Lilibeo, “splendidissima civitas”. Alla scoperta dell’antica Marsala.
Nell’anno 397 a.C., la città di Mozia, sulla moderna isola di San Pantaleo, nella laguna dello Stagnone di Marsala, fu distrutta da Dionisio I, tiranno di Siracusa. I pochi superstiti fuggirono e si rifugiarono sulla vicina costa della Sicilia occidentale. Qui fondarono una città, che chiamarono Lilibeo.
La Sicilia è da sempre crocevia di popoli, un vero e proprio melting pot, meraviglioso sfondo per le migrazioni di greci, fenici, punici, che più di 2000 anni fa incrociavano le rotte delle loro navi con gli itinerari delle popolazioni indigene: gli elimi, i siculi, i sicani. E ancora i romani, i normanni, gli arabi, gli inglesi. Una storia infinita di popoli che si incontrano e si uniscono ma che contemporaneamente si combattono e scompaiono. Così, in questo ciclo infinito di città che sorgono e poi crollano, la grande città di Mozia, un tempo sede di un porto centrale e ricchissimo del Mediterraneo, che aveva visto approdare sulle sue sponde prima i Fenici, Punici, cade sotto l’assedio di Dioniso I di Siracusa. Saranno proprio gli esuli punici (ovvero cartaginesi) a fondare dove oggi sorge la città di Marsala, la potente Lilýbaion “che guarda la Libia”.
Un nuovo insediamento fortificato, destinato a diventare il centro del sistema di difesa dei territori Cartaginesi. Il Capo, su cui la città si sviluppava, Capo Lilibeo, era ricchissimo di sorgenti che permettevano un costante rifornimento idrico e rendevano fertile la terra. Questo, unito a una conformazione particolarissima del sottosuolo, tutto in roccia calcarea, che consentiva la costruzione di solide mura e fortificazioni, fecero di Lilibeo un sito quasi inespugnabile.
La necropoli dell’antica Lilibeo
Costruita in due “blocchi” principali, l’antico avamposto punico si componeva di un centro abitato, fatto di quartieri residenziali, mercati e porti, delimitato da poderose mura ciclopiche dotate di enormi bastioni e profonde gallerie (che permettevano ai soldati di sorvegliare il perimetro e utili anche in caso di evacuazioni). Al di sotto delle mura era scavato un grande fossato, un’ulteriore linea difensiva della città. Oltre il fossato, nella parte a nord dell’abitato, fu scavata nell’arenaria una necropoli estesissima: la più grande necropoli punica di tutto il Mediterraneo.
Proprio la necropoli di Lilibeo ci ha regalato infinite informazioni sugli abitanti dell’antico centro: le abitudini, il ceto sociale, le credenze religiose, l’alimentazione, le patologie. Oltre ai morti, le tombe hanno restituito negli anni preziosi tesori come gioielli, armi e vasi. Ancora oggi il cimitero di Lilibeo ci parla, proprio negli ultimi lavori per la costruzione della nuova rete fognante nel centro di Marsala (2020/21) sono stati scoperti nuovi lembi dell’antica necropoli.
In via De Gasperi, sono state rinvenute 72 tombe a pozzo e a fossa rettangolare ricavate nel banco roccioso in calcarenite pertinenti alla necropoli punica di IV-III secolo a.C. Nonostante in alcuni tratti parte delle sepolture presentasse segni di danneggiamenti e rasature dovuti alle attività edilizie svolte in epoca modere, molte delle tombe hanno conservato al loro interno resti di corredo ed inumati. Sono stati inoltre rinvenuti, disposti in aree della necropoli apparentemente dedicate alle sepolture monumentali, ben 13 ipogei (ambienti sotterranei). L’annuncio veniva dato dalla stessa Soprintendenza dei Beni Culturali di Trapani il 18 febbraio 2021.
L’arrivo dei romani
La città fu perno della controffensiva cartaginese durante tutto il periodo delle guerre tra Cartagine e Siracusa (VI sec. a.C.). Siracusa si avvalse addirittura dell’aiuto di re Pirro che, intorno al 277 a.C., espugnò tutti gli avamposti punici non riuscendo però a far cadere Lilibeo. Dopo due mesi di assedio Pirro si ritira, la resistenza dei punici permise di arginare definitivamente i progetti di conquista in terra italica dell’epirota. Sopportò un lungo assedio anche durate la prima guerra punica e divenne definitivo dominio romano nel 241 a.C. Quando Cicerone divenne questore in Sicilia (76-75 a.C.) la città era una delle più floride del Mediterraneo, tanto che molti romani decisero di trasferirsi qui, il caldo e lo splendido mare infatti, erano attrazione per i nostri antenati come lo sono oggi per noi.
Anche in questo caso, oltre agli scavi dell’abitato, è la necropoli a fornirci le testimonianze più note della presenza romana a Lilibeo. L’esempio più famoso è sicuramente quello dell’ipogeo di Crispia Salvia, risalente al II sec. d.c., che venne dedicato a Crispia Salvia dal marito Iulius Demetrius. La camera sotterranea è riccamente decorata con affreschi e iscrizioni che la rendono una delle attrazioni più interessanti della città. Come non ricordare poi, che sotto la chiesa di San Giovanni al Boeo a si trova la cosiddetta “Grotta della Sibilla”, che la tradizione collega quale sepolcro o dimora alla Sibilla Cumana detta anche Sibilla Sicula o Sibilla Lillybetana. La tradizione tramanda che la grotta fosse una delle dimore dove la Sibilla Cumana, la sacerdotessa oracolo del dio Apollo, avesse esercitato la sua attività oracolare, e che fosse stato anche il suo sepolcro.
Diodoro Siculo ne dà per primo la notizia nella sua “Biblioteca storica”. Racconta che lo stesso Annibale poco prima di assediare Selinunte, avesse fatto visitta alla grotta: “… Annibale cartaginese portava le sue truppe sul promontorio di fronte la Libia e poneva l’accampamento accanto a quel pozzo chiamato Lilibeo…”.
Passando attraverso il medioevo e la barbara devastazione che la città subì per mano dei Vandali di Genserico (440 d.C), incrociando gli arabi che diedero il nome moderno della città: Marsala, Marsa-Allah=porto di Dio, o secondo un’altra origine Marsa-Alì=porto di Alì, arriviamo a un giorno qualunque di fine ‘700, quando un inglese, John Woodhouse decise di commerciare in patria l’ottimo vino che aveva assaggiato sulle terre della Sicilia occidentale. Per evitare che il trasporto in nave deteriorasse il prodotto, decise di addizionare il vino con l’acquavite. A seguito di quella che noi poveri oggi chiameremmo “botta de… colpo di fortuna”, durante il viaggio, a causa delle onde, l’alcol e il vino si mescolarono creando il famosissimo vino liquoroso Marsala. Oltre ai Woodhouse, molti altri inglesi iniziarono a commercializzare e a produrre Marsala. Benjamin Ingham, che portò la miscela dorata fino agli Stati Uniti e soprattutto suo nipote, Joseph Whitaker, che finì con l’acquistare l’isola di Mozia scoprendo per primo e restituendo al mondo i resti dell’antica e gloriosa colonia fenicia. Così il cerchio si chiude e il ciclo ricomincia, tutto il resto è storia.
In copertina: Lucerne rinvenute durate gli scavi di via De Gasperi a Marsala. Ph: Dottori Sharon Sabatini e Sebastiano Muratore, archeologi responsabili dello scavo.