“La felicità esiste, la famiglia meno”: Micaela Ramazzotti presenta “Felicità”, suo primo film da regista
L’ultima giornata della 41esima edizione del Siff ha ospitato sul palco del cinema Pacifico di Sulmona Micaela Ramazzotti, intervistata dal giornalista e critico cinematografico Francesco Alò. Il giorno prima, venerdì 10 novembre, il Siff talk ha avuto come protagonista Pietro Castellitto. Entrambi sono stati insigniti del premio “Eccellenze del cinema italiano”, evoluzione dello storico premio “Ovidio d’Argento” della manifestazione abruzzese. L’occasione è stata utile all’attrice per presentare “Felicità“, suo primo film da regista, dalle tinte amare e profonde, vincitore del premio del pubblico a Orizzonti Extra di Venezia.
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La storia è uno schiaffo bruciante di realtà sulla condizione psicologica dell’essere umano e dell’ambiente che lo circonda. Per la prima volta Micaela si sposta dietro la cinepresa rivestendo il duplice ruolo di attrice e regista. Sul set un cast di tutto rispetto con attori come Max Tortora, Sergio Rubini e Anna Galiena. Si è vista l’attrice nei panni di Desiré, una ragazza dal nome scritto male, sintomo di un’esistenza un po’ storta dalla quale vuole emanciparsi. Il ruolo di Desiré, così come tutta la trama, è stato disegnato e interpretato dalla sua stessa interprete di concerto con le penne delle amiche Alessandra Guidi e Isabella Cecchi. Di certo non si tratta di un trio di registe veterane ma questo mix insolito ha più che funzionato.
“Felicità”: un titolo ironicamente disegnato sulla curva dell’esistenza di una famiglia disfunzionale formata da genitori manipolatori e figli stretti nella morsa di una realtà opprimente. Nello sfondo, una Roma tentacolare intenta a soffocare le sue periferie che nel frattempo tirano a campare, spesso non riuscendoci o riuscendoci male. Una Roma iperrealistica dei Palazzoni di Fiumicino o di Piazza Vittorio. Alò, critico cinematografico autore dell’intervista a Sulmona, si è detto stupito del talento della Ramazzotti nel ruolo di regista non nascondendo al pubblico il suo entusiasmo nel descrivere le forti emozioni che la pellicola gli ha suscitato. Micaela Ramazzotti, dal canto suo, ha confessato di non aver mai pensato di coinvolgere persone nel suo mondo ma l’intuizione si è accesa durante il lockdown con la necessità di documentare con lo smartphone cosa stava generando la pandemia sulla società civile.
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“Con alcune amiche ci siamo riunite via Skype – era il 2021 – e abbiamo iniziato a parlare di una famiglia su una chat che abbiamo aperto chiamata “Felicità” – ha raccontato Micaela – una volta scritto al soggetto l’ho presentato agli attori. Il primo a chiamarmi è stato Max Tortora che mi ha chiesto subito quando sarebbero iniziare le riprese. Piano piano si è costruito anche il cast e poi sono andata ai produttori a propormi. Pensavo fosse complicato fare la regista e l’attrice contemporaneamente ma poi ho scelto di metterci la faccia e interpretare Desirè. È come se mi fossi cucita addosso questo personaggio”.
“Amara Ramazzotti“: così Alò ha definito l’esordiente regista, giocando con il nome di una famosa bevanda, e ha sottolineato la naturalezza con la quale l’artista ha descritto la violenza psicologica perpetrata negli anni dalla famiglia Mazzoni.
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“In qualche modo li ho sempre immaginati – ha spiegato la Ramazzotti – perché ho sempre pensato che, purtroppo, i nostri grandi problemi e disturbi, vengono dalle famiglie. Mi piaceva mettere insieme una famiglia dove i genitori fossero i veri protagonisti della famiglia e i figli dei coprotagonisti, dove i genitori sono carnefici e i figli le vittime. Volevo mettere in scena una famiglia sbagliata, dove nessuno ha un amico, una casa blindata e chiusa agli altri. In questo caso la peculiarità mentale cresce. Non c’è apertura verso il mondo e quando questo non c’è i moscerini nella testa e il dolore aumentano: è lì che i disturbi aumentano, le porte si chiudono e ci mette sotto ai piumoni per non sentire il dolore della vita. Per me è un film dolcemente violento. Non c’è stato, da parte dei genitori, una forza di dare un incoraggiamento verso la vita. Mi interessava raccontare questo, i genitori spesso sono egoisti e pensano ai loro fatti. La felicità esiste, la famiglia meno”.
Foto: Andrea Calvano