[L’intervista] – Max Pisu in “Forbici & Follia”: parrucchiere o assassino?
Forbici & Follia, in scena al Teatro Manzoni di Roma fino al 24 marzo, è uno spettacolo ambientato nel salone di un coiffeur che diventa luogo di indagini per un omicidio.
Uno spettacolo diretto da Marco Rampoldi – adattamento di un testo americano del 1963 – con due nature contrapposte che si rafforzano a vicenda: quella del racconto giallo, che deve portare gli spettatori a collaborare per capire chi sia l’assassino, e quella della comicità, che scaturisce dal gioco di interazione con il pubblico che si appassiona, progressivamente, fino a diventare l’unico possibile giudice.
In questa nuova versione, a vestire i fluorescenti panni del parrucchiere proprietario del salone è l’attore e comico Max Pisu, che abbiamo avuto il piacere di intervistare.
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L’intervista
La particolarità di questo spettacolo sta nel pieno coinvolgimento degli spettatori: in che modo sono chiamati ad interagire?
La prima parte dello spettacolo è un giallo: si consuma un omicidio in un appartamento sopra al Forbici & Follia, negozio di un parrucchiere. Sul posto sono presenti un commissario con il suo agente scelto. A quel punto inizia un’indagine per ricostruire tutto quello che è successo fino a quel momento e capire chi può essere stato l’assassino. Viene coinvolto il pubblico in qualità di testimone quindi il pubblico deve rispondere alle domande e farne per ricostruire la scena. Diventa quindi parte importante dello spettacolo e alla fine di tutto potrà anche stabilire (o comunque dare un’opinione su) chi potrebbe essere l’assassino. In base a quello che il pubblico indica, lo spettacolo prende una direzione piuttosto che un’altra con tre/ quattro finali possibili.
Come reagisce il pubblico in sala?
All’inizio, quando vengono accese le luci e vengono coinvolti, rimangono un po’ spiazzati. Invece poi, per riuscire a fermarli ci vuole un po’ di pazienza! Perché alla fine tutti vogliono dire la propria e avere la propria tesi, tirare delle conclusioni, fare domande. È molto bello.
Quali sono state le reazioni più sorprendenti? O le domande più scomode?
Siccome Forbici&Follia è uno spettacolo nato come un test sull’attenzione ci siamo resi conto in effetti che il pubblico vede certe cose che non esistono o viceversa. Ad esempio, noi abbiamo in scena un cestino della spazzatura nero in cui a un certo punto viene buttato un paio di forbici. Poi viene portato fuori. Nella ricostruzione questo cestino per i testimoni puro può essere rosso, viola, verde, giallo ma appena lo riportiamo in scena dicono che non era quello, sbagliando. È una cosa che fa pensare.
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Come si è preparato ad interpretare il suo personaggio? Si è ispirato a qualcuno?
Io interpreto un parrucchiere gay, quindi non è facile – soprattutto al giorno d’oggi – interpretare un ruolo del genere. Mi sono ispirato a “Il vizietto” (Molinaro, 1978 n.d.r.): guardando il film ho visto gli atteggiamenti e ho preso spunto.
Questo è uno spettacolo che abbiamo ripreso dopo dieci anni: io facevo un altro ruolo. Ora interpreto il parrucchiere, cercando di dimenticare come lo interpretava allora Roberto Ciufoli. È stata una sfida perché è una cosa completamente nuova però mi diverto.
I personaggi di Forbici & Follia sono macchiette, a partire proprio dal parrucchiere marcatamente gay. Nell’epoca del politically correct e in generale nel 2024, questo tipo di comicità funziona ancora?
Questa era un po’ la mia paura perché comunque negli ultimi dieci anni anche questo argomento ha preso una piega diversa. Ma io credo che la comicità sia una caricatura di quello che è la realtà. Quindi ci sta che il personaggio sia “sopra le righe”, come l’agente di polizia è lo stereotipo del poliziotto che non capisce. Si potrebbero offendere anche i poliziotti o anche le sciampiste. Comunque, sono tutti personaggi caratterizzati per essere comici. Oggi è difficile fare qualcosa che vada bene a tutti e non sentire qualcuno che si lamenti. A questo punto, andiamo avanti per la nostra strada e chi capisce, capisce!
Forbici & Follia è entrato nel guinness dei primati per le innumerevoli riprese dal 1963. Come pensa sia cambiato il pubblico teatrale rispetto a sessanta anni fa?
Pur essendo uno spettacolo che ha sessant’anni, viene visto ancora come una novità perché non è non è un sistema che si vede spesso nei teatri. Non si ricorre spesso a questo tipo di commedia con integrazione del pubblico, quindi è rimasta una novità malgrado siano passati tutti questi anni.
Ogni volta ci sono degli adattamenti riferiti al momento in cui viviamo: basti pensare che oggi abbiamo i telefonini che una volta. Lo spettacolo è stato contestualizzato anche in base alla città in cui ci troviamo, all’attualità politica e agli avvenimenti. Ad esempio, a Roma naturalmente parleremo delle buche delle strade, delle difficoltà del traffico, del clima e poi tutti i riferimenti delle vie intorno al teatro diventano quelli del negozio: le macchine saranno parcheggiate in viale Mazzini piuttosto che di fronte a Vanni. Cambiano tutti i riferimenti logistici.
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Uno spettacolo con questo primato molto probabilmente continuerà ad essere ripreso negli anni a venire. Cosa spera di lasciare in eredità al suo personaggio?
Questo è stato un personaggio non semplice da interpretare: fa simpatia immediatamente e fa divertire ma nel finale è molto tragico. Dopo aver decretato il colpevole, “si rimette su la quarta parete” – come si dice in teatro.
Se si trovasse seduto tra il pubblico, chi voterebbe come assassino?
Non lo so… se la giocano bene tutti perché alla fine tutti e tre hanno un movente però credo voterei la sciampista che è un po’ più subdola.
Sono previste altre repliche dopo il Teatro Manzoni di Roma?
A Roma finiremo il 24 marzo poi saremo il 3 aprile ad Argenta (FE), il 5 aprile a Brugherio (MI) e chiuderemo la stagione il 6 aprile a Gallarate (VA).
La vedremo ancora a teatro?
Fino a poco fa ero in scena insieme a Gaia De Laurentiis con “Come sei bella stasera” e insieme a Nino Formicola con “La cena dei cretini“. Ora, dopo “Forbici & Follia“, ad aprile si ripartirà con “Il pigiama per sei” (diretta da Marco Rampoldi, n.d.r.) al Teatro Manzoni di Milano.