Paradisi, avevo già beneficiato del suo talento anche nel precedente EP, quindi nel caso di “Grilli” si è trattato di dare seguito a una collaborazione già consolidata e fondata principalmente sull’amicizia e sulla reciproca stima per la sensibilità artistica dell’altro. In quest’ultimo lavoro, in particolare, il contributo di Andrea s’erge a pari misura di quello mio di autore; per dedurne l’entità basta fare attenzione a quanto corpo è racchiuso in ogni arrangiamento e, ancor più nel dettaglio, in ogni singolo suono. In alcuni casi le sue idee hanno collocato altrove canzoni che altrimenti avrebbero avuto una lettura più specifica, con l’abilità di spaziare fra i generi senza creare confusione.
Ti va di descriverci brevemente i brani che compongono “Grilli”?
Nell’album, come dicevo, si susseguono una serie di atmosfere differenti tra loro, accomunate dal mio sentire musicale e dal gusto di Andrea per certe sonorità. La scelta della scaletta è il risultato della volontà di costruire un viaggio la cui partenza è affidata alla canzone “Grilli” che ben funge da introduzione morbida al portamento più ritmato di “La cosa vuota”. “Due” e “Aquario”, a seguire, sono esempi di come il contributo di Andrea abbia portato altrove ambientazioni dal gusto più folk, aggiungendo suoni più moderni come casse elettroniche e synth. Con “Happy birthday songwriter” si cambia registro e si accede al mondo della canzone più standard nonostante l’assenza di strutture classiche, così come in “Caro mio”, dove il canto sfiora a tratti il parlato. “Piccolo tormento” è il blues che trova il suo posto ma lo fa guardando ai NIN piuttosto che a Muddy Waters. La chiusa è lasciata ai balzi di “Ouverture” che con la sua coda strumentale vuole essere un arrivederci sostenuto e onirico.
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In assenza della possibilità di suonare dal vivo, credi che andrebbe rivisto anche il sistema di promozione di un artista?
Probabilmente sì, non potendola cambiare, ci si deve adattare all’attuale condizione di assenza della musica dal vivo. E quindi i concerti in streaming piuttosto che altre iniziative virtuali che evidentemente, in termini di scambio tra performers e pubblico, nulla hanno a che fare con la natura propria di un’esibizione dal vivo ma che in questi tempi possono trovare una giustificazione come tentativi per non mollare. Io non ho ricette alternative, l’esperienza del concerto è unica e insostituibile e non voglio neppure pensare a discorsi del tipo pubblico ridotto o distanziato, perciò credo che l’unica cosa da fare in questo brutto momento sia non rinunciare a credere che torneranno tempi migliori e continuare a creare.
Parlando della situazione generale, quella nella quale versa il mondo dello spettacolo, della musica e della cultura più in generale, quali sono i tuoi auspici? Come vedi, da artista, i mesi che hai davanti?
Ovviamente auspico che si possa tornare a una specie di normalità il prima possibile, scegliere quando e dove andare senza più limitazioni di posti e orari. Ovvio è che fino a quando quella cosa sarà in circolo e non saremo protetti non possiamo far altro che sopportare e pazientare con tutta la fatica del mondo. Pertanto, è inutile raccontarcela, i mesi a venire saranno ancora costretti e condizionati e per far fronte alla chiusura generalizzata del mondo dell’arte nelle sue varie forme, che poi spesso coincide col mondo dello svago di tutti, dovrebbero esserci dei sostentamenti fissi e distribuiti in egual misura a tutte le fasce in questione. So che in alcuni stati, che evidentemente posizionano la cultura più in alto rispetto al nostro, ai musicisti è riconosciuto un degno contributo mensile per continuare a fare quello che fanno, e pensa, anche senza epidemie in corso….da noi è utopia. Se penso a locali che frequentavo abitualmente e che hanno chiuso, come il Serraglio o l’Ohibò, mi chiedo come il comune di Milano abbia lasciato che questo potesse accadere senza dare un sostegno per salvare tali luoghi di aggregazione, quando poi immagino che i signori delle istituzioni non paghino mai un biglietto che sia uno ma abbiano accesso gratuito a ogni manifestazione.
Lascio a te le ultime parole famose per salutare i lettori di The Walk of Fame magazine
Spero che siate curiosi e ascoltiate “Grilli” e spero che vorrete condividere con me i vostri pensieri e sensazioni. Spero che troviate il vostro momento sospeso con qualsiasi musica desideriate purché la musica non manchi mai. A presto.
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