[L’intervista] – Donatella Finocchiaro è “La Lupa” degli anni Cinquanta
Donatella Finocchiaro dirige ed è la protagonista de La Lupa di Verga, la nuova coproduzione Teatro Stabile Catania e Teatro della Città – Catania Centro di produzione teatrale.
In scena sul palco del Teatro Maria Caniglia sabato 16 marzo per Meta Aps in partenariato con il Comune di Sulmona: il settimo appuntamento della stagione di prosa 2023/2024 è una lettura al femminile di una storia di cui è ancor necessario parlare, su cui è ancora necessario riflettere.
La chiamavano La Lupa: oggi come ieri, è la donna che non si vergogna della sua sensualità e viene per questo additata dal contesto sociale perché libera, strana, diversa; nel testo, viene quindi amplificato il punto di vista della donna e della possibilità di vivere la propria vita sentimentale e sessuale liberamente, a dispetto di un ambiente retrogrado sempre pronto a puntare il dito contro quello che succede nelle vite e nelle case degli altri. Una lettura al femminile, quindi che esalta alcuni aspetti dell’opera verghiana.
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L’intervista a Donatella Finocchiaro
Come mai ha scelto di portare in scena proprio La Lupa? Qual è stata la genesi di questo spettacolo?
L’idea non è stata mia ma dell’ormai ex direttore dello Stabilimento Italia Luca De Fusco: portare in scena un testo di Verga per il centenario di due anni fa. Mi hanno commissionato lo spettacolo come attrice ma tutti i registi con cui volevo lavorare erano occupati e ho detto “La faccio io la regia”. Così ho iniziato questa avventura, il mio debutto alla regia anche nel teatrale: questa è stata la genesi dello spettacolo.
Ha ripreso il racconto o direttamente il testo teatrale redatto dallo stesso Verga?
No, la drammaturgia è stata riscritta da Luana Rondinelli perché abbiamo preso molto da Verga ma per metà è quasi un altro testo. Ad esempio, ho detto a Luana che mi sarebbe piaciuto fare la scena del prete con un Nanni ossessionato da questa passione e lei l’ha scritta proprio di sana pianta. Ci sono tantissime scene che non sono presenti nel testo teatrale di Verga ma ho preso uno spunto dalla novella.
Come mai la storia è stata trasposta proprio nella Sicilia del secondo dopoguerra?
Per un fattore puramente estetico: perché mi piacciono esteticamente gli anni Cinquanta.
Sarebbe possibile ambientarla al presente?
Sì, anni Cinquanta, fine Ottocento, oggi… sarebbe uguale.
Ci sono state altre modifiche significative nella sua versione rispetto a quella originale?
No, la storia è più o meno quella.
Si è ispirata alla Lupa cinematografica di Monica Guerritore e a quella teatrale di Anna Magnani?
Non mi sono ispirata a nessuna delle due, anzi non ho visto il film della Guerritore e non ho visto spettacolo di Anna Magnani. Ho semplicemente letto lo spettacolo e mi sono ispirata alla mia idea di Lupa.
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Dunque come si è preparata per interpretare questo ruolo? Una donna spesso definita “animalesca”…
Io ho fatto lavorare moltissimo i miei attori, ognuno sul proprio “animale” seguendo il metodo Strasberg: portare in scena la parte animalesca c’è in noi. Sicuramente la Lupa è un personaggio molto attuale: quell’idea di donna che non è né zo**ola né Madonna, ecco non è pu**ana non è Madonna, una donna sensuale, che non si vergogna della propria sensualità. Anzi mostra con orgoglio questa femminilità e capacità di sedurre l’uomo con la sua bellezza, col suo carisma.
Ancora oggi la donna che è libera, non è sposata e non fa figli, la donna che è manager, imprenditrice viene purtroppo vista come una donna diversa. Questa diversità della condizione femminile – la libertà anche sessuale di una donna, la libertà di non avere un compagno o l’avere una sessualità che ormai si dice “fluida” perché non è né lesbica né eterosessuale – è ancora oggi sinonimo di discriminazione in Italia e nel mondo.
Nella novella di Verga La Lupa è additata come carnefice o come una macchinatrice: la sua Gnà Pina è più vittima o carnefice?
Sono uscita da questo stereotipo della donna-vittima e della donna-carnefice perché purtroppo la Lupa, nella visione un po’ maschilista, viene vista come tentazione: lei ha la colpa, lei con quegli occhi, lei con quel corpo, lei che “ruba l’anima”. Ancora oggi purtroppo, il motivo per cui alla fine questi uomini arrivano anche ad uccidere queste donne – perché si sentono vittime di questa tentazione – è che non riescono a uscire da questa ossessione amorosa. Quindi, quando la donna si sottrae a questo uomo incapace di gestire il suo amore, la sua gelosia, il suo sentimento, impazzisce e la uccide.
La Lupa è a tutti gli effetti un mix tra una caccia alle streghe ancora così attuale, seppur trasformatasi nel tempo, e un femminicidio. Come avete messo in scena il finale?
Il femminicidio c’è: Nanni uccide indubbiamente la Lupa e questo avviene in scena. Poi buio e un finale bellissimo, che però non posso ancora svelare. Posso solo dire che la mia Lupa è una martire alla fine. Quando sono in scena, alla fine dello spettacolo, mi sento una di queste 18 donne che a gennaio sono state uccise in Italia: mi sento una di loro, una che per amore si è fatta martire.
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Quali sono state le difficoltà di mettere in scena La lupa, in qualità di regista e in qualità di attrice?
Io sono in scena nello spettacolo e quindi stare dentro e fuori non è stato assolutamente facile. Però ho la collaborazione alla regia e la scrittura drammaturgica di Luana Rondinelli, l’assistente alla regia Michela Bubbone, Sabino Civilleri che ha curato le coreografie. Siamo stati una squadra e io credo che il regista sia il direttore dell’orchestra ma che tutti gli strumenti debbano funzionare. Ho avuto le musiche bellissime di Vincenzo Gangi, il direttore delle luci straordinario Gaetano La Mela e attori fantastici. Io e Luana abbiamo visto 400 provini per scegliere gli attori giusti: ognuno col suo carattere, con la sua fisicità, con la sua personalità, con la sua voce, col suo animale in scena.
Cosa porterà con sé di questo spettacolo nei panni de La Lupa?
Sicuramente la voglia di tornare a fare regia, sia a teatro sia al cinema.