La Giulietta di Eleonora Abbagnato al Teatro Antico di Taormina
Si può raccontare la vita attraverso una coreografia? Metafora di un’umanità, nonostante le evoluzioni di un tempo che non attende, che ritma i rintocchi di un’intera esistenza come a suggerire di fermarsi a contarli e prendere coscienza che ne rimangono sempre troppo pochi per vivere il resto della vita di rimpianti.
Eleonora Abbagnato è riuscita a riassumerla nella sua personale interpretazione della storia d’amore per eccellenza, quella Giulietta shakespeariana che ci portiamo in giro da qualche secolo, tra trasposizioni teatrali, artistiche, cinematografiche, letterarie. Leggerezza, la singolarità di un giudizio che si può esprimere nei confronti delle evoluzioni, dei salti, delle espressioni visive, delle emozioni provate e da trasmettere al pubblico, un turbinio di suggestioni e urla soffocate quando si entra in osmosi che fa dello spettatore e l’interprete sul palco un’arte irraggiungibile.
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Meritava un pubblico più numeroso lo spettacolo di ballo che i privilegiati appassionati hanno potuto assistere al Teatro Antico. Quale palcoscenico migliore per raccontare la favola della vita e dell’amore, filo conduttore che giustifica un’intera esistenza, in qualsiasi modo lo si voglia manifestare. Senza false pudiche riserve, artefatti giudizi impregnati di “pregiudizi”. Senza inibizioni sorrette da stupide paure. Amore. Solo e semplice amore.
La temperatura tropicale che ha falcidiato Taormina e il suo territorio fino alla sera precedente ha di fatto frenato l’entusiasmo e la voglia di esserci. Molte sedie vuote in qualsiasi settore, ma questo non ha impedito al corpo di ballo di consegnare ai presenti la più suadente espressione di un corpo in movimento che comunica, che condivide la stessa passione. Che vive come umanità, dalle sue milioni di sfaccettature, ma comunque solo e semplice umanità.
Ed eccola in tutta la sua pienezza scenica, la metafora della vita, tra cadute e rialzi. E poi esaltazione, evoluzione, crescita, sbalzi, sussulti, apoteosi, mitizzazione dell’essere umano. Nella sua umiltà, nella sua fragilità. Nella sua riverenza nei confronti degli altri e del dono della vita, che non rispettiamo più con la giusta gratificazione.
di Piero Buscemi – fonte: Girodivite.it