Incidente Youtuber, quando la spettacolarizzazione del niente è causa del male
L’incidente a Roma, precisamente a Casal Palocco, che ha visto un Suv schiantarsi contro una Smart guidata da una donna, in cui ha perso la vita suo figlio di 5 anni, sembra essere legato ad una challenge social. Nella Lamborghini, infatti, viaggiavano 5 ragazzi, tra cui lo youtuber Vito Lojacono tra gli admin del canale Theborderline.
Il profilo propone da tempo sfide al limite. E tra le ipotesi più avvalorate riguardanti l’incidente sembra esserci quella di guidare per 50 ore di seguito e riprendendosi.
Il creatore di contenuti è stato attaccato e insultato sul proprio profilo rispondendo però che “ci tengo solo a dire che io non mi sono mai messo al volante e che sto vicinissimo alla famiglia della vittima”. Il garantismo impone di ritenere innocente chiunque fino a prova contraria, poiché il diritto italiano non parte da una presunta colpevolezza. Bisogna quindi aspettare che le indagini chiariscano la dinamica e la responsabilità degli incriminati.
Responsabilità, appunto. Perché l’incidente ha radici ben più profonde di una ragazzata di qualche giorno fa. Non è una bravata figlia dell’età dei ragazzi e che purtroppo è finita troppo male. No. La questione va analizzata a fondo. Nell’idea della spettacolarizzazione di ogni momento della vita. E anche di ogni stupidaggine che si compie.
Perché se ieri si rideva di “ho preso il muro fratellì”, oggi si piange per un innocente bambino di 5 anni. Il passo non è così lungo ma neanche tanto breve. Perché se basta poco per fare soldi, per avere visibilità, per essere intervistati in diretta nazionale sulle maggiori reti, per avere un contratto da sponsor, anche il più idiota trova un modo per “arrivare”. E se non si è in grado di fare carriera per meriti più o meno intellettuali, allora si prova l’estremo. Andare oltre. Oltre il pudore, il politicamente corretto, il consentito.
Ciò che conta è fare visualizzazioni. Poi arriverà qualcuno che condivide il post. Il gesto comincia a girare. Arriva la notorietà, un agente, i primi guadagni. E i contenuti da fare sono sempre di più. E per non sparire bisogna osare sempre di più. Ma non come Marinetti.
Non ci vuole un giorno. Ci vuole tempo, costanza e spregiudicatezza. Qualcuno si butta su OnlyFans. Alla fine la foto di un piede non ha mai fatto male a nessuno. Anzi. Ma altri, che evidentemente non hanno voglia di tagliarsi le unghie, preferiscono la stupidaggine. E la stupidità è sempre una colpa. Lo diceva anche Daltanious, “odia gli stupidi”. Perché il cervello non serve solo a spartire le orecchie.
E se da una parte questa nuova forma di business, che sfrutta età, sfrontatezza, idee, amicizie è anche da ammirare, dall’altra parte è figlia di un percorso di decadimento. Non solo culturale. Ma anche comunicativo e dello spettacolo. Perché l’impoverimento e imbarbarimento dovuto a canali e programmi non è colpa della generazione attuale. Non è sempre colpa dei giovani. I vecchi hanno buona parte della responsabilità. D’altronde la mela non cade mai lontana dall’albero.
Tra i responsabili indiretti di questo processo c’è anche quel Silvio Berlusconi (e come lui tutti gli altri imprenditori che hanno e continuano a dare spazio a programmi che in nome della libertà non filtrano nulla) che in questi giorni è al centro di lodi e polemiche. Nessuno vuole vilipenderne la memoria. Ma al netto delle considerazioni sulle abilità politiche e imprenditoriali, va comunque detto che molti dei programmi che nell’ultimo ventennio hanno invaso le case degli italiani sono partiti proprio dalle sue reti. Se gli ascolti erano quelli che erano (ma anche sono) vuol dire che a molti piaceva quel tipo di televisione. Quel tipo di spettacolo che portava i salottini dei vari D’Urso, Signorini e Maria De Filippi a diventare megafono delle azioni di chi magari aveva fatto un video mentre spaccava auto senza motivo.
Vengono portati sotto i riflettori, nelle fasce più seguite dai giovani, personaggi che facevano visualizzazioni per scoreggiare accanto ai passanti. Oppure viene idolatrato, o quantomeno gli viene data importanza, chi ha fatto dei sotterfugi il proprio modus vivendi. Un divismo dei giorni nostri.
Quasi che andare a lavorare normalmente sia da stupidi. D’altronde se si è data importanza a che usa il “corsivo” per parlare, perché un adolescente dovrebbe continuare a studiare? Mica è scemo.
Il che non vuol dire che queste persone sono colpevoli di chi guida per 50 ore. Come non ha colpe l’autonoleggio da cui i ragazzi hanno noleggiato la macchina. E fa ribrezzo leggere le recensioni che augurano ogni male al proprietario. Nell’epoca dove tutto è lecito anche il primo che passa si sente in diritto di giudicare e insultare.
Ognuno è complice del proprio destino e artefice della propria sconfitta. Semplicemente esistono responsabilità dirette e indirette. E chi aveva/ha l’onere e l’onore di indirizzare le nuove generazioni attraverso mezzi di comunicazione ha evidentemente sbagliato qualcosa.
E ora non ci resta che piangere.
Foto di Laura Rivera su Unsplash