L’intervista. Sebastiano Somma racconta Pablo Neruda: la sua storia d’amore con Matilde è travolgente
Le parole di Pablo Neruda, nel 2024, sono attuali e di grande impatto. Il lirismo del poeta e scrittore cileno, morto nel 1973, continua ad affascinare chi lo legge e chi, come Sebastiano Somma, lo porta su un palco, a teatro più precisamente, per tributarne la memoria e omaggiarne la vita. Dal 3 al 6 ottobre, al Vittoria di Roma, andrà in scena “Matilde, l’amore proibito di Pablo Neruda“, spettacolo scritto da Liberato Santarpino con Somma nella doppia veste di regista e attore e Morgana Forcella nei panni di Matilde, amante, moglie e musa di Neruda. Oltre agli appuntamenti capitolini, la pièce farà tappa anche tappa il 17 gennaio a Priverno Fossanova in provincia di Latina, dove Somma è particolarmente amato.
Verrà raccontata la grande storia d’amore che la coppia visse per molti anni in vari paesi in giro per il mondo, dei loro incontri clandestini a Berlino, Nyon, a Roma fino al paradiso di Capri, rifugio segreto dove i due amanti si uniscono in un matrimonio simbolico celebrato dalla luna.
“Matilde, l’amore proibito di Pablo Neruda” la vede impegnata nella duplice veste di attore e regista. Quale dei due ruoli è stato maggiormente stimolante?
Non sono il classico regista ma un attore fatto e finito anche se, da qualche anno, mi piace l’interazione tra la musica e il teatro, esattamente ciò che in questo spettacolo portiamo in scena. Personalmente sto lavorando molto sul connubio tra musica, immagini ed emozioni che derivano dall’insieme di tutto ciò. L’ho fatto anche in passato, con “Lucio incontra Lucio” (portato quest’estate anche al Festival di Spoltore dove è stato a lungo acclamato, ndr). Quando vado in scena sono poi l’attore che vuole portare il messaggio, ecco perché non interpreto ma racconto Pablo Neruda, come fa mia moglie Morgana Forcella (ndr) con Matilda, lei che ha rinunciato a tutto pur di stare vicino al poeta. Come regista a volte sono anche un po’ rompiscatole perché esigente ma, d’altro canto, la mia formazione deriva a sua volta da questa impostazione che ho ricevuto. Il teatro è una scuola di vita, è rigore e rispetto, oltre a creatività assoluta.
Riguardo al lavoro svolto per portare in scena lo spettacolo, l’idea che all’inizio ha concepito è la stessa che ha portato avanti durante tutta la fase di produzione oppure ha subito delle modifiche?
Sono rimasto abbastanza fedele all’idea originaria. Con l’autore Liberato Santarpino abbiamo fatto un bel percorso assieme, avrei voluto incidere sulla parte finale dello spettacolo, quella con risvolti più politici, ma poi ho preferito non spingere più di tanto. Della sua morte sappiamo che, molto probabilmente, non è stato ucciso dal tumore, come si tende a credere, ma forse dalla bagarre politica che ha tramato contro di lui fino a provocarne segretamente il tragico decesso. Ci sono tanti altri elementi come, appunto, la musica e l’arte della stessa Matilda che vengono chiamati in causa.
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Una storia d’amore all’inizio travagliata ma poi sfociata in un sentimento totalizzante per entrambi. I loro incontri e le loro storie hanno toccato molti Paesi in giro per il mondo e ognuno di essi ha contribuito a cementarne il legame. Cosa l’ha affascinata di questa love story e, soprattutto, come ha voluto omaggiarla?
A noi sono giunte le famose lettere che i due si sono scambiati, le stesse raccontate da Troisi nel film “Il Postino”. Sappiamo anche dei loro rifugi, delle zone dove si incontravano segretamente. La parte della storia che mi piace raccontare di più è, paradossalmente, quando i due arrivarono in Italia, a Roma e Capri: era il periodo dove c’erano sommosse ma si ritrovavano con amici italiani, con persone che scendevano in campo sempre contro le dittature. Questo contesto fu per Neruda stimolante ed entusiasmante al tempo stesso. Capri, poi, fu il loro nido d’amore dove si sugellò un matrimonio virtuale con la sposa davanti alla luna. Mi ha affascinato il suo viaggio in Italia, certamente si.
Parliamo della figura di Matilde: possiamo dire che è stata la musa di Pablo Neruda. Ma come, secondo lei, ha contribuito alla sua opera letteraria? Neruda quanto le deve?
Egli ha trovato in Matilde una persona che aveva i suoi stessi ideali e, sulla base di ciò, il rapporto tra i due divenne fortissimo, quasi una simbiosi. Matilde sposò completamente le visioni artistiche, politiche e sociali di Pablo e decise di annullarsi per lui, di stargli vicino, di diventare la sua forza. Neruda si è speso per gli ultimi e trovando una donna così forte e appassionata ha dato vita a delle scritture meravigliose. Sappiamo poi che è stato messo alla berlina sotto altri aspetti personali, compreso il suo cattivo rapporto con la figlia, ma di questo non mi interessava e per cui ho scelto di non parlarne.
Oltre alla figura del grande poeta che fu Neruda, emerge anche un aspetto del suo lato umano, quello della coscienza sociale: lo scrivere degli emarginati, degli oppressi, di coloro relegati ai margini della società. Quanto sono contemporanee e attuali le parole del poeta cileno?
Sono parole attualissime. La poesia ha sempre avuto una valenza e dovremmo fare in modo di tornare a sfruttare la potenza del suo messaggio. La poesia potrebbe ancora avere un ruolo centrale, perché può denunciare, cambiare, trasformare le coscienze delle persone. Però è difficile, credimi, perché convincere il pubblico a venire a vedere uno spettacolo su un poeta cileno, anche se ha una componente teatrale e musicale, non è niente semplice. C’è molta disattenzione. Noto ancora paura nei confronti di Neruda. Io ci provo a fare delle cose per lanciare dei messaggi, l’ho fatto e continuo a farlo, come nel caso degli spettacoli su Sciascia e Hemingway. Si è un po’ perso il romanticismo, ecco. Con l’autore abbiamo voluto raccontare una storia romantica, abbiamo ancora bisogno di emozionarci. Non è uno spettacolo politico ma romantico, questo voglio sottolinearlo.
Prima di chiudere volevo chiederle dei suoi progetti futuri in teatro e in televisione. Cosa può dirci a riguardo?
Oltre a “Lucio incontra Lucio”, spettacolo che piace molto, porto avanti un reading con mia figlia nel quale raccontiamo Hemingway, appunto. Al cinema, invece, uscirà un film dal titolo “Tutto in 72 ore”, “La partita delle emozioni” di Fabrizio Quartucci” e un altro film di Emiliano Locatelli dal titolo “Il diavolo è Dragan Cygan” con un Enzo Salvi straordinario nel suo ruolo drammatico. L’11, il 12 e il 19 gennaio con “Lucio incontra Lucio” saremo a Cerignola Melendugno e Barletta mentre a marzo arriveremo al Teatro Ghione. Invece, il 13 ottobre, sarò con “Il vecchio e il Mare” al festival Impact di Capranica assieme a mia figlia Cartisia e al maestro Riccardo Bonacini. Ma ora vado a Napoli a provare i costumi per una nuova fiction di cui, però, non posso svelarti molto (ride).
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