Le tre Pietà di Michelangelo si incontrano per la prima volta a Firenze
Prende avvio oggi, presso l’Opera del Duomo di Firenze, la mostra “Le tre Pietà di Michelangelo. Non vi si pensa quanto sangue costa”. Un evento eccezionale che vede protagonisti tre capolavori di Michelangelo Buonarroti: la Pietà Bandini e i calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini.
Un dialogo inedito tra le tre pietà michelangiolesche
In occasione dell’incontro “Mediterraneo frontiera di pace 2022”, che vedrà riunirsi i Vescovi e i Sindaci del Mediterraneo a Firenze, l’Opera del Duomo espone nella rinomata “Tribuna di Michelangelo” le tre Pietà michelangiolesche.
Dal 24 Febbraio al primo agosto 2022 la Pietà Bandini, da poco restaurata, viene esposta per la prima volta insieme ai calchi della Pietà Vaticana e della Pietà Rondanini in una mostra straordinaria a cura di Barbara Jatta, Sergio Risaliti, Claudio Salsi e Timothy Verdon.
Il titolo “Le tre Pietà di Michelangelo. Non vi si pensa quanto sangue costa” prende ispirazione da un verso del Paradiso dantesco che il Buonarroti vergò su un disegno della Pietà donato alla marchesa Vittoria Colonna e introduce un excursus sulla parabola del grande artista della durata di oltre 50 anni, precisamente dal 1498 al 1553.
Il tema della Pietà, tanto caro a Michelangelo, scandisce la formazione del genio toscano, dalla prima giovinezza a quando, ormai vecchio, realizza la Pietà Rondanini, un vero e proprio testamento artistico.
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La Pietà Vaticana
Oltre ad essere la più famosa tra il grande pubblico, la celebre Pietà Vaticana fu la prima ad essere scolpita in ordine cronologico. Nel 1498, appena due anni prima della celebrazione del Giubileo, Il ventitreenne Michelangelo, ricevette dal cardinale Jean Bilhères de Lagraulas l’incarico di realizzare “una Vergine Maria vestita con Cristo morto, nudo in braccio”.
L’iconografia della Pietà, con la Madonna che culla il figlio morto, non era nuova, perché risale all’età gotica. Michelangelo, tuttavia, immaginò questo soggetto con una inedita declinazione di stampo classicista. L’opera mostra una bella e giovanissima Vergine, seduta su una roccia (che allude al Calvario) mentre tiene sulle ginocchia Gesù esanime: un corpo questo, perfettamente levigato, appena segnato dalle piaghe del supplizio.
La perfezione del gruppo scultoreo suscitò stupore e ammirazione tra i contemporanei, ma anche qualche critica da parte di chi riteneva troppo fanciulleschi i tratti della Vergine. Le polemiche tuttavia non tenevano conto di una precisa scelta stilistica: l’età quasi coeva tra Maria e il Cristo rimanda al mistero divino e sottrae l’eccezionale concepimento alle leggi terrene per restituirlo alla sfera del Sacro.
Inizialmente collocata nella cappella di Santa Petronilla, l’opera fu poi spostata in San Pietro, a destra della navata, dove la si può ammirare ancora oggi.
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La Pietà Bandini
Michelangelo iniziò a lavorare alla Pietà Bandini nel 1547 considerandola un monumento funerario per la propria tomba.
L’abbozzo del gruppo scultoreo rappresenta il corpo di Cristo, appena deposto dalla croce, sorretto da tre figure: alla sua destra la Maddalena, al centro Nicodemo – al quale l’artista ha prestato il proprio volto e a sinistra la Vergine.
All’incompiutezza dell’opera, il Maestro aggiunse anche notevoli danni nel 1555 quando prese la statua a martellate. Un gesto disperato compiuto essenzialmente per tre ragioni: la durezza e le impurità del blocco di marmo, il perfezionismo ossessivo e l’insistenza di un servitore che lo incitava a finire l’opera. A subire le conseguenze dell’aggressione furono la gamba sinistra e le braccia di Cristo. Fu il Calcagni, un suo allievo, a sistemare la statua e a fare da mediatore per la vendita a Francesco Bandini.
Nella seconda metà del XV secolo venne trasferita nella cripta medicea di San Lorenzo, mentre a partire dal 1722 trova la sua collocazione nella cattedrale di Santa Maria del Fiore.
Dal 1981 la si può contemplare nel Museo dell’Opera del Duomo di Firenze.
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La Pietà Rondanini
Ultima opera, non finita, di Michelangelo, la Pietà Rondanini è testamento e meditazione dell’artista sulla morte e la salvezza dell’anima.
Iniziata nel 1552 circa, il Maestro la rielabora negli ultimi anni della sua vita, sino alla vigilia della sua morte (1564), dove modificò a più riprese la postura delle figure: le teste, le braccia e la posizione del corpo di Cristo.
Dalla prima impostazione (1552-1553), della quale è visibile il braccio destro distaccato di Cristo, le sue gambe e piccole tracce del volto della Vergine, l’artista modificò il gruppo (1554-1564), ricavando la figura di Gesù dal corpo di Maria e la testa di quest’ultima assume la medesima posizione di quella del Figlio. Tale originale schema compositivo simboleggia con ineguagliabile lirismo l’intrecciarsi di più momenti della vicenda di Cristo: deposizione dalla Croce, seppellimento e poi Resurrezione nel dissolvimento del corpo del Messia nell’abbraccio materno.
Il nome dell’opera deriva dal Palazzo Rondanini di Roma, che l’ha ospitata nel suo cortile sino a pochi decenni fa. Ora la statua si trova nel Museo del Castello Sforzesco a Milano, allestito nell’antico Ospedale Spagnolo nel Cortile delle Armi.
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Si prevede che in autunno la mostra traslocherà a Milano nella Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale, con la Pietà Rondanini in originale e le altre due sostituite dai loro calchi in gesso.