La ‘danza delle ombre’, un gioco senza regole fra 007 e grande politica. La recensione
La danza delle ombre: per amore, denaro, potere. O per essere veri. Dannati e uomini soli. Guido Olimpio in ‘La danza delle ombre-spie, agenti molti segreti’ (La nave di Teseo) offre una rassegna su quanti hanno scelto di ‘saltare il fosso’ e servire altri paesi, nemici del proprio per scelta o, non dimentichiamolo, di farlo anche per ricatto. Ne esce un libro come un romanzo, ma anche pieno di notizie, di spunti, ricercato nelle fonti e di appunti di un grande giornalista investigativo.
“E’ una sfida con tre regole. La prima: tutto e il contrario di tutto. La seconda: cio’ che appare non e’ sempre la realta’. La terza: non esistono regole. A giocarla – spiega Olimpio – sono ombre, spesso sfuggenti. Professionisti addestrati, allenati duramente nel fisico e nella mente, consapevoli dei rischi e pronti a prenderli. Sono diventati delle spie per scelta netta, inseguendo il gusto dell’avventura, spinti dalla voglia di essere protagonisti e mostrare agli altri di essere superiori. Per intelligenza e scaltrezza”.
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Poi ci sono gli agenti, gli infiltrati, persone qualsiasi, esistenze normali sconvolte dalla necessità o dal desiderio di cambiare in modo repentino, saltando il fosso della fedeltà scelgono di tentare l’azzardo: vogliono guadagnare in fretta, devono uscire dei guai personali, cercano rivincite individuali anche perché si sentono sottovalutati, sono convinti di poter dare di più schierandosi con il nemico. Ma non mancano coloro che, caso di debolezza o errori, sono stati costretti a passare il guado.
Li hanno ricattati, incastrati attirati in modo abile fino al punto di non ritorno: sono alcune delle storie descritte in questo libro, una galleria di personaggi di interesse ed ognuno con una sua storia privata particolare, anche se poi abbastanza semplice da riassumere: la necessità di valorizzarsi e di mettersi alla prova, di sfidare tutti e tutto in una partita a poker, che quasi sempre finisce in un penitenziario o con un colpo di pistola in qualche strada buia di periferia.
Di figure misteriose di casi risolti ma anche, se volete, di ingenuità, di sfide impossibili di astuzie maldestre Olimpio traccia i contorni con grande maestria. Da uno dei più preparati giornalisti investigativi, un libro che si legge come uno studio sul mondo delle spie, degli agenti sotto copertura, dei segreti che forse è meglio non conoscere. Esperto di terrorismo internazionale, ma anche di Intelligence, Medioriente e mondo narcos l’autore, che prima lavora al Tempo, poi al Corriere della Sera come corrispondente in Israele, e poi inviato per 10 anni negli Stati Uniti, è autore di diversi libri sul terrorismo internazionale di grande interesse.
Nel libro oltre queste storie di persone vi sono difatti approfondimenti e scenari su cui riflettere. Un esempio è lo scontro tra Israele e Iran che costituisce “un manuale di lotta clandestina tra intelligence, con tutti gli ingredienti e le astuzie di una sfida in cui lo Stato ebraico vuole impedire nulla di arrivare all’atomica mentre la Repubblica islamica è sempre piu’ decisa ad andare avanti con i propri progetti. Una rivalità sviluppatasi anche nella dimensione marittima”.
La prima sottolineatura di Olimpio è rappresentata dagli oppositori, movimenti contrari ai mullah. Troppe volte difatti non ci si sofferma sull’opposizione presente in Iran al regime. “Lo schieramento è ampio, comprende i Mojaheidin-e Khalq, i curdi, i separatisti della regione dell’Ahvaz, area petrolifera a maggioranza araba, i nazionalisti, i baluchi attivi sulla frontiera erano irano-pakistana.
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Israeliani, americani, monarchie sunnite del Golfo hanno appoggiato da anni queste fazioni per disturbare gli eredi di Khomeini e certamente alcuni elementi sono diventati parte attiva nelle missioni di contrasto. Spiano, fanno uscire informazioni, collaborano e se a questo si aggiungono le tensioni sociali, i guai economici, la corruzione, anche la stessa repressione, evidente che per l’intelligence nemica crescono le possibilita’ di arruolare persone disposte a fare qualcosa per loro”.
“Di grande interesse è l’eliminazione il 7 agosto del 2020 di Abdallah Abdallah, alias Abu Mohammed al Masri, egiziano, alto esponente di al Qaeda ricercato degli americani fin dagli anni 90, uno della vecchia guardia, un esperto e più ascoltati. Gli israeliani lo hanno colpito nell’anniversario esatto degli attentati all’ambasciata Usa in Kenya e Tanzania, nell’estate del 1998, oltre 200 le vittime, una strage attribuita alla mano di Abdullah allora schierato in Africa.
L’esecuzione ha tre messaggi primo è un regalo di Israele a Washington. Il terrorista era un most wanted. La giustizia in questo caso è stata “servita”. Una missione per procura, un credito acquisito, un favore letale a un amico. La Cia lo ha trovato e ha chiesto al Mossad di ucciderlo. Secondo: è una dimostrazione di forza e del fatto che gli israeliani possono fare molto in Iran”.
Anche nella fine del generale Soleimani a Baghdad ci sarebbe stata la mano del Mossad che avrebbe fornito alla Nsa statunitense tracce fondamentali per monitorare i suoi contatti telefonici. L’alto ufficiale aveva cambiato tre cellulari nelle ultime sei ore, prima di partire la volta dell’Iraq una precauzione resa vana da israeliani che non lo hanno mai “perso”, ricorda il grande giornalista Olimpio. Decisamente sorprendente – spiega invece Olimpio – la strategia della Cia sulla crisi Ucraina. Il segreto e diventato una cosa da pubblicare, da rendere nota come arma di pressione, strumento diplomatico. Dopo l’estate 2021 gli americani hanno iniziato a raccogliere dati sui piani russi, quindi in autunno hanno agito diffondendo cio’ che sapevano con gli alleati, indicando dettagli cruciali su quello che sarebbe potuto accadere. Solo in pochi ci hanno creduto.
Di Sara e Giorgia Piccolella