L’intervista a Matteo Farge: il Samara Festival dovrebbe essere la regola, non l’eccezione
Dal 6 all’8 settembre 2024 si è tenuta la terza edizione del Samara Festival, una manifestazione nazionale di musica, letteratura e cultura indipendente.
Il festival è stato ideato da Matteo Di Fabio – in arte Matteo Farge – e Gianluca Occhiuzzi con lo scopo di trovare e promuovere realtà musicali indipendenti italiane. La manifestazione gode anche della direzione artistica di Claudio David, showman dj e presentatore.
Per questa terza edizione il Samara Festival è approdato a Trasacco (AQ), tra innumerevoli sfaccettature musicali – dalle più urban alle più classiche -, tra arte, letteratura e spettacoli vari.
Ci siamo addentrati nello spirito del Samara in un’intervista approfondita con l’ideatore Matteo Farge.
L’intervista a Matteo Farge
Si è da poco conclusa la terza edizione del Samara Festival: come è cresciuta la manifestazione in questi anni? Come si pone nel panorama nazionale?
La manifestazione è cresciuta tanto velocemente forse anche troppo. Sin dalla prima edizione il Samara Festival aveva avuto già un buon seguito a livello nazionale. Avevamo avuto risposta da più di 150 gruppi da tutta Italia. Molti artisti che hanno partecipato al Samara hanno proseguito il loro lavoro e successivamente hanno avuto altri riscontri importanti: per esempio il gruppo Zueno, che aveva vinto il Premio Califano, poi è stato al Concerto del Primo maggio a Roma o Furia, che ha vinto il Premio Franco Battiato e poi il Premio del Pubblico a Musicultura, festival importantissimo in Italia. Insomma abbiamo intercettato la qualità e l’abbiamo premiata.
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Nella seconda edizione c’è stato un afflusso maggiore dall’esterno verso l’interno del festival e abbiamo fatto un esperimento letterario: abbiamo abbracciato anche le presentazioni di libri. Nella terza edizione abbiamo fortificato questo aspetto creando la “Rosa dei Vénti”: 20 semifinalisti, 20 autori di libri e 20 pittori. Perché quest’anno abbiamo aperto anche la sezione pittura istituendo un premio, vinto dalla pittrice marsicana Antonella D’Angelo con una rappresentazione di Fontamara. Dovremo istituire anche un premio letterario: per quest’anno gli autori hanno ricevuto un attestato di partecipazione e sono tornati a casa contenti perché hanno avuto l’opportunità di autopromuoversi e vendere libri insieme alle proprie case editrici con le “panchine d’autore”. Abbiamo dunque fortificato questi due aspetti ma la musica rimane sempre il centro di tutto.
Come nasce il nome del festival?
Samara sta per “SAnta MAria Ricordi e Accordi”. Quando l’ho ideato ho pensato a me che ho sempre scritto e sognato di essere un cantautore. È la via di casa mia: quel posto in cui, quando ero piccolo, era tutto lontano – non c’era internet, non sapevo cosa fossero le case discografiche – e quando ti iscrivevi alla Siae per andare a salvare il tuo brano, arrivava la lettera ufficiale a via Santa Maria e ti sentivi John Lennon. In realtà eri un ragazzino buttato tra le montagne, in una stanzetta a Via Santa Maria n°1. Così ho pensato di ricreare quella stanza che non dava possibilità, in modo che desse più possibilità ad altri.
Quest’anno il Samara Festival ha ospitato pittura, letteratura, musica, majorette, magia, sigle di cartoni animati e reading teatrali: c’è un fil rouge che lega le varie proposte artistiche?
Il “fil rouge” fondamentalmente unisce i tre lati: la pittura, la letteratura e la musica. Essendo un festival a respiro multiculturale e lungo tre giorni, intorno al Samara ci sono anche proposte “satellite” per far avvicinare i più piccoli e permettere anche agli artisti che hanno bambini di poter partecipare. E abbiamo cercato di avvicinare soprattutto i più piccoli alla presentazione di libri e al lancio di nuova musica. Ed è successo: ho visto bambini con le magliette dell’Inter col pallone sotto l’ascella avvicinarsi ad un autore un po’ più anziano per chiedergli: “Ma che libro stai presentando?” Una piacevole sorpresa, una piccola vittoria anche per l’autore stesso.
Il Samara Festival presenta anche un concorso con importanti premi: spieghiamo ai nostri lettori la missione del festival e il suo funzionamento.
La missione del festival è quella di intercettare e dare voce alla musica inedita, soprattutto all’italiano: c’è bisogno di almeno un 60% del testo in lingua italiana o in dialetto. Dunque, intercettare nuove voci del mondo emergente che non hanno la possibilità di farsi ascoltare.
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In un mondo di TikTok, Spotify, YouTube e talent televisivi, come si pone un concorso di musica indipendente in live?
È vero che c’è internet che permette a tutti di esibirsi, ma è anche vero che su internet c’è tutto e ci sono tutti: non c’è un filtro. Forse è proprio questo il “male” di internet, che dà una grande possibilità ma senza filtri. Quando ti arriva di tutto si ritorna a quello che era la stanza di via Santa Maria, perché il tutto e il niente corrispondono. Quando noi del Samara facciamo le preselezioni, non guardiamo i social: non ci interessa che l’artista con ventimila like faccia pubblicità al festival. È il festival che si pone il compito di fare pubblicità all’artista.
Quindi il Samara Festival tende a fare quello che facevano in grande le case discografiche, una sorta di filtro: far arrivare alle persone le canzoni di qualità, ascoltate da esperti che amano la musica e lavorano con essa, senza badare ai guadagni. Se io mi arricchissi con la musica – faccio tutt’altro nella vita – avrei bisogno di musica più commerciale o che faccia parlare di sé, di performance che mettano le persone nella condizione di commentare negativamente, pur di fare notizia. Oggi per fare caos e mettere sotto luce una canzone, bisogna scendere dalle scale di Sanremo vestiti come una Madonna. Poi magari la canzone è anche bella, ma il metodo è sbagliato perché diventa un circo, una gara a chi lo fa più strano. E quindi viene dato in pasto alle grandi distribuzioni un tipo di musica a discapito di altra musica di qualità, e ce n’è tanta.
Da cantautore, seppur nel mio piccolo – scrivo canzoni da quando avevo dieci anni e ho vinto anche qualche premio, arrivando due volte finalista al Premio De André – posso dire che ho dato del mio, ma quando ho ascoltato le canzoni del Samara, sono rimasto molto sorpreso dalla bravura di questi cantautori. Pensa che mi sono anche ritrovato a diventare fan di alcuni, arrivando a dedicare una canzone del Samara ad una donna – mentre prima le scrivevo appositamente!
Un festival dedicato alla musica e all’arte inedita, ma anche alla letteratura indipendente è una grande scommessa: cosa vi ha spinto in questa direzione?
Sentivamo la mancanza di un festival del genere. Aver capito un po’ come funziona il mercato musicale e artistico, si poteva fare un festival che non fosse “allergico”, protetto da tutte queste dinamiche. Un festival autonomo da tutte le distrazioni. Il fulcro è proprio la canzone, l’arte. Noi non dovremmo essere l’eccezione, dovremmo essere la regola.
E come reagisce il pubblico?
Come succede anche in festival nazionali che vanno in tv, la prima volta che senti una canzone – anche una bella canzone – ti lascia un po’ perplesso. Poi nei giorni successivi, ne veniamo bombardati ed entriamo nella canzone, anzi la canzone entra nelle nostre corde. Se una canzone è veramente degna di chiamarsi canzoni supera questo primo step: la cosa più bella è vedere persone che non fanno parte dell’ambito musicale avvicinarsi per farci i complimenti per la scelta e la qualità delle canzoni. La selezione dei 20 finalisti è stata fatta con un certo criterio: abbiamo tirato in ballo persone che di musica ne fanno il proprio mestiere, tra cui anche Lucas Kuman, l’ingegnere del suono di Vasco Rossi e Ed Sheeran.
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A quasi una settimana dalla chiusura, possiamo fare un bilancio della terza edizione? Le aspettative sono state rispettate?
Le aspettative sono state superate. Avevamo timore, anche per il periodo che abbiamo scelto in maniera un po’ kamikaze: a settembre finisce l’estate e in un paese di provincia è difficile organizzare un evento, quando finisce la forza – e le ferie – di agosto, mese per eccellenza per l’organizzazione di eventi. Inoltre, se avessimo fatto una scelta di artisti un po’ campanilistica, più chiusa, ogni artista marsicano avrebbe spostato un piccolo seguito tra famiglia e amici. Invece abbiamo accolto artisti da Vicenza, Perugia, Pozzuoli – come la vincitrice -, senza un seguito locale: la paura era molta. Per non parlare del bollettino meteo negativo! Invece il maltempo ha aspettato la fine del Festival di Samara e le persone – soprattutto quelle interessate alla musica – hanno partecipato numerose e con interesse.
Il cambio di location può rivelarsi un’arma a doppio taglio: com’è stato spostarsi a Trasacco?
Il Samara Festival nasce a Civita d’Antino, quando ero vicesindaco, ma è una manifestazione “nomade“. Cambiare ogni volta è sempre un punto interrogativo ma favorisce la crescita: scontrarsi con problematiche nuove e misurarsi con altre amministrazioni e nuove persone, può rendere il tutto più fragile ma poi, a lungo andare, riuscire a risolvere problemi fa mettere i muscoli e rafforza l’organizzazione.
Avete già idee per il prossimo anno?
Adesso ci riposiamo un po’ prima di affrontare una scelta. Dobbiamo decidere dove rifare il Samara perché abbiamo avuto richieste da vari comuni – importanti a livello storico e sociale – in tutto l’Abruzzo per questo nostro festival itinerante. Però, siccome Trasacco ha risposto molto bene, mi sentirei di aggiungerla alla rosa di comuni candidati ad ospitare la quarta edizione!