Live Report. Blind Guardian Roma, Orion live club 4/10/2023 (photogallery)
Tra i Blind Guardian e l’Italia vi è una lunga storia d’amore che affonda le sue radici sul finire degli anni ’80, quando i Bardi di Krefeld erano dei giovani metal kids freschi di debutto sul mercato discografico. Da quel “Battallions of Fear“, album che suonava acerbo ma metteva in luce un notevole talento compositivo che nei dischi successivi sarebbe esploso fino a toccare vette vertiginose, ne è passata di acqua sotto i ponti e i nostri, col passare del tempo, hanno stretto un legame sempre intenso e sincero col Bel Paese.
Ed eccoci di nuovo qui a raccontare un concerto di Hansi, André, Marcus e Frederik, ancora una volta stracolmo di emozioni, sorrisi, battute e, soprattutto, musica, grazie a una setlist bene equilibrata che ha saputo attingere in maniera intelligente da una carriera lunga trentacinque anni. L’occasione è stata utile per promuovere dal vivo alcuni brani dell’ultimo studio album, “The God Machine“, pubblicato ormai un anno fa e promosso in Italia con due date: la prima all’Alcatraz di Milano e la seconda all’Orion Live Club di Roma.
Sulla location capitolina le perplessità sono state tante, dal momento del suo annuncio fino alla vigilia del concerto di mercoledì 4 ottobre. Da queste parti, i Blind Guardian, si sono esibiti in diverse occasioni all’Atlantico, con un palco più spazioso e attrezzato rispetto a quello di un live club e con una dimensione di pubblico decisamente più ampia e in linea con lo status di mostri sacri dell’epic/power metal. Spiace dirlo, ma se i dubbi erano legittimi, una volta dentro all’ “area concerto” sono stati ampiamente giustificati. Fin dalle prime note è parso evidente come lo stage dell’Orion fosse troppo piccolo per contenere la grandezza dei Bardi, il loro carisma e la loro personalità. Stretto e limitante anche con riguardo all’utilizzo di scenografie, al netto di un pannello digitale dove, a seconda dei brani in scaletta, si alternavano gli artwork delle copertine dei singoli o degli album dai quali i brani venivano estratti.
Non è questa la sede per aprire un’analisi più dettagliata sul perché sia stato scelto questo locale per l’esibizione dei Blind Guardian. I fattori sono numerosi e, singolarmente, andrebbero approfonditi con lucidità e spietata obiettività, cosa che peraltro ognuno dei presenti ha fatto prima, durante e dopo lo show. Potremmo tirare in ballo i costi sempre più esorbitanti per muoversi con i propri mezzi (impossibile farlo con i mezzi pubblici notturni), quindi dei rincari della benzina oppure dell’assenza di locali di medie-grandi dimensioni a Roma (o sono troppo grandi o sono troppo piccoli e così, una band da palazzetto, rischia di doversi “accontentare” di una discoteca, seppure di grandi dimensioni). Ma ci si dovrà interrogare.
Eppure il locale era stracolmo di gente, prossimo al sold out qualora questo non fosse stato raggiunto, testimonianza perfetta di come i quattro musicisti tedeschi possano vantare una fanbase tricolore realmente calorosa e fedele alla loro musica. L’apertura della serata è stata affidata agli Scardust, band prog rock israeliana attiva dal 2015. Interessanti e sicuramente da scoprire, hanno scaldato a dovere l’atmosfera in attesa degli headliner della serata. I Blind Guardian, una volta saliti sul palco, hanno dimostrato una volta di più perché sono dei fuoriclasse, e su questo non abbiamo alcun timore di essere smentiti.
A rompere il ghiaccio, ed a scatenare cori da stadio, pogate, circle pit e chi più ne ha più ne metta, ci ha pensato “Imaginations from the Other Side“, title track dell’omonimo album del 1995, a detta di molti il punto di alto della carriera della band. Epica, intensa, con continui cambi di tempo e un incedere da pelle d’oca, ha messo subito in chiaro l’ottimo stato di forma del gruppo. Successivamente sono state eseguite “Blood of the Elves“, tratta dall’ultimo album, e la meravigliosa “Nightfall“, da quell’infinito capolavoro di concept album che fu “Nightfall in Middle-Earth” del 1998. Impossibile non emozionarsi di fronte alla sua maestosa epicità.
Giusto il tempo di finire di applaudire che “The Script for my Requiem” ha seriamente attentato alla solidità del locale. “Violent Shadows“, anch’esso nuovo brano estratto da “The God Machine” è stato ben accolto dal pubblico che poi tirato il fiato con “Skalds and Shadows” prima della devastante accoppiata “Born in a Morning Hall“- “Deliver us from Evil“. Immancabile “The Bard’s Song” cantata all’unisono da tutti i presenti e semplicemente strepitosa “Majesty“, prima hit dei Guardian, estratta proprio da quel “Battallions of Fear” citato in precedenza: un brano che non conoscere l’inesorabile incedere del tempo e che non ha perso nulla della potenza del tempo in cui fu scritto.
Prima di rientrare negli spogliatoi per una breve pausa – perdonateci il gergo calcistico – dal cilindro è stata estratta “Traveler in Time” che mancava da un po’ troppo tempo nelle scalette nostrane. Al rientro sul palco è stata eseguita “Sacred Worlds” prima di tuffarsi, ancora una volta, nell’universo fantasy creato da J.R.R. Tolkien con “The Lord of the Rings” che qualche centimetro di pelle d’oca lo ha anche provocato. Per consegnare il concerto alla storia, quale miglior finale dell’accoppiata “Valhalla” – “Mirror Mirror“? Qui ci sarebbe davvero poco da aggiungere, basterebbe leggere i nomi dei brani per capire cosa sia potuto accadere dentro all’Orion: pubblico in visibilio, scene di entusiasmante delirio collettivo, band in palla e carica come una molla e tristezza infinita per la fine dello show al momento dell’ultima nota eseguita.
Si temeva per la prestazione vocale di Hansi Kürsch il quale, non illudiamoci, non tornerà più quello di venti anni fa. Solo un illuso, o qualcuno che non ha seguito la carriera dei Blind Guardian, potrebbe sperarci. Eppure il nostro, al netto di qualche tonalità ribassata e tanta, tanta esperienza per portare avanti le melodie più complicate, non solo non ha sfigurato ma ha anche convinto gli scettici di giornata. Nei momenti in cui non contava, invece, sembrava di ascoltare un cd. Difficile descrivere altrimenti la prova del gruppo. André Olbrich è stato semplicemente perfetto, nonostante qualche problema tecnico indipendente dalla sua volontà. Non una nota sbagliata o qualche fantasiosa reinterpretazioni dei vari solos suonati, ma un’aderenza sorprendete alle partiture originali dei brani. Marcus Siepen e Frederick Hemke sono il collante perfetto per il gruppo: precisi, puntuali, mai una sbavatura, più simili a un metronomo vivente che a musicisti in carne ed ossa.
A detta di chi scrive è stato un gran concerto. Speriamo di rivederli presto dalle nostre parti. Nostalgia canaglia, cantava un tale…
Setlist
Imaginations from the Other Side
Blood of the Elves
Nightfall
The Script for my Requiem
Violent Shadows
Skalds and Shadows
Born in a Morning Hall
Deliver us from Evil
The Bard’s Song
Majesty
Traveler in Time
Sacred Worlds
The Lord of the Rings
Valhalla
Mirror Mirror
Foto: Andrea Di Rocco / Stefano Di Loreto