[L’intervista] – Fabio Cinti ri-canta Branduardi: “un album minimalista” con Alessandro Russo
In ben 50 anni di carriera, Angelo Branduardi ha creato un genere personale rigenerando le tipiche atmosfere fiabesche ed epiche (medioevali, rinascimentali, celtiche…) grazie all’enfasi del cantato, agli arrangiamenti e alla scelta degli strumenti.
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Per omaggiarne il genio, Fabio Cinti e Alessandro Russo hanno realizzato l’album “Guarda com’è rossa la sua bocca“: una raccolta dei più grandi successi di Angelo Branduardi in una versione per pianoforte e voce.
L’album si apre con “Il dono del cervo“, “Fou de love“, “Sotto il tiglio“, per poi passare a “La luna“, “Casanova“, “Confessioni di un malandrino” e giungere a conclusione con “La volpe” e “Alla fiera dell’est“.
Abbiamo approfondito con il cantante Fabio Cinti.
L’intervista a Fabio Cinti
Come nasce la sua passione per i brani di Angelo Branduardi?
Con le canzoni di Branduardi, così come con quelle dei grandi cantautori, ci sono cresciuto e, come spesso accade, con gli anni si finisce per apprezzare i dettagli e per approfondire i contenuti. La discografia di Branduardi è molto vasta e varia, ci sono dei momenti molto alti.
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E l’idea di realizzare un album-omaggio?
Con Alessandro Russo da sempre, o almeno da che ci conosciamo, abbiamo spesso interpretato molte delle sue canzoni. Così ci siamo detti che avremmo potuto realizzare un album minimalista, con una certa purezza, cercando di rendere le canzoni per quello che sono, senza strafare ma ponendo l’attenzione sull’interpretazione dell’armonia e della melodia di base delle canzoni.
Cosa ha decretato la scelta di questi brani?
Abbiamo scelto una dozzina di brani che semplicemente ci piaceva di più cantare, senza necessariamente soffermarci sulla provenienza (l’anno, l’album, ecc…). Poi dovevamo affrontare il fatto che quelle canzoni dovevano essere adattate per solo pianoforte e voce, e così alla fine sono diventate otto. Quindi, per esempio, se dovessi scegliere una di quelle otto, sarebbe molto difficile, perché mi piacciono tutte davvero molto.
Qual è stato il suo approccio – insieme a Alessandro Russo – nel rifacimento per piano e voce?
L’approccio è stato classico e rigoroso. Non abbiamo aggiunto nulla di nostro, ci siamo attenuti alle versioni (in certi casi live) riportando fedelmente la scrittura. La scelta di riproporle solo con il pianoforte ci ha portato a dover riassumere molti strumenti in uno solo, trovando la risultante che emotivamente funzionava di più.
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Ci spiega invece la copertina dell’album?
La copertina riflette lo spirito dell’approccio dell’adattamento, la pulizia, e quel cercare di cogliere l’essenza di ogni brano. Branduardi, come dicevo sopra, ha un repertorio molto vasto e vario e per mettere tutto dentro non basterebbe una parete intera. Così ci è venuto in aiuto il minimalismo… che però a volte spegne un po’ l’emozione. L’idea, però, di riprendere le forme e i colori semplici di alcuni classici dell’editoria sembrava funzionasse, cercando un carattere e un simbolo che a colpo d’occhio rimandasse subito a quell’atmosfera specifica.