La Turandot al Teatro dei Marsi: sei minuti di applausi ininterrotti
Grande successo per il quinto appuntamento della stagione musicale 2023/24 del Teatro dei Marsi di Avezzano (Aq) con l’opera lirica Turandot.
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Sabato 2 dicembre il Teatro dei Marsi ha ospitato per la prima volta la celebre opera di Giacomo Puccini in versione integrale, con orchestra, coro, cast lirico, scene e costumi.
Su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, il dramma lirico di Puccini – rappresentato per la prima volta al Teatro alla Scala di Milano il 26 aprile 1926 – è suddiviso in tre atti e cinque quadri.
Di fronte agli oltre 700 spettatori di ieri sera il libretto proiettato per avere la possibilità di seguire il testo e l’Orchestra Sinfonica delle Terre Verdiane diretta dal Maestro Stefano Giaroli.
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Con una durata di circa 150 minuti, la Turandot ha suscitato ben sei minuti di applausi ininterrotti.
Il cast
A vestire gli scintillanti panni (e l’impegnativa corona ricca di pendenti luminosi) di Turandot è il soprano Renata Campanella: non solo con la talentuosa voce, ma anche con un’impeccabile mimica ci offre varie sfaccettature della Principessa che vediamo farsi beffe di tutti nella sua regalità, protetta dal suo lungo mantello, e poi farsi piccola e tremare nel suo abito bianco di fronte al suo più grande terrore.
A conquistarne il cuore è il Principe Calaf interpretato dal tenore Diego Visconti, i cui abiti (e le lunghe treccine scure raccolte in una coda di cavallo) ricordano più quelli di un condottiero o di un eroe piuttosto che quelli di un ricco ereditiere. Un eroe pronto a tutto pur di conquistare la Principessa di cui si innamora, scaltro e coraggioso, disposto a rinunciare a tutto sul punto di vincere in nome del vero amore.
Amore che inizialmente non riconosce nella piccola Liù dai capelli rossi. La giovane e devota serva interpretata dal soprano Scilla Cristiano è la vera eroina melodrammatica dell’opera di Puccini.
Al loro fianco il Coro dell’Opera di Parma (completo di voci bianche) e altri personaggi: Massimiliano Catellani è Timur, padre del Principe, mentre Imanol Laura è l’Imperatore Altoum, padre di Turandot; Marzio Giossi, Saverio Bambi e Eduardo Hurtado Rampoldi sono rispettivamente i tre Ministri del Boia Ping, Pang e Pong; il Mandarino è invece interpretato da Juluisz Loranzi.
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La trama
Atto I
A Pechino al tempo delle favole, vive la bellissima Turandot, figlia dell’Imperatore Altoum. Molti principi arrivano da ogni parte del mondo per chiedere la sua mano ma la principessa non intende sposare nessuno: ognuno dei suoi pretendenti è sottoposto ad una terribile prova (la risoluzione di tre difficili indovinelli), pena la decapitazione.
Anche il principe di Persia ha fallito e il Mandarino ne annuncia l’imminente esecuzione. Tra la folla che chiede la grazia, c’è anche Timur, anziano re dei Tartari costretto all’esilio e la sua fedele serva Liù. Nel tumulto il re cade a terra e a soccorrerlo arriva il Principe suo figlio, anch’egli fuggitivo dal paese d’origine, in incognito per non destare sospetti. Timur abbraccia il figlio e gli spiega che è stata Liù ad aiutarla: il Principe chiede alla serva il perché di questo rischio e lei risponde “Perché tu un giorno mi hai sorriso”.
La folla aizza i servi del boia che affilano le lame (Gira la cote!) e invoca l’apparire della luna (Perché tarda la luna?), mentre i giovani intonano Là sui Monti dell’est. Non appena vede la Principessa Turandot – che con un gesto inequivocabile, ordina sia tagliata la testa all’ennesimo malcapitato – il Principe se ne innamora. A nulla servono le suppliche del padre, ormai ha deciso: chiederà la mano dell’algida Turandot. I tre ministri del boia Ping, Pong e Pang provano a dissuaderlo ma è inutile. Liù cerca un’ultima volta di convincerlo (Signore, ascolta!): il principe è commosso ma rimane fermo nella sua decisione e le raccomanda di prendersi cura del padre (Non piangere, Liù!).
Atto II
Ping, Pong e Pang si chiedono se il Principe, il ventisettesimo fino ad ora, riuscirà a rispondere agli indovinelli di Turandot. Alla cerimonia il Principe si presenta pronto a risolvere gli enigmi. Turandot spiega il motivo della sua scelta: rievoca il ricordo di una sua antenata uccisa da un principe straniero di cui si era innamorata. Perciò adesso lei si vendica sui principi che vengono a chiedere la sua mano. La principessa recita i tre enigmi e con sua grande sorpresa lo straniero dà le risposte esatte (la Speranza, il Sangue e la stessa Turandot).
Nel pieno dello sgomento, l’insolenza e la sicurezza della principessa lasciano il posto al terrore. Turandot si rivolge invano a suo padre l’imperatore. Il principe, da parte sua, non vuole obbligarla ad un’unione che chiaramente la rende infelice, ma desidera il suo amore: le chiede di indovinare quale sia il suo nome entro l’alba, se ci riuscirà allora potrà mandarlo a morte. “Dimmi il mio nome e all’alba morirò.“
Atto III
Seduto da solo su dei gradini, il Principe ascolta gli ordini di Turandot enunciati dal Coro fuori scena: ordina che nessuno dorma quella notte per scoprire il nome dello straniero, pena vendetta sul popolo. Questo è il momento più atteso del capolavoro pucciniano: il Principe intona l’aria del Nessun dorma, in attesa dell’alba fiducioso che alla fine il suo amore vincerà.
Tutti cercano di convincere lo straniero ad andare via timorosi della vendetta della Principessa, offrendogli le più svariate ricchezze, mentre le guardie portano Timur e Liù al cospetto della corte. La piccola Liù si sacrifica dichiarando di essere la sola a conoscere il nome del Principe e non cede alle torture. Meravigliata, Turandot le chiede dove trovi quella forza: Liù le risponde che le viene dall’amore (Tanto amore, segreto e inconfessato) e che presto arderà della stessa fiamma (Tu, che di gel sei cinta) prima di trafiggersi con un pugnale per preservare la vita del suo amore e permettergli di amare.
La sua morte sconvolge tutti e mentre il suo piccolo corpo viene portato via, Turandot e il Principe restano soli. Il Principe la affronta con fermezza (Principessa di morte, Principessa di gelo!), ma anche con tutta la forza del suo amore. Turandot lo respinge ma non riesce ad evitare il suo bacio. Il Principe le toglie il mantello per vederla risplendere nel suo abito e la dura Principessa si rivela piccola e fragile, terrorizzata dal fascino e dal sentimento che sente nascere e soprattutto di essere tradita poi come la sua antenata.
“C’era negli occhi tuoi la luce degli eroi. C’era nei tuoi occhi la superba certezza. E t’ho odiato per quella e per quella t’ho amato.” – canta la Principessa spaventata. Nel vederla così, il Principe la ricopre e le rivela il suo nome, Calaf: ora potrà essere libera. E la Principessa, come una bambina sollevata, torna ad assumere la sua aria trionfante ed insolente, di sfida.
Davanti all’Imperatore suo padre e a tutto il suo popolo, Turandot dichiara di conoscere il nome dello straniero: “Il suo nome è… Amor!“. Turandot sorride in attesa di essere raggiunta da Calaf e in un gesto liberatorio si toglie il mantello da sé. La folla acclama festosa, mentre Turandot e Calaf si abbracciano.
Foto: Teatro dei Marsi Musica