[L’intervista] “4 giugno 1944” di Alfio Di Battista: “C’è ancora estremo bisogno di raccontare queste storie”
Capistrello (AQ) – Uscirà il 10 giugno il libro “4 giugno 1944 – Le voci spezzate dei martiri di Capistrello”, scritto da Alfio Di Battista per la casa editrice Radici Edizioni.
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Una data di uscita non casuale poiché segna i 100 anni dall’assassinio di Giacomo Matteotti, avvenuto il 10 giugno del 1924 per mano fascista su preciso ordine di Mussolini. Dall’assassinio di Matteotti alla strage dei martiri di Capistrello: 1924 – 1944 si snoda l’arco temporale del nefasto ventennio fascista che segnerà in maniera ineluttabile le sorti del Paese consegnandolo a una brutale dittatura fondata sulla violenza e sulla repressione delle voci contrarie al regime.
Lo stesso arco temporale che porterà ai tragici eventi che 80 anni fa videro il paese marsicano di Capistrello diventare luogo dell’eccidio di trentatré civili innocenti, trucidati dalla furia omicida dei soldati tedeschi in ritirata.
Con “4 Giugno 1944”, Alfio Di Battista è alla sua terza pubblicazione, dopo il romanzo intimista uscito
nel 2017 in self publishing col titolo “Il Confine invisibile” e il giallo politico “Onorevoli ipocrisie“,
pubblicato nel 2020 dalla casa editrice Oakmond Publishing.
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Abbiamo approfondito l’argomento con l’autore.
L’intervista
Il libro “4 giugno 1944” è parte di un più ampio progetto: qual è stata la sua genesi?
L’idea inizia a farsi spazio fra i miei pensieri quattro, cinque anni fa. Nelle celebrazioni istituzionali a cui ho spesso preso parte, sia da cittadino ma anche da amministratore, quando ho svolto quel ruolo, ho visto sempre una grande partecipazione di persone. Ma allo stesso tempo, non di rado, mi è capitato di avvertire la sensazione che mancasse qualcosa per chiudere il cerchio del ricordo.
Come mai ha sentito il bisogno di raccontare questa storia?
Quando poco più che ragazzo ho preso coscienza dell’enormità di quello che era accaduto a Capistrello, spinto dalla curiosità, ho avuto l’esigenza di capirne di più. E così ho letto i saggi di Antonio Rosini, “Giustizia negata” e “Otto mesi di ferro e fuoco”. Rosini in quella strage perse il papà e lo zio. Ho avuto la fortuna di parlarci, a Capistrello, durante qualche ricorrenza del 25 aprile o del 4 giugno, perché lui era sempre presente in quelle occasioni. Ho letto gli scritti di Romolo Liberale e la sua “Ode ai 33 Martiri di Capistrello” e poi il libro di Franco Giustolisi, “L’armadio della vergogna”. Insomma, tanto di quel materiale che mi ha reso più consapevole della tragedia che si era consumata nel mio paese. Da lì, l’idea di ricavarne una storia è stata la naturale conseguenza.
Nel libro il triste episodio viene narrato dal punto di vista dei morti ammazzati: perché ha optato per questa scelta?
Perché mi ha sempre affascinato “Antologia di Spoon River” di Edgar Lee Masters, pubblicata negli Stati Uniti fra la fine del 1914 e i primi mesi del 1915, proprio nel periodo in cui la Marsica veniva rasa al suolo dal terribile terremoto. Masters scrive una raccolta di poesie, come fossero degli epitaffi riguardanti la vita degli abitanti di un piccolo villaggio dell’Illinois che sorge sulle rive dell’omonimo fiume, Spoon River appunto. I personaggi descritti da Masters erano esistiti sul serio, erano stati suoi concittadini, ma essendo ormai morti, potevano raccontare le loro vite nella più totale sincerità, disvelando segreti e mettendo in luce verità inconfessabili.
Quali fonti ha utilizzato, in special modo per ricostruire il punto di vista delle singole vittime?
Le fonti da cui ho attinto sono quelle a cui ho fatto riferimento, ma ricostruire i punti di vista delle vittime non è stato semplice. Si è trattato per lo più del tentativo di immedesimarsi nei loro panni, cercando di immaginare quali sensazioni possano attraversare un essere umano a pochi minuti dalla propria fine, perfettamente cosciente di essere un condannato a morte. Non so se ci sono riuscito, questo lo stabiliranno i lettori.
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Tra le singole storie ce n’è una che l’ha colpita maggiormente?
Si, quella di Giuseppe Forsinetti, un ragazzino di 13 anni che per un gioco del caso si ritrovò coinvolto in quella vicenda. Non a caso è lui il protagonista principale della storia. È proprio lui che apre e chiude il racconto di quel giorno nefasto. Aggiungo che il giovane attore che lo interpreta, Emanuele Bracone, di Avezzano (AQ), mette in scena una performance strepitosa. Non è un caso che abbia al suo attivo importanti partecipazioni in serie tv trasmesse su Netflix con attori del calibro di Alessandro Borghi.
Da questa storia verrà tratto uno spettacolo teatrale: cosa può anticiparci?
La trasposizione teatrale del testo è stata una gran bella esperienza che ho condiviso con il regista Francesco Frezzini e tutti gli attori dell’Associazione Proteo di Avezzano, che è la compagnia che porterà in scena la pièce il prossimo 22 giugno a Capistrello. Sono stati 5 mesi intensi di prove, di taglia e cuci, di ricerca della giusta misura per rappresentare le emozioni che inevitabilmente suscita la visione dell’opera. A tal proposito ringrazio tutte le persone che a vario titolo stanno collaborando per garantire la buona riuscita dello spettacolo, a partire dall’associazione Amici dell’Emissario, di cui faccio parte. Sono stati loro i primi a credere nel progetto e i più convinti nel portarlo avanti. In questi mesi ho avuto modo di vedere quanto lavoro c’è dietro le quinte, nella preparazione di uno spettacolo. Dagli attori, tutti fantastici, alle scenografie, passando per le musiche originali del maestro Simone Sangiacomo e gli effetti speciali del service, i tecnici, la fotografia, gli assistenti di scena e poi ancora gli Amici dell’Emissario, trasformati nella circostanza in produttori di uno spettacolo teatrale. Insomma, tanta roba!
Cosa può dirci invece circa la presentazione del libro?
La prima presentazione del libro si farà a Capistrello il 16 giugno. Nella circostanza, oltre al sottoscritto sarà presente l’editore, Gianluca Salustri, di Radici Edizioni, ci sarà il giornalista Primo Di Nicola, il presidente dell’A.N.P.I. Giovanni D’Amico e due persone speciali, che hanno curato la prefazione e la postfazione del libro. Si tratta di Claudio Rosini, nipote di Loreto Rosini, uno dei 33 martiri, e di Angelo Fracassi, pronipote di Piero Masci, il ragazzo di Capistrello trucidato dai tedeschi la notte del 19 marzo del 1944 il cui ricordo avrà uno spazio molto suggestivo nella rappresentazione teatrale.
Nel 2024 quanto abbiamo ancora bisogno di raccontare storie come questa?
Domanda tosta! Basta guardare i telegiornali per rendersi conto che c’è ancora estremo bisogno di raccontare queste storie. Infatti senza voler spoilerare nulla, posso però dire che sia nel libro che in una delle scene rappresentate nello spettacolo, si parlerà del senso della guerra, o meglio del suo non senso. Ci sarà un dialogo molto serrato, intenso, che spero faccia emergere una riflessione anche sui tempi che viviamo oggi e sul pericolo che i conflitti in corso in Ucraina e in Medio Oriente possano sfuggire di mano alle diplomazie, gettando di nuovo il mondo dentro una spirale bellica di proporzioni inenarrabili. Mobilitare l’opinione pubblica contro la guerra, senza se e senza ma, forse è il compito più importante a cui è chiamata la mia generazione, se non altro come forma di gratitudine verso coloro che hanno versato il sangue per garantirci la pace. Per questo è necessario mantenere vivo il ricordo dei nostri martiri.