L’intervista: “Nella vita non ho certezze, sono partita iva”, Andrea Delogu parla di “40 e sto”
Divertente, arguta, passionale: tre aggettivi che qualificano la personalità di Andrea Delogu ma che, comunque, non sono sufficienti a descriverla appieno. Alla continua ricerca di nuove sfide da intraprendere, l’attrice e conduttrice radiofonica, scrittrice e volto della televisione italiana, è un’artista a tutto tondo, con la peculiarità di non prendersi mai troppo sul serio.
Aspetto, questo, tutt’altro che marginale se calato all’interno di un contesto sociale dove l’apparenza, molto spesso, ha più importanza della sostanza, laddove la forma non di rado tende a mettere in ombra la sostanza.
In scena al Ridotto del Teatro Comunale dell’Aquila con lo spettacolo “40 e sto” (testo di Alberto Caviglia, Andrea Delogu e Rossella Rizzi con la regia di Enrico Zaccheo, produzione Stefano Francioni Produzioni con Frieds&Partners), l’attrice si mette a nudo trascinandoci nella sua nuova vita, quella di una quarantenne che, riappropriatasi della propria indipendenza, esplorerà le mode, i vizi e le ossessioni di questa strana epoca che viviamo. Ecco cosa ci ha raccontato dello spettacolo…
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I 40 sono i nuovi 20?
Sicuramente sono una figata, questo lo posso dire (ride, ndr). Quando ne avevo 20, se avessi potuto capire di avere la fortuna nel vivere quell’età, avrei avuto energie infinite da dedicarvi, ma i 40 me li sto godendo appieno. Quando cresci, e diventi emotivamente autonoma e capisci chi sei, sai quali no puoi dire e, soprattutto, quando farlo. Ecco, potrei sostenere che il super poter dei 40 è quello di dire no.
Lo spettacolo trae spunto dalla tua vita privata e da episodi che ti hanno toccata. Come li hai selezionati? Ne sono rimasti fuori alcuni che, invece, avresti voluto raccontare ma che non si incastravano con la sceneggiatura?
Si, ne sono rimasti fuori diversi che avrei voluto inserire ma che, però, non facevano ridere come quelli selezionati. Solo per questo sono rimasti fuori. L’obiettivo che mi sono posta è quello di portare in scena spettacoli dalla durata di un’ora e un quarto al massimo, proprio per andare incontro alle esigenze delle persone che magari, prima o dopo lo show, possono fare ciò che preferiscono La selezione degli episodi è avvenuta sulla leggerezza e sull’umore dello spettacolo. Vi era comunque una coerenza da seguire.
Trattandosi di una pièce sommariamente autobiografica, quante volte è cambiato il copione durante la fase di scrittura e quanto spazio lasci all’improvvisazione in scena?
Il copione è cambiato in continuazione, compresa la prima volta che stavamo per salire sul palco. E’ uno spettacolo che vive assieme al pubblico presente in sala ed è importante avvertire questo feeling perché ne è parte integrante. Alcune volte si allunga, altre volte ci sono talmente troppe parti da raccontare, e tutte talmente divertenti, che a guidarmi è il momento.
Nello spettacolo ci sono diversi riferimenti musicali, soprattutto agli anni ’90. Quali sono gli artisti che più ti hanno influenzata nel tuo percorso artistico?
Ti direi Bruce Springsteen, che però non cito perché ho voluto creare un preciso percorso per unirli tutti. Noi che siamo cresciuti negli anni ’80 abbiamo vissuto la decade successiva con Max Pezzali, le Spice Girls e band che, al netto del gusto, hanno comunque fatto la storia come i Take That. Volevo che tutti fossero coinvolti ma la scelta è stata indirizzata più dal contesto generale dello spettacolo che da una visione strettamente personale.
“40 e sto” parla dell’importanza di essere liberi, ambizione comune a tutti. Ma quando, secondo te, lo si è realmente? E, soprattutto, lo si può davvero essere?
Non si può davvero essere liberi perché viviamo in una società con persone connesse tra di loro. Essere liberi, però, vuol dire anche sapere rispettare il limite degli altri, e questo, a conti fatti, fa sì che non si possa esserlo mai fino in fondo, altrimenti ci si dovrebbe trasferire sul cucuzzolo della montagna per fare ciò che si vuole. Ma anche lì si dovrebbe rendere conto a qualcuno,
Radio, cinema, televisione hanno espresso la tua versatilità artistica che ora approda anche a teatro, ambiente che hai intercettato con il programma “Ricomincio da RaiTre”. Quando hai capito che era il momento di calcare questo palcoscenico e quali emozioni intendevi esplorare?
Ho capito che era il momento giusto quando ho avuto un testo pronto per il teatro. Perché tu possa salirvi devi avere sempre qualcosa da dire, altrimenti è inutile ma, soprattutto, non hai motivo di salirvi. Le emozioni che cercavo… sicuramente quelle di stare bene assieme e lasciare qualcosa agli spettatori. Ogni sera ricevo centinaia di messaggi da coloro che sono venute a vedere “40 e sto”, ma anche tante testimonianze personali di chi si è rivisto nel testo.
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Libertà dovrebbe fare rima con l’affermazione di se stessi e dei propri valori che s’intende perseguire. Al giorno d’oggi sono diversi i movimenti culturali e sociali che si danno da fare in tale senso. Ce n’è qualcuno, in particolare, che ammiri e cui presti la tua voce?
Sicuramente tutti quelli che si battono per fare in modo che qualcuno venga ascoltato. Loro potrebbero avere la mia voce, così come quella di qualsiasi altra persona. Ogni voce vale tanto e insieme ad altre voci possiamo fare diventare un mare che sposta qualcosa.
Sei in una fase della tua vita in cui preferisci rischiare di spingerti oltre oppure sei alla ricerca di certezze alle quali ancorarti?
Io non ho mai avuto certezze, sono una partita iva quindi figurati, sono abituata a vivere nell’incertezza. Non so come si faccia a vivere nella certezza, questo si, e non so neanche se ho fatto la scelta giusta anni fa a vivere questa vita, ma so solo che è l’unica che conosco e che forse non riuscirei a fare altro.
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