“La Strada”, il capolavoro senza tempo di Federico Fellini
Ha “solo” 70 anni, ma “La Strada”, il capolavoro di Federico Fellini, continua ad impartirci una lezione di vita importante.
Uomo di natura violenta, Zampanò (Anthony Quinn) si esibisce nelle piazze e nelle fiere di paese come mangiatore di fuoco. Da una povera contadina carica di figli compra per diecimila lire Gelsomina (Giulietta Masina), una ragazza ingenua e ignorante, per usarla come spalla nei suoi spettacoli. Diventata a forza la sua amante, Gelsomina, creatura sensibile, tenta invano di fuggire da lui che la maltratta continuamente. Finiti in un circo, Gelsomina conosce il Matto (Richard Basehart), strana figura di equilibrista girovago mite e gentile che non perde occasione per deridere e umiliare Zampanò. Questi in un litigio involontariamente lo uccide. La tragedia fa uscire del tutto di senno Gelsomina, turbata giorno e notte dal ricordo del Matto. Zampanò allora l’abbandona, continuando la sua vita di vagabondo e temendo di essere scoperto e arrestato. Alcuni anni dopo scopre per caso che Gelsomina è morta e improvvisamente prende coscienza della sua solitudine, abbandonato da tutti piange su una spiaggia deserta.
“Tutto serve a qualcosa, nell’universo. Anche un sassolino”
(Il Matto)
Federico Fellini nel 1954 regalò all’Italia una vera e propria favola che lo fece conoscere in tutto il mondo e vinse il Premio Oscar nel 1957 come “Miglior film in lingua straniera”. Inizialmente non fu semplice trovare dei produttori che fossero disposti a finanziare la pellicola. L’idea risaliva già al periodo de “Lo Sceicco Bianco” con Alberto Sordi. Tullio Pinelli incontrò per strada una coppia di girovaghi e pensò che sarebbe stato interessante tirare giù una storia con dei protagonisti simili. Lo propose a Fellini che ebbe l’idea di inserire anche il mondo dei circhi, molto caro al regista romagnolo. Strutturarono il film e ne parlarono anche con Ennio Flaiano, che non a caso curò i dialoghi, anche se all’inizio non fu molto convinto.
Scarso appeal commerciale, così venne definita la pellicola dai maggiori produttori. Ci si concentrò allora su “I Vitelloni”.
Alla fine arrivò Dino De Laurentis, che impose al regista come protagonista femminile sua moglie Silvana Mangano. Fellini stracciò il contratto e, a quel punto, il produttore accettò di scritturare Giulietta Masina, moglie del cineasta, nelle vesti di Gelsomina.
“Credo che il film l’ho fatto perché mi sono innamorato di quella bambina-vecchina un po’ matta e un po’ santa, di quell’arruffato, buffo, sgraziato e tenerissimo clown che ho chiamato Gelsomina e che ancora oggi riesce a farmi ingobbire di malinconia quando sento il motivo della sua tromba”.
(Federico Fellini, Fare un film, Einaudi, Torino, 1980, p. 60)
Il film fu girato tra il 1953 e il 1954 nell’Italia centrale, in particolare nel Lazio e in Abruzzo. Molte scene furono riprese tra Fiumicino, Roma e la provincia di Viterbo. La troupe raggiunse anche il freddo delle montagne abruzzesi, arrivando nel comune di Rocca di Mezzo, nel cuore del Parco Sirente Velino, dove fu girata la scena in cui Gelsomina iniziava a mostrare i primi segni di cedimento dopo la morte del Matto.
Un lungometraggio sulla purezza d’animo, sulla semplicità, sull’innocenza e sulla cattiveria che prendono vita su uno sfondo in bianco nero di un’Italia del dopoguerra che aveva bisogno di sorridere, rialzarsi, ridere e divertirsi. Tutto è raccontato con una narrazione misurata, discreta, leggera, attenta ai piccoli particolari, sebbene non sia una storia sommersa dagli eventi, ma da un insieme di intenzioni che spesso non sono chiaramente evidenti o non sempre trasferite in eloquenza umana.
Ma la carica emotiva è d’impatto, crescente, fino a raggiungere l’apice con la redenzione della coscienza di Zampanò, duro, scettico e cinico che per tutta la durata della pellicola si scontra con l’animo innocente, puro e sincero di Gelsomina. Ma, purtroppo, comprenderà la sua essenza solo quando lei non ci sarà più.
Il messaggio de “La Strada” è talmente forte che ancora oggi riesce a smuovere e far riflettere le nostre coscienze. Addirittura venne citato nel 2016 da Papa Francesco che, in occasione di un incontro con gli uomini e le donne dello spettacolo viaggiante, con riferimento al film di Fellini dichiarò: “Quando suonavano quella bella musica del film ‘La Strada’, io ho pensato a quella ragazza che, con la sua umiltà, il suo lavoro intinerante del bello, è riuscita ad ammorbidire il cuore duro di un uomo che aveva dimenticato come si piange. E lei non lo ha saputo, ma ha seminato”.