[L’intervista] Mirkoeilcane presenta “La musica contemporanea mi butta giù”
Mirkoeilcane ha da poco pubblicato il suo terzo album d’inediti, “La musica contemporanea mi butta giù”, un nuovo capitolo musicale del cantautore romano, prodotto da Daniele “il Mafio” Tortora (Afterhours, Daniele Silvestri, Diodato, Max Gazzè e tanti altri).
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Un album in grado di mettere in risalto le capacità di scrittura di Mirkoeilcane, un artista che negli anni ha saputo fare della parola una delle sue armi migliori, ottenendo grandi riconoscimenti come il premio della critica “Mia Martini” e quello per il miglior testo assoluto “Sergio Bardotti” per il brano “Stiamo tutti bene”, presentato da Mirkoeilcane nella sezione Nuove Proposte del 68° Festival di Sanremo, a cui poi è seguita la Targa Tenco 2018 per la “Miglior canzone”.
Ne abbiamo parlato a tu per tu con Mirkoeilcane.
L’intervista
“La musica contemporanea mi butta giù” è il titolo del tuo nuovo album: tra ironia, luoghi comuni e denunce sociali, quanto hai attinto dall’attualità e da quanto sta accadendo lì fuori?
A piene mani. In ogni canzone del disco c’è la volontà di “smontare” un pezzetto delle nostre convinzioni.
I temi e i personaggi sono quasi sempre un veicolo per parlare di altro. Ogni canzone ha la proposta di far ritrovare all’ascoltatore le sue sensazioni o le sue esperienze e non il raccontare una singola storia. Canzoni per non sentirsi soli o unici, nel bene e nel male.
Si tratta del tuo terzo lavoro in studio: rispetto ai precedenti, come si è evoluto il tuo songwriting?
La modalità è più o meno simile ai precedenti album. Mi piace mantenere la parte di scrittura quasi segreta, quanto meno intima, non condivido pezzi di canzone o idee. Solitamente preferisco far ascoltare un provino quando la stesura è finita (almeno a mio giudizio). Non sono uno di quelli da “ora mi siedo e scrivo una canzone”, è più che altro frutto di un ispirazione casuale, una suggestione, una frase sentita, un pensiero letto, una notizia, una faccia per strada. Una volta che qualcosa mi colpisce è poi più semplice far uscire le parole.
Ciò che colpisce dei nuovi bravi è l’essenzialità degli arrangiamenti: un pianoforte di sottofondo o un arpeggio di chitarra come base per le tue trame vocali in grado di catalizzare l’attenzione dell’ascoltatore. Cosa significano, per te, concetti come la sperimentazione o la contaminazione tra vari sound?
Sperimentazione e contaminazione sono sinonimi di Arte. Da ascoltatore compulsivo di musica mi innamoro di brani distanti anni luce tra loro. La rotazione casuale della musica nel mio telefono passa, senza tanti complimenti, da Guccini ai Queens of the Stone Age, passando per Blur e Radiohead, per poi volare verso Fossati & co.
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Tuttavia, quando si parla di scrivere, riconosco che il mio mondo è quello del cantautore. Non nego che nella testa balenano sempre idee (folli) di aggiungere elementi esterni ma, non che serva il mio appunto, è già abbastanza raro che le persone ascoltino un cantautore, figuriamoci se su ogni canzone ci fossero 12 battute di assolo di chitarra…
A quale canzone, di quelle presenti nella tracklist, sei più legato? E perché?
Non saprei specificarne una, sarebbe un gran torto nei confronti delle altre. Posso però dirti che “Venissero a cercarmi qui” non è messa alla traccia numero 1 per casualità. Rivedo in quella canzone la chiusura di un lungo cerchio durato diversi anni. Anni di bugie e di messaggi senza risposta, di amici che non erano amici e di silenzio forzato. Mi piace che quella sia la prima cosa che ascolta chi ascolta l’album perché ha la funzione di anticipare quello che accadrà nelle 11 tracce successive.
Come sono nate le collaborazioni con Giobbe Covatta e Daniele Silvestri? Cosa ricercavi nel loro contributo?
Sono nate dal semplice rapporto umano, nessuna mira discografica, nessun accordo di chissà che genere. Sia Giobbe che Daniele sono due persone, sebbene molto diverse tra loro, dotate di una sensibilità e di un umiltà che quasi mai ho incontrato. Non c’è bisogno che io ne decanti le qualità artistiche perché già note a tutti.
Il loro contributo ha il merito di aggiungere peso, di spiegare con le loro parole bellissime e pesantissime (nella sua accezione migliore) i temi delle canzoni a cui prendono parte.
Se la musica contemporanea ti butta giù, la scena musicale italiana invece? Qual è la tua opinione in merito?
Il titolo è volutamente ironico ,una provocazione. Un omaggio al Maestro anzitutto e poi una impellente necessità di auto-critica. Faccio parte anche io della musica contemporanea, per tanto mi rivolgo anche a me stesso. Conosco un sacco di persone che scrivono cose eccezionali, ragazzi e ragazze, giovani e non giovani, tutti schiacciati dal vuoto assoluto che sgorga ogni giorno dalle radio e dalle televisioni.
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Il problema non è di chi scrive cose facili, cose dedicate ad un pubblico poco più che adolescente, ognuno ha il sacrosanto diritto di manifestare la proprio arte come meglio crede. Il problema è far credere che esista solo quello, diffondere il mito della “canzone in playlist”, del singolo di platino, delle scorciatoie.
Finché il sogno sarà “essere famosi” e non “essere bravi”, rimarremo qui impantanati.
Non solo studio album ma anche colonne sonore: da cosa parti per scrivere una soundtrack? Cosa trovi di stimolante in questo processo?
Scrivere colonne sonore mi da la possibilità di esprimermi soprattutto come musicista, posso divertirmi a sfruttare tutti gli anni passati a studiare musica in accademia. Cose che nella forma canzone non è possibile sviluppare, anche solo per la breve durata. La parte che mi piace è che differisce molto dalla scrittura di canzoni perché nella colonna sonora bisogna rispettare e commentare delle immagini che sono ben chiare agli occhi, al contrario in una canzone bisogna crearle nella testa di chi ascolta.
Hai più volte criticato il music business e le logiche di mercato, comprese quelle del marketing. La tua etichetta quanto spazio ti concede per promuoverti nel modo che ritieni più opportuno?
L’etichetta con cui esce questo disco (Audioglobe, Santeria Records) mi ha fatto ricredere sotto tanti punti di vista. Scopro grazie a loro, venendo da una situazione a dir poco antipatica, che esistono ancora persone che ascoltano un provino e ci si appassionano e immaginano un lavoro a lungo termine. Un progetto.
La bellezza di poter chiedere un parere e non parlare solo ed esclusivamente di budget, di streaming , di visualizzazioni e di business. Confrontarsi su cosa sia meglio per entrambi.
Ci tengo a precisare che il mio criticare non è mai sterile o “solo per il gusto di”, provo a immaginare soluzioni soprattutto per gli ascoltatori che vengono quotidianamente presi in giro. Chi ascolta musica va rispettato e va ringraziato. Va ripagato con sincerità e con passione e non con ritornelli estivi che potrebbero scrivere benissimo anche loro.
In chiusura, puoi anticiparci qualcosa sul tour promozionale del disco?
Al momento sono ufficiali le date del 25 Gennaio al Biko di Milano e 15 Febbraio al Alcazar di Roma.
I concerti sono la naturale posizione della musica e ogni volta, ogni data è diversa dall’altra. Niente basi, niente auto-tune. Mani, legno, corde, tasti e voce.