“Killers of the Flower Moon”, l’affondo di Scorsese nelle piaghe della storia americana
Nel mentre stiamo scrivendo “Killers of the Flowers Moon” è in testa al box office italiano, insidiato da “Me contro Te: vacanze in Transilvania” e nel pieno delle critiche filo-gossip sul pessimo rapporto instauratosi sul set tra Leonardo Di Caprio e Robert De Niro di cui a noi, in totale sincerità, non interessa granché.
Fin dal momento della sua uscita al cinema, la nuova pellicola di Martin Scorsese ha diviso il pubblico internazionale non avendo riscosso unanime giudizio: c’è chi lo ha osannato, chi lo ha apprezzato ma non più di tanto e chi, addirittura, è uscito in anticipo dalla sala poiché stremato dalla sua durata. Di ciò ne siamo testimoni oculari. Sorvolando sul fatto che prima di recarsi ci si potrebbe informare su ciò che si sta andando a vedere, resta comunque opinabile il minutaggio del film stimato intorno alle tre ore e mezza.
Diretto da Martin Scorsese e prodotto da Apple TV+, costato attorno ai 200 milioni di dollari, il film è liberamente ispirato al libro best-seller di David Grann “Gli Assassini della Terra Rossa: Affari, Petrolio, Omicidi e la Nascita dell’FBI. Una Storia di Frontiera“, basato su una serie di eventi realmente accaduti che hanno scosso l’Oklahoma negli anni Venti. Il film ruota attorno a una serie di strani omicidi che si sono abbattuti sulla tribù indiana degli Osage, diventata oltremodo ricca grazie alle ricchezze petrolifere che giacciono sotto le loro terre. Alcuni componenti di questa comunità vengono uccisi in circostanze misteriose ma all’apparenza casuali. Nulla è come sembra e i colpi di scena non mancano.
“Kilers of the Flowers Moon” racconta di una storia che si svolge in piena epoca del Proibizionismo a stelle e strisce, quando gli Stati Uniti erano altresì gravati dalla corruzione a tutti i livelli e falcidiati da profonde contraddizioni economiche e sociali. Un periodo controverso che Scorsese porta sul grande schermo con la sapiente maestria che contraddistingue la sua regia. Per farlo si prende tutto il tempo necessario per narrare una storia di conflitti, emozioni e occasioni mancate. Un affondo tra le piaghe della storia a stelle e strisce.
La ricerca della giustizia si intreccia con la lotta per il potere, la cupidigia e la discriminazione nei confronti dei nativi americani, tema che il cinema degli ultimi anni ha forse lasciato da parte con un po’ troppa fretta. Per molti, infatti, quella sopra citata è tra le pagine più buie della storia del Paese dello Zio Sam. Il film cattura l’atmosfera dell’epoca con una fotografia straordinaria e una colonna sonora suggestiva, elementi essenziali per immergersi nell’atmosfera della pellicola.
Quattro anni fa “The Irishman” fugò ogni dubbio sullo stato di forma del regista newyorkese, complice la straordinaria accoppiata Robert De Niro – Al Pacino, ed anche per questa nuova produzione si è regalato un cast con attori di prim’ordine come Leonardo DiCaprio, ancora Robert De Niro (i due sono giunti alla decima collaborazione), Lily Gladstone, John Lithgow e Brendan Fraser, seppure questi ultimi con ruoli marginali. Leonardo DiCaprio, per la sesta volta diretto da Scorsese (“Gangs of New York”, “The Aviator”, “The Departed”,”Shutter Island”, “The Wolf of Wall Street”) interpreta i Ernest Burkhart, un agente dell’FBI incaricato di risolvere i misteriosi omicidi al centro della trama, De Niro veste i panni di William King Hate, un ricchissimo imprenditore e benefattore, e la Gladstone quelli di Mollie Osage, una ricca ereditiera.
Poco da dire sull’interpretazione dei due protagonisti: De Niro, probabilmente, una spanna sopra a DiCaprio, non alla sua migliore prova di fronte alla camera a differenza del primo, tornato finalmente ai suoi livelli dopo una serie di film grotteschi che ne hanno tarpato l’infinito talento. Menzione a parte merita Lily Gladstone, il cui curriculum non è certo al livello dei due sopra citati, ma che ha dato dimostrazione di essere un’attrice da palcoscenici prestigiosi. Una piacevole scoperta, speriamo di rivederla al più presto per confermarne il valore attoriale indubbiamente in suo possesso. In un periodo storico in cui guerre e migrazioni stanno conoscendo un nuovo exploit e una nuova, massiccia, esposizione mediatica, Scorsese ha il merito di non scadere nel politicamente corretto e nel sentimentalismo occasionale.