L’intervista. Ario Avecone: il mio Dracula moderno, tra spunti cinematografici e innovazione teatrale
Si è tenuta ieri, al Teatro Brancaccio di Roma, la prima del musical “Vlad Dracula” con la regia di Ario Avecone, autore anche del libretto insieme a Manuela Scotto Pagliara e delle musiche in collaborazione con Simone Martino: “Una storia tutta nuova, ispirata all’opera di Bram Stoker, ma dal sapore moderno, con un allestimento tecnico e scenografico innovativo e spettacolare e una trama dai mille colpi di scena, dove il tempo e l’amore sono i veri protagonisti. Uno spaccato della nostra società in una storia ricca di musica, azione e passione“
Nei panni del conte Vlad Tepes, Giorgio Adamo, in quelli del prof. Van Helsing, Christian Ginepro, e Mina Murray è Arianna Bergamaschi. Con loro in scena anche Beatrice Baldaccini, Marco Stabile, Antonio Melissa, Valentina Naselli, Paolo Gatti, Jacopo Siccardi, Dario Guidi. Canzoni originali, luci ed effetti speciali a rendere un’esperienza immersiva lo show di un’ora e 40 minuti, molto applaudito dal numeroso pubblico in sala.
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La nostra intervista con il regista e sceneggiatore, Ario Avecone.
Ieri sera è andato in scena il debutto, quali vibrazioni si sono respirate in sala?
Ha partecipato moltissima gente, sono rimasto davvero entusiasta. Quest’anno la risposta è stata notevole. L’attenzione che il pubblico in sala ha riservato allo spettacolo è stata straordinaria, anche perché l’opera si presta a tenere gli spettatori emotivamente coinvolti e con gli occhi incollati al palco. Reazioni ultra positive, niente da dire.
Come si può modernizzare una storia della quale è stato detto e scritto di tutto? Da quale idea o spunto lei e Manuela Scotto Pagliara siete partiti per scrivere la sceneggiatura?
Si parte dal concetto che ogni storia racconta una linea primaria, come il riferimento che tutti conoscono nella storia di Stoker. Ma spesso, anche nei sottotesti e nelle pagine più nascoste si celano riferimenti che non vengono colti in una prima lettura. Abbiamo quindi cercato spunti diversi da cui attingere per modernizzare e, perché no, anche togliere l’immagine stereotipata di Dracula della quale se n’è parlato in tutte le salse. Con Manuela volevamo cambiare e abbiamo cercato una linea steampunk, industriale, sicuramente diversa rispetto ai canoni standard cui Vlad ci ha abituati. Volevamo parlare di qualcosa della nostra vita, della nostra esistenza attuale. Un mondo disegnato in maniera diversa, oculata, nel tentativo di ispirare anche divertimento tra il pubblico che, comunque, si pone degli interrogativi.
Lei ha dichiarato che la storia, così tratteggiata, è uno spaccato della nostra società. Cosa c’è di contemporaneo in questo musical? C’è qualche evento che ha contribuito a ispirarla?
Si, certo. Diciamo che è tutto contemporaneo perché si tratta di uno spettacolo che parla dell’oggi e non del fine ‘800 da cui partiamo. La seconda industrializzazione ha cambiato il mondo, lo sappiamo bene, però raccontiamo la società che viviamo adesso, ciò che le persone ora incontrano, quale è il rapporto tra loro e il tempo che li domina. Il messaggio secondo me fondamentale è : godete, sfruttate il vostro tempo, non lasciate che siano altre persone ad assorbire il vostro. C’è anche un messaggio ecologico, poi, come lo sfruttamento del tempo, delle risorse, delle nostre vite. In effetti parliamo di questi uomini e donne che definiscono i personaggi, sempre ben delineati, come spesso accade nelle serie Netflix moderne. Ognuno di loro vive una sorta di prigione personale, chi ha perso una donna non per colpe non proprie, chi resta imprigionato nella voglia di raggiungere obiettivi e non ci riesce, oppure cede a fattori esterni che caratterizzano le nostre esistenze e sono da noi indipendenti. Si tratta di un musical tratteggiato da una caratterizzazione cinematografica: è stato scritto così, partendo da questo amore che trascendo tempo e spazio, e poi ci sono moltissimi riferimenti alla cinematografia recente o più datata. Ma anche delle citazioni musicali, direi. Volevamo scrivere una cosa diversa.
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Nel Dracula di Bram Stoker il protagonista è l’incarnazione del male ma nel suo musical ampio spazio è riservato all’amore: è stato difficile far coesistere queste due diverse rappresentazioni dell’animo umano?
In realtà no. Nel corso degli anni, e delle varie rappresentazioni e trasposizioni, dalla scrittura originale di Stoker molto è cambiato. Nel film di Coppola, ad esempio, il personaggio è stato ammorbidito e dal mostro che fu all’epoca – pensiamo al Nosferatu – è finito per diventare un essere alla ricerca dell’amore. Abbiamo cercato di compiere un ulteriore passo avanti per renderlo più umano nella sua dimensione terrena e soprannaturale. Il dualismo fra bene e male non fa capire dove finisce l’uno e inizia l’altro, ci sono questi dubbi che restano fino all’ultimo, quasi fosse un thriller movie. Abbiamo spinto su questa chiave di lettura dove l’amore la fa da padrona ma, e non è di poco conto, c’è anche spazio per altre domande importanti.
Davvero pregevole il lavoro della costumista Myriam Somma, i cui abiti di scena attingono dall’età vittoriana e dalla moda steampunk, così come notevoli sono le musiche da lei composte in collaborazione con Simone Martino e Manuela Scotto Pagliara: possiamo affermare che questi due elementi rappresentano il valore aggiunto di questa produzione?
Si, sono assolutamente d’accordo. Specifico che ci sono canzoni originali, scritte da me, Martino e Pagliara, e poi c’è una colonna sonora, sempre composta da me, che segue lo spettacolo dal primo all’ultimo momento, come un filo conduttore che tiene incollato lo spettatore alle scene che si succedono ed a cui assiste. Questo è un aspetto innovativo, rappresenta un continuum di una musica che accompagna in ogni momento gli attori e le attrici. Abbiamo integrato l’idea di colonna sonora cinematografica con quella teatrale.
C’è ancora spazio per rinnovare il concetto di musical, secondo lei? Si può innovare?
Secondo me si, tantissimo. il concetto di musical è diventato molto classico, tradizionale e standardizzato, ma c’è spazio per una nuova veste, molto più vicina a ciò che viviamo: nei dialoghi, nei tempi, nelle scenografie e in ciò che attinge dall’attualità. In “Vlad.Dracula” c’è l’asset classico dei musical, ma anche ologrammi e forme di media contemporanee. C’è un impatto visivo moderno che sta riscuotendo successo soprattutto tra i giovani e questa, non posso negarlo, è una grande soddisfazione. Il teatro, di base, deve essere ricerca, ma bisogna anche avere il coraggio di osare. Fare ricerca e portare i giovani al teatro, poi, vale certamente doppio.
Riguardo il suo modo di lavorare: durante la scrittura della sceneggiatura, qual è l’approccio all’opera che porterà poi in scena?
Ritengo che la bellezza della scrittura, al pari di quella nel mettere in scena uno spettacolo, nasca dalla necessità di creare qualcosa di nuovo, pur prendendo spunto da storie già viste o racconti letterari ampiamente conosciuti. Da una scintilla si può sviluppare una novità, anche perché, riproporre pedissequamente una trasposizione vicina all’originale, non penso sia una buona soluzione. Rischia di essere deludente, per chi lo vede e chi la realizza, senza contare i continui e inevitabili paragoni che rischia di generare. Preferisco lavorare partendo da un’idea e, successivamente, tendo a svilupparla cercando di renderla quanto più personale possibile.
Quale, tra le numerosi trasposizioni cinematografiche, televisive o teatrali della celebre opera di Stoker, è da considerarsi la sua preferita?
Resto, senza dubbio, affezionato all’opera di Coppola, anche se in questo musical ci discostiamo moltissimo da essa (ride). Il suo film ha proiettato una visione diversa del personaggio descritto nel libro ed ha messo insieme qualcosa di nuovo. E difatti, da lì in avanti, stiamo tutti vivendo sulla sua scia di ciò che il regista ha creato.
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