“La donna più grassa del mondo”, lo spettacolo di Emanuele Aldrovandi
Dall’urgenza di riflettere sul problema della crisi ambientale determinata dal surriscaldamento globale è nato lo spettacolo teatrale che sarà di scena il prossimo 6 maggio (ore 21) all’interno del Castello Orsini Colonna. Il nuovo appuntamento con la stagione di prosa indipendente del Teatro OFF di Teatranti Tra Tanti sarà, quindi, “La donna più grassa del mondo”, una produzione del Centro Teatrale MaMiMò.
“A mia moglie piace mangiare. Quando mangia è felice. E io amo vederla felice.”
Una grossa crepa minaccia la sicurezza della casa in cui vivono i protagonisti di questa storia, ma solo uno di loro sembra preoccuparsene: è “l’Uomo del piano di sotto” che da mesi tenta di convincere la coppia di vicini a intraprendere i lavori di ristrutturazione. Il problema è che la crepa si trova proprio sotto il divano della “Donna più grassa del mondo” che pesa quattrocentosessanta chili e non può muoversi. L’unica possibilità per poter intraprendere i lavori sarebbe che il “Marito” la convincesse a dimagrire, ma la felicità che le procura il cibo è troppo grande perché la donna possa rinunciarvi.
In un’epoca in cui sembra che la nostra società abbia raggiunto il suo massimo grado di benessere, questa commedia, attraverso una cifra grottesca e paradossale, ci induce a riflettere sulla capacità dell’uomo di immaginare un modo alternativo per raggiungere la felicità che non lo condanni all’autodistruzione.
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Noi tutti crediamo di vivere in condizioni di benessere. Fino a quando non ci viene il dubbio che non sia così. Ci è stato implicitamente insegnato che viviamo nel migliore dei mondi possibili ed è quindi assurdo cercare di costruirne uno migliore (e quale sarebbe, poi?); eppure l’aumento dell’uso di psicofarmaci nel nostro paese ci spinge a pensare che questo “benessere” evidentemente non è diffuso. Forse la storia del migliore dei mondi possibili era una bugia. Noi non siamo felici. Abbiamo continuamente fame. Abbiamo le case piene di oggetti, ma ne vogliamo sempre di nuovi. Siamo pieni di contatti, ma non ci soddisfano mai del tutto. Siamo affamati. Siamo afflitti da insaziabilità. L’insaziabilità allo stato puro. La nostra società ha raggiunto una grande libertà, ma questa libertà non ci ha liberato. Continuiamo ad avere fame. Questa fame insaziabile, questa vuotezza intrinseca, ci parla di una cosa molto reale, di una profonda vacuità al centro della nostra cultura, generata dalla distruzione di idee e tradizioni rimpiazzate da sistemi economici (che sono diventati sistemi ideologici) per cui l’uomo non deve credere più a nulla se non alla soddisfazione del proprio desiderio. Il desiderio è diventato il nostro ultimo idolo. La legge che regola gli uomini oggi è l’affermazione incontrastata del proprio desiderio. L’affermazione incontrastata della propria volontà di godimento attraverso la distruzione di tutti i tabù. La distruzione dei tabù ci rende più liberi? O sono i limiti a renderci liberi? La Donna più grassa del mondo ha intrapreso un percorso alla ricerca della massima felicità e del massimo godimento attraverso il cibo e la distruzione di tutti i cliché sociali, ma non raggiunge uno stato di felicità. Piuttosto condanna sé stessa e gli altri all’autodistruzione e alla distruzione dell’ecosistema in cui tutti vivono. Questa Donna grassa, che pur essendo simbolo d’insaziabilità, rimane contemporaneamente metafora di fertilità, ci suggerisce che c’è qualcosa di cui noi esseri umani abbiamo bisogno per un nostro autentico benessere e che non cesseremo mai di desiderare: comunità, connessione, contatto con la natura, equilibrio, la sensazione di una missione più grande dei nostri immediati desideri parcellizzati.
“Durante la scrittura abbiamo deciso di allontanarci dalle questioni tecniche per concentrarci e fare luce su quali siano le ragioni che rendono l’uomo contemporaneo così insaziabile e così avido di risorse. Da qui è nata la metafora della Donna grassa – spiega MaMiMò – Un recente studio pubblicato sulla rivista Nature da ventidue scienziati fra cui molti mostri sacri della climatologia, mette in relazione decine di lavori dedicati a inquinamento, cambiamenti climatici, deforestazione, erosione di suolo, aumento della popolazione, crollo della biodiversità e arriva alla conclusione che siamo molto vicini a un punto critico nel quale l’alterazione in serie degli ecosistemi potrebbe modificare profondamente gli equilibri biologici e climatici del pianeta. Il cambiamento avverrebbe in maniera così brutale da generare disastri (ondate di calore, siccità, epidemie, migrazioni, guerre) e da non permettere alle specie viventi di adattarsi”.