Ricordando Isaac Asimov, lo scrittore che predisse il futuro
Se fosse qui tra noi, ammesso che lo sia mai realmente stato nel senso più tangibile del termine, avrebbe 104 anni: Isaac Asimov è considerato tra i padri fondatori della letteratura di fantascienza. Di essa ne è pioniere e, forse, precursore. La sua influenza nel suddetto campo è stata, ed è, praticamente sconfinata, esattamente come le sue visioni di mondi sconosciuti e viaggi interplanetari. Altresì impattante è stato nella divulgazione scientifica di cui egli stesso è stato fautore. Una vita spesa con gli occhi in su a guardare il cielo, culla di sogni e di fantasie irrinunciabili.
Per l’occasione abbiamo deciso di ricordarlo con una delle sue interviste più visionarie, quella rilasciata il 31 dicembre del 1983 al Toronto Star. Incalzato sul “come sarebbe il mondo tra 35 anni“, lo scrittore russo naturalizzato statunitense, chiuse gli occhi e si concentrò sull’anno sul – per lui – futuro 2019. Ma perché una richiesta così bizzarra da parte di un quotidiano tanto affermato e autorevole? Semplice: quando Asimov ebbe la proposta erano trascorsi 35 anni da quando George Orwell pubblicò “1984” nel 1949 e quindi la motivazione fu da ascrivere al parallelismo tra i due autori.
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“La società necessiterà di una nuova e più ampia istruzione per essere in grado di utilizzare la tecnologia“; “I computer rivoluzioneranno il lavoro e si sostituiranno alle vecchie mansioni con impieghi diversi“; “L’informazione viaggerà inevitabilmente in avanti”; “Il computer diverrà mobile, approdando nelle case“; “La robotica spezzerà la routine e si occuperà di lavori sistematici“.
Questi sono solo alcuni dei punti toccati durante l’intervista. Trait d’union è ovviamente il rapporto tra l’essere umano, la tecnologia e l’informazione. Una visione d’insieme in cui a risultare dominante è il giudizio assolutistico sul come le macchine sarebbero arrivate in competizione con l’uomo, se non addirittura al punto di sostituirlo. Ciò si è rivelato vero.
Le “macchine” sono ormai conditio sine qua non per l’essere umano. Imprescindibili, irrinunciabili, condizionanti. Che lo si voglia o meno, la tecnologia è onnipresente nelle nostra vita e in quasi tutti gli aspetti attorno cui questa ruota. I pc sono diventati portatili e hanno creato nuovi sbocchi professionali. La domanda è: cosa direbbe, Asimov, se vedesse la deriva della società civile post avvento dei social network?
E poi c’è lo spazio: infinito, come la straordinaria capacità di predire ciò che poi sarebbe realmente stato. A tal proposito, nel corso della conversazione, Asimov si soffermò su una missione lontano dai confini terrestri. Ecco cosa disse: “Entro il 2019, il primo insediamento spaziale dovrebbe già essere stato pianificato nonché in fase di costruzione. Sarebbe il primo di molti altri che ne seguiranno cui gli esseri umani potrebbero vivere fino a decine di migliaia e in cui potrebbero costruire piccole società di ogni tipo, dando all’umanità un’ulteriore varietà di varietà”.
Asimov ipotizzò la colonizzazione di un pianeta. L’auspicò, la desiderò, la fantasticò. Ma ciò, fin’ora, non è accaduto. A essere, invece, reali e costanti, sono le missioni intorno alla terra. La S.S.I. (Stazione Spaziale Internazionale) è occupata da un ventennio, grazie al continuo riciclo di astronauti e scienziati. Il lavoro è incessante, proficuo e rivoluzionario ogni giorno che passa, sempre mirato a scoprire ciò che ci affascina: l’ignoto. E chissà che un giorno non saremo in grado di occupare anche un pianeta. Per citare Cooper, il personaggio interpretato da Matthew McConaughey in Interstellar, “cos’altro siamo se non esploratori e pionieri“?
Biochimico, professore universitario e divulgatore scientifico, Asimov è diventato uno dei più amati scrittori di fantascienza del secolo scorso, con una produzione di circa cinquecento titoli, che comprendono anche polizieschi, opere per ragazzi e trattati scientifici, pubblicati e tradotti in numerose lingue.
C’è poi un legame molto stretto tra la robotica e il mondo del cinema, non solo perché la Settima Arte ha messo spesso i robot al centro della narrazione, ma anche perché le maestranze impiegate nella produzione cinematografica offrono spesso collaborazione a progetti scientifici: come nel caso dell’artista della meccatronica Gustav Hoegen, che oltre ad aver disegnato il robot Abel lavora per Hollywood e ha partecipato a blockbuster come “Jurassic World – Il regno distrutto”, “Prometheus” e la più recente trilogia di “Star Wars”.