L’intervista. La pittrice aquilana Sara Chiaranzelli racconta la sua nuova mostra “LiberAlchimia”
Fino all’11 aprile 2023 gli eleganti spazi del Palazzo dell’Emiciclo a L’Aquila ospitano “LiberAlchimia – un’indagine pittorica”, innovativa mostra dell’artista aquilana Sara Chiaranzelli. L’esposizione, come preannuncia il titolo, indaga il concetto della trasformazione in tutti i suoi aspetti, simbolici, materiali e interiori.
Un viaggio interiore alla scoperta di sé stessi
“LiberAlchimia – un’indagine pittorica” non è una semplice mostra, ma un vero e proprio viaggio interiore, nel quale scavare gli abissi dell’inconscio per ritrovare la parte più autentica di sé stessi. Così si presenta l’ultimo lavoro di Sara Chiaranzelli, eclettica artista aquilana che ha fatto delle sue sperimentazioni pittoriche un vero e proprio strumento di conoscenza.
Riprendendo il concetto di alchimia, antica arte di trasformare i metalli vili in oro, la pittrice attua una traslazione di tipo spirituale: così come il piombo può tramutarsi in oro, anche l’animo umano può trasformare i sentimenti negativi in occasioni di rinascita, le disillusioni in speranza, il senso di oppressione in leggerezza calviniana.
Per rendere visibili e d’impatto questi concetti, l’autrice si avvale non solo di elementi figurativi, ma attinge a un elevato repertorio di temi mitologici e simboli filosofici. Anche i materiali usati sono molteplici, non solo colori ad olio, ma inserti in foglia d’oro, di zinco, stagno e metalli non pregiati. Tutto concorre verso un messaggio universale: anche la materia più torbida può elevarsi a sublimazione se la osserviamo da una prospettiva diversa, se la luce cade su di essa attraverso differenti inclinazioni, spingendo ciascuno di noi alla catarsi.
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Alla ricerca della pietra filosofale
Il percorso si compone di 33 quadri e vede la luce nell’arco di tre anni, dal 2019 al 2022. Si parte da un grande dittico olio su tela intitolato Scilla e Cariddi in cui l’artista ritrae sé stessa mentre conversa con due compagne universitarie dei grandi temi della politica e della religione. Delle tre donne vengono rappresentati solo gli arti inferiori senza alcuna connotazione fisiognomica, poiché questa oscillazione esistenziale coinvolge a più riprese ogni essere umano. Con il passare del tempo possono cambiare i fuochi, ma il senso di instabile precarietà rimane il medesimo. Le raffigurazioni della Medusa e del Minotauro, rappresentano rispettivamente la limitatezza dello spazio e del tempo, invisibili tiranni del vivere quotidiano.
Medusa in particolare viene rappresentata volutamente senza sguardo, perché fissarla e prendere consapevolezza della labilità del tempo, equivale a essere sopraffatti dal terrore e per estensione a morire.
Quel filo alchemico che ha continuamente alimentato la vena artistica della pittrice inizia a dipanarsi con la prima fase del viaggio verso la pietra filosofale, detta Nigredo, caratterizzata dalla predominanza del colore nero e dalla dissoluzione del proprio ego.
Seguono poi la fase dell’Albedo (rinascita) della Citrinitas e della Rubedo, (entrambe legate al concetto di sublimazione dell’Io finalmente libero dai propri demoni, dall’orgoglio e dalla paura del cambiamento).
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Intervista all’autrice
The Walk of fame Magazine ha voluto osservare dal vivo le suggestive opere, cogliendo l’occasione per rivolgere qualche domanda all’artista Sara Chiaranzelli.
Cosa si intende per LiberAlchimia?
Ho voluto unire due termini “alchimia” e “libertà”. Alchimia si riferisce alla pratica, risalente già agli antichi Egizi, di trasformare i metalli pesanti in oro. Libertà sottintende la possibilità dell’uomo di guidare il proprio processo di crescita: come il piombo può trasformarsi in oro, anche l’animo umano può tramutare le sue pulsioni negative in sentimenti positivi. Inoltre, in latino, liber vuol dire libro, quindi ho voluto giocare con la parola alludendo anche ai testi alchemici medievali e al libro in quanto strumento di conoscenza.
Da dove nasce l’idea della mostra?
Lo spunto principale deriva da una delusione inaspettata. In quell’occasione ho voluto reagire sfogando il mio dispiacere attraverso l’arte. Stavo attuando il mio personale processo alchemico, trasformando un momento negativo in un nuovo percorso rivolto al Bene e alla speranza. Un’opera molto significativa in questo senso è Pandora, un olio su tela nel quale ho raffigurato la prima mortale creata da Efesto su ordine di Zeus, pentita per aver aperto il leggendario vaso donatole dagli dei. Il gesto impulsivo ha sparso nel mondo tutti i mali, ma non ha disperso la speranza che è trattenuta dalla sua mano. Dal punto di vista esecutivo, ho rappresentato la speranza utilizzando l’oro puro, emblema del divino, contrapposta allo sfondo realizzato in doppia doratura di rame che simboleggia la materia torbida e terrena ancora da sublimare.
Quanto conta la scelta della tecnica e dei pigmenti per la genesi di un quadro?
È fondamentale. Questa esposizione in particolare eleva i pigmenti a contenuto dell’opera stessa. Man mano che procedevo nel percorso ho avuto modo di sperimentare molteplici tecniche e nuove colorazioni. Su una base di pittura a olio, ho aggiunto metalli in foglia come l’oro puro, l’argento, il rame, ma anche leghe impure quali stagno o zinco. Ho inserito sulla tela tali materiali con la tecnica della doratura a missione, creando una stratificazione sia cromatica che simbolica. Il processo alchemico si è inserito anche nella struttura compositiva e nel processo creativo. Non dipingo sempre allo stesso modo: alcune volte parto dal bozzetto, altre agisco sulla tela direttamente con il colore, altre ancora torno sul dipinto dopo un po’ di tempo e aggiungo strati o modifico forme. La genesi di un’opera è già di per sé un atto di trasformazione. Su alcuni dipinti ho lasciato volutamente delle colature di colore poiché, a mio avviso, la creatività è un incessante dialogo tra il caos e la ricerca dell’ordine.
In questo percorso espositivo ha prevalso più la casualità o la ricerca di un ordine razionale?
L’allestimento è stato frutto di un ragionamento a posteriori, ma la genesi dei quadri è avvenuta tramite una sorta di concatenazione. Ogni volta che dipingevo un quadro si rivelavano davanti ai miei occhi nuovi spunti e possibili contenuti. Emblematico è il caso del dipinto Il cielo capovolto – piccola favola alchemica. Il dipinto fa parte delle illustrazioni del libro “Sfavoleggiando- fiabe e favole capovolte” (edizioni Il Cielo Capovolto, 2019, Studio Maria Alberti) e rappresenta, attraverso un vorticoso volo di uccelli colorati, il trionfo della gioia pura e della leggerezza innocente dell’infanzia. Soltanto in un momento successivo mi sono accorta di aver combinato insieme le geometrie del quadrato, del cerchio e del triangolo, disegnando così l’emblema della Pietra Filosofale, simbolo per eccellenza dell’Alchimia. Il quadrato rappresenta la concretezza, il cerchio rimanda alla spiritualità, il triangolo è inteso come aspirazione dell’uomo alla perfettibilità. Questa rivelazione ha acceso la mia curiosità, incentivandomi ad approfondire tutti gli altri simboli alchemici.
C’è un quadro dell’esposizione al quale ti senti particolarmente legata?
Tutti i quadri che ho realizzato hanno una valenza importante per me, ma se devo sceglierne uno, sento una particolare connessione con L’albero della vita, che ho dipinto ispirandomi all’albero sefirotico della cabala ebraica, composto da dieci emanazioni divine e da ventidue sentieri. Unità basilare dell’albero è il fiore della vita, che nella simbologia sacra, è considerato paradigma della creazione dell’Universo. Ho voluto realizzare il dipinto, in questo caso, attraverso i miei colori, ma rispettandone fedelmente la geometria.
Hai qualche progetto per il futuro?
Ho delle idee in testa, a cui però devo ancora dare concreta forma. Sicuramente continuerò le mie ricerche sulla leggerezza calviniana e mi concentrerò sul tema della forza interiore.
Per conoscere la florida carriera artistica di Sara Chiaranzelli e ricevere ulteriori informazioni sulla mostra, è possibile collegarsi al sito web www.sarachiaranzelli.com
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