L’intervista. Furious Jane: l’urlo rock che si alza da Napoli
Scoperti casualmente la notte di Pasqua appena passata come supporting act dei grandi Enuff Z’Nuff nella loro tappa romana del sempre coraggioso Let It Beer di Stefano Amendola, i Furious Jane da Napoli sono una di quelle band in grado di catturare immediatamente l’attenzione di chi ha sempre nelle orecchie un determinato tipo di sonorità che strizza l’occhio all’immarcescibile tradizione di certo rock americano sostanziantesi di alto voltaggio e pura energia esecutiva e scenica.
Merce rara, sempre più rara in un’epoca dove certe logiche “industriali” hanno, diciamolo, messo un gravoso bavaglio alla libertà espressiva di tanti ragazzi che vorrebbero dire la loro ma che, spesso, vengono inesorabilmente passati in una sorta di tritacarne ideologico e, soprattutto, “fattuale”, che poco ha a che fare con certi discorsi di showbiz, visto che oggi un certo tipo di proposta a sette note sembra poter assumere una sua “dignità” soltanto se viene fatto passare attraverso le “forche caudine” di certi “soloni” e presunti esperti che, diciamocelo chiaro, hanno spesso il precipuo scopo di appiattire ogni cosa e fornirla pre-digerita a chi vorrà avvicinarvisi.
Parlando con loro dopo il vibrante show che hanno tenuto, sono rimasto molto incuriosito anche dal fatto che avessero messo su questo bel progetto in una città, Napoli, che pur avendo dato i natali al monumentale Pino Scotto, non è certo immediatamente riconducibile a certe sonorità dure e stradaiole come quelle che la band propone. Ecco allora che con il loro chitarrista Cristian Iorio abbiamo cercato di fare il punto della situazione, a pochi giorni dall’uscita del loro nuovo singolo “Killers of Rock and Roll”, licenziato dall’ottima Volcano e pregno di una istantanea, innegabile energia di esecuzione e di intenti. Ecco cosa ci ha raccontato.
Partiamo dalla vostra fondazione del 2021: come vi siete trovati a suonare insieme e provenienti da quali singole esperienze? I vostri rispettivi background erano simili?
In realtà già ci conoscevamo un po’ tutti, avendo vissuto la scena rock napoletana tra il 2015 e il 2017. Sal e Cris hanno fondato i Mastribes nel 2014 e hanno suonato insieme per diversi anni, mentre Frank e Antonio hanno suonato negli Hangarvain, band del nostro produttore Alessandro Liccardo e amici di lunga data. Alfonso Capone, il batterista fondatore della band, ha suonato con Sal e Cris per qualche tempo in altre situazioni.
Dici “Napoli” e il pensiero musicale non va certo al vostro genere: ci puoi raccontare qualcosa sulla scena partenopea attuale? Se esiste, se c’è solidarietà tra le varie band, se sopravvive una rete di locali tale da poter fornire una certa continuità di attività o se, al contrario, c’è bisogno di ingegnarsi per andare avanti.
È vero, a Napoli non ci sono tantissime band rock e la situazione è complessivamente peggiorata nel corso degli anni. Prima ti parlavamo di una scena che abbiamo vissuto tra il 2015 e il 2017 e che oggi, purtroppo, non c’è più. Alcuni locali storici, come il Cellar Theory, hanno chiuso i battenti ed è sempre più difficile trovare location per i live di band che suonano inediti. Se invece parliamo di altri generi, beh, la situazione è differente e ci sono più possibilità. Solidarietà tra band… non ne vediamo tanta. Abbiamo ottimi rapporti con gli Hangarvain, per il resto pochi contatti. Ci piacerebbe contribuire a ricostruire una scena in grado di rappresentare un punto di riferimento per il Sud Italia e, anche se è tosta, ci proveremo.
Già che ci siamo: qual è il tuo/vostro rapporto con la tradizione a sette note della tua/vostra città? Solo ingombrante o, in qualche modo, anche stimolante?
Inutile negarlo, siamo cresciuti col mito degli U.S.A. Su Youtube abbiamo visto e ascoltato centinaia di concerti dei nostri artisti preferiti tenuti nei club e nelle arene a stelle e strisce. Napoli, però, è casa. Napoli ci scorre dentro e così ogni elemento caratterizzante questo territorio. Siamo orgogliosi della tradizione musicale della nostra città e siamo convinti che, anche se non sembra essere evidente, ci abbia influenzato tanto e continua a farlo anche adesso.
Siete sotto contratto per una realtà ormai consolidata come la Volcano Records & Promotion? Come siete arrivati a siglare un accordo con loro e che ci racconti della vostra esperienza con la label fino ad ora?
Ce l’hai qualche ora? Scherzi a parte, con Volcano abbiamo un rapporto ormai decennale. Sal e Cris hanno collaborato con Volcano in passato e realizzato uno dei primissimi dischi usciti per la label. In realtà, noi abbiamo un rapporto veramente forte con Alessandro Liccardo, fondatore e direttore di Volcano. Nel 2021, quando Cris e Alfonso (il nostro primo batterista) hanno pensato ad una nuova band, hanno sottoposto l’idea e le canzoni che avevano scritto a lui. Possiamo assolutamente dire che con Volcano c’è un rapporto molto attivo e stimolante, ricco di idee e discussioni propositive.
“There’s no money that can buy my soul, ‘cause we are killers of rock and roll”: ecco, partirei dall’ultimo ritornello del vostro recentissimo nuovo singolo per chiederti: si tratta di una dichiarazione programmatica di cosa, esattamente? Qual è la “posizione” dei Furious Jane che questa canzone vuole veicolare?
We play rock n’ roll: questo è il nostro statement! Ok, per qualcuno sembrerà banale, ma oggi come oggi non lo è affatto. Il nostro modo di comporre è puro e crudo: non abbiamo preconcetti, siamo influenzati dal rock e dai suoi millemila sottogeneri. Ogni canzone racconta di un momento specifico, di emozioni diverse, e non c’è verso che il nostro approccio rispetto alla musica e rispetto al percorso artistico dei Furious Jane possa cambiare. Questo non vuol dire che la proposta musicale resterà sempre uguale, il nostro nuovo EP, ‘Vicious’, è già un bel po’ diverso da ‘Empress’ (nostro primo EP) ma nulla è stato forzato. È avvenuto tutto naturalmente e noi amiamo questa cosa.
Ecco… rispetto al vostro primo lavoro “Empress”, quale svolta rappresenta, dal punto di vista musicale, questo “Killers of rock and roll” e, se puoi parlarne, dove pensi che vi porterà il vostro EP di prossima uscita, “Vicious”?
Rispetto a ‘Empress’, per il nuovo EP crediamo di aver scritto canzoni ancora più dirette e ‘Killers of Rock ‘N’ Roll’ incarna tutto questo. Lo potrai avvertire anche per quanto riguarda la produzione: in ‘Empress’ abbiamo seguito un approccio diverso, con più sovraincisioni e tante linee secondarie. In ‘Vicious’, invece, abbiamo valorizzato al massimo la singola linea di ogni strumento. Il nuovo EP, in qualche modo, schiuderà alla band nuovi orizzonti. Mentre in ‘Empress’ qualcuno poteva magari riscontrare più omogeneità tra i brani, in ‘Vicious’ abbiamo tanti pezzi diversi tra loro. Possiamo garantirvi che la musica dei Furious Jane sarà tutt’altro che scontata!
Lo scorso 28 gennaio, avete avuto la fortuna di calcare uno dei palchi più gloriosi che il rock conosca, quello del famigerato Whisky A Go Go di Los Angeles: ci devi proprio raccontare come è nata questa occasione e cosa è successo una volta che siete arrivati lì sopra (e anche dopo, ovviamente).
Il nostro manager e produttore, Alessandro Liccardo, alla fine dello scorso agosto ci ha prospettato la possibilità di andare negli U.S.A. per il NAMM, una produzione in studio e un live. Fin qui tutto bene, non giravano nomi, pensavamo di fare questa esperienza per legare ancora di più come gruppo e visitare, tutti insieme, la città che abbiamo sempre sognato: Los Angeles. A ottobre è arrivata la vera svolta: Alex ci ha detto che il live si sarebbe tenuto al Whisky a Go Go. Inizialmente pensavamo fosse uno scherzo, che ci fosse un malinteso, invece no. Si trattava proprio del club nel quale si sono esibiti tanti dei nostri miti! Arrivati lì, ci siamo trovati questo locale a due piani con il suo palco spettacolare ma, soprattutto, con il nostro nome sul marquee fuori.
Credimi, non ci emozioniamo facilmente, ma quel momento resterà indimenticabile. Ognuno dei quattro ha esorcizzato il pre-show a modo suo: saltato il soundcheck perché la band headliner aveva tempistiche un po’ lunghe, abbiamo iniziato a parlare della qualunque in attesa del live. Scesi sul palco, line check e siamo partiti. Non sapevamo come il pubblico avrebbe reagito, eravamo degli italiani arrivati negli States per suonare in uno dei club migliori al mondo. Invece, dopo pochissimi minuti, ce li siamo ritrovati a cantare le nostre canzoni e a supportarci come avvenuto poche volte nella nostra vita. Un’esperienza indimenticabile ma faremo di tutto per far sì che possa riaccadere.
La notte di Pasqua appena trascorsa, ho avuto il piacere, davvero, di assistere alla vostra esibizione di supporto ad un’autentica leggenda della musica che più amiamo, gli Enuff Z’Nuff: come è andata e cosa si impara stando al fianco di personaggi di questo calibro?
Guarda, a volte girano tanti miti negativi su queste band, ma noi abbiamo avuto a che fare con persone splendide. Li abbiamo conosciuti a Bari il 30 marzo, perché abbiamo suonato con loro in due date. Fanno il soundcheck con una professionalità esemplare, ringraziano il fonico e tutto lo staff per averli aiutati (non è scontato!) e scendono in sala. Non li conoscevamo di persona, ma abbiamo visto il loro chitarrista indicarci Chip Z’Nuff, che poi si è avvicinato a noi e si è presentato: non potevamo crederci! A fine live, mentre stavamo scambiando qualche parola con Jason (uno dei loro due chitarristi), Chip è venuto da noi e ci ha regalato dei poster autografati.
Noi, a nostra volta, gli abbiamo donato una copia di ‘Empress’ e lui ci ha preso in disparte e ha iniziato a spiegarci cosa, dal suo punto di vista, funzionava nel mercato di oggi e se davvero conveniva ancora realizzare e stampare CD o meno. La sera dopo, a Roma, ci hanno accolto con grandi sorrisi e, anche nel post-live, in cui tu eri presenti, sono stati mega-disponibili. Oggi siamo ancora in contatto tramite i social e posso dirti che, al di là del sontuoso show cui hanno dato vita, sono persone altrettanto grandiose.
Sempre rimanendo a quella esibizione, ho notato che la “fisicità” del vostro live è molto pronunciata, come la migliore tradizione del genere imporrebbe. Come vi preparate in questo senso e quanto credi che conti questo aspetto per una band emergente in un periodo storico in cui, diciamocelo, le esibizioni sembrano essere molto più statiche e improntate all’importanza della parola rispetto al “gesto” del rock and roll?
Grazie! Prima di tutto siamo felici che questo sia stato evidente, per noi è un fattore cruciale. Noi prepariamo tantissimo la parte musicale dello show ma poi, per quanto riguarda la gestione dello stesso, ci diciamo poche cose e lasciamo tanto che ognuno esprima se stesso quando ci troviamo lì sopra. Crediamo davvero che sia fondamentale, perché non siamo abbastanza bravi da poter seguire un copione prestabilito. Non ci costa nulla, siamo così. Lasciamo poco spazio alle parole perché crediamo che la gente voglia entrare in sintonia con la band durante il concerto e, se non ci sono tante cose da dire, un’esibizione pura e sincera può comunque comunicare tanto. Per quanto riguarda il tema delle band emergenti, l’arma migliore che si ha è essere sé stessi. Noi siamo fatti in un certo modo e portiamo avanti uno show che crediamo ci rispecchi. Se altri artisti hanno diverse idee e modi di esprimersi, è giusto che seguano la loro personalità.
Ho letto che siete in partenza per il vostro primo tour europeo il prossimo autunno: sarete headliners o sono previsti dei supporting ad altre band? Parlaci anche, sempre se puoi, del tipo di “logistica” che sceglierete? Siete tipi da tour bus e rock and roll all nite o il vostro approccio alla cosa è differente?
Quanto ci piacerebbe festeggiare ogni volta in stile rock and roll all nite! Scherzi a parte, in tour cerchiamo di unire i due elementi. È fondamentale divertirsi ed è inevitabile che, alla fine del live, ci si conceda un po’ di festa. Per noi però è fondamentale essere sempre precisi perché ci sono degli addetti ai lavori che spendono tempo, energie e risorse per organizzare tour e live show e, come band, vogliamo contribuire alla riuscita migliore possibile dell’evento. Per quanto riguarda il tour europeo, in realtà non conosciamo ancora con esattezza il nostro posizionamento nel bill che sarà. È possibile che ci siano delle situazioni di co-headlining. Stiamo valutando l’uso di un camper, in modo da ottimizzare spostamenti e pernottamenti. Stiamo vivendo una fase di crescita ed è prioritario cogliere quante più opportunità possibile, alle comodità ci penseremo un’altra volta.
Chiudiamo con un’ultima domanda, che vuole essere anche e soprattutto una suggestione: tra cinque anni (un intervallo temporale che oggi mi sembra credibile) dove vedi i Furious Jane, cosa vorresti che raggiungessero? Come gruppo e come tua creatura.
Stiamo lavorando per far sì che la band possa crescere sempre più. Tra cinque anni vogliamo avere alle spalle diversi tour europei e almeno un paio di full-lenght (tra l’altro, anche se ‘Vicious’ non è ancora uscito, stiamo già scrivendo nuove canzoni). Sognare non costa niente ma il grande “botto” non è nei nostri programmi. Vogliamo suonare in giro per il mondo il più possibile e il più a lungo possibile, quindi faremo di tutto affinché i Furious Jane diventino una band in grado di fare tour regolarmente. Per quanto riguarda l’ultimissima domanda, beh, la creatura Furious Jane è parte di noi, è un’estensione della nostra anima, e quindi vorremmo che evolvesse artisticamente al passo della nostra evoluzione come persone. Speriamo che, da ora a cent’anni, la nostra musica ci rispecchi sempre fino in fondo!