Litfiba a Rock in Roma: l’energia dell’Ultimo Girone, Live Report 18/07/2022
Premessa non richiesta. Ringrazio il cielo di aver incrociato Piero Pelù come un fulmine sulla via di Damasco dei miei quattordici anni e mezzo. Le canzoni di quel tempo – parliamo di 33mila lire ben spese per un biglietto del Terremoto Tour alla curva dello Stadio Adriatico di Pescara – erano già un po’ diverse dalle prime sfornate in via dei Bardi. Ma, in ogni caso, ben distanti dalla playlist che avevo nel walkman: Hits on Five e Festivalbar.
Per carità, negli anni Novanta a Festivalbar ti ritrovavi anche i Cranberries, ma il rischio di vivere l’adolescenza a suon di Scatman The Rhythm Of The Night o era ben alto. Ski Ba Bop Ba Dop Bop. Ski Ba Bop Ba Dop Bop.
Le canzoni di Piero & Ghigo mi hanno rimesso nei binari giusti e l’influenza dei loro pensieri, parole (ma anche opere e omissioni) è grande in tutto quello che faccio. Tanto che ci rimasi malissimo quando incrociai Pelù, stavolta non metaforicamente, a Marrakesh, sulla via dei monti dell’Atlante, lì dove girarono il video di Fata Morgana. Assediato da italiani di passaggio, ambulanti e curiosi (me compreso) mi trattò malissimo per una foto di troppo. Quando, tempo dopo, glielo rinfacciai, in un contesto più addomesticato, si scusò in qualche modo dicendomi: “Ma ‘he ci vuoi fare, l’è la sindrome da medina”.
Fine premessa non richiesta.
L’Ultimo girone si propone come omaggio alla storia quarantennale della band fiorentina (40+2) A dividere il palco con le due anime dei Litfiba, Luca “Luc Mitraglia” Martelli alla batteria, Fabrizio “Simoncia” Simoncioni alle tastiere e Dado “Black Dado” Neri al basso. Un concerto parte di un segmento estivo arrivato dopo una tappa primaverile nella capitale (all’Atlantico). Dopo l’opening act onesto, positivo e spirituale dei Ministri, i Litfiba hanno messo in campo una scaletta di tutto rispetto da Apapaia a Instanbul (con dedica ai curdi), da Proibito a Fata Morgana, fino a Cangaceiro, chiusura energica.
Il concerto – tutto suonato, senza campionamenti, senza basi, senza gobbo – celebra la storia della rockband italiana più longeva (e che vede nei Maneskin “un esempio unico nella storia della musica italiana” e nei Fask gli eredi diretti), ma con uno sguardo lucido sulla realtà che ci circonda. Un concerto in qualche modo politico, e ogni brano diventa occasione per riflettere e interrogarsi. La guerra, il sostegno all’Ucraina, il no a Putin sono quasi il filo conduttore tra le canzoni. I concerti non hanno una scaletta fissa. “Per noi – ha fatto sapere la band – è stato un bel lavoraccio sceglierli perché abbiamo 160 canzoni pubblicate. E allora scegli quelle fondamentali, mettici quelle che non suoni quasi mai e alla fine avevamo almeno 50 canzoni da suonare. Ne abbiamo preparate 42 e ne suoniamo 22-23 ogni sera”.
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Significativa l’intro di Lulù Marlene, con un pensiero a tanti scenari delicati sul fronte dei diritti umani: Ucraina, Siria, Palestina, Iran, Libia, Cina, Kurdistan, ma anche con un riferimento al verso “La pace è l’unica vittoria” (ricordate Il mio nome è mai più?). Significativo il riferimento del Volo, dedicato Ringo De Palma, batterista della formazione originale, scomparso nel 1990 e Candelo Cabezas, percussionista scomparso nel 1997, così come Erriquez dei Bandabardò.
Il tour d’addio, nel suo segmento estivo è ripreso dal Molise (all’antistadio di Selva Piana nell’ambito del Festival dei Misteri) per poi proseguire con altri 16 concerti in tutta Italia fino al 26 agosto che saranno le ultime occasioni per il pubblico dei Litfiba di salutare la band che ha fatto la storia del rock in Italia. “L’emozione per questi nuovi concerti”, aveva spiegato Pelù, “è sempre quella della prima volta, è identica a quella che ebbi il 6 dicembre 1980 quando salimmo sul nostro primo palco alla Rokkoteca Brighton in provincia di Firenze”. Fu quella la prima esibizione della band.
Nella scenografia di questo tour ci sono quattro grandi X, nel palco allestito all’interno dell’Ippodromo delle Capannelle per Rock in Roma. “Sembrano quattro persone che alzano le braccia in segno di vittoria – ha fatto notare – però sono anche le quattro X romane che contano i nostri anni, quelli del suonare insieme con i Litfiba, più i due dovuti alla pandemia. Vi assicuro che queste quattro X sono molto più potenti di tutte le zeta scritte sui carri armati di Putin, perché queste hanno la forza del rock’n roll , e il rock’n roll esiste da più di 60 anni, Putin non durerà mai così tanto”.
In collaborazione con Zerobook – Girodivite