Imputati nei musei, la pena si espia attraverso l’arte
L’accordo tra il ministro della Cultura, Dario Franceschini, e il ministro della Giustizia, Marta Cartabia, hanno siglato presso la sede del Mic al Collegio Romano un accordo quinquennale per il quale 102 persone imputate per alcuni reati potranno svolgere lavori di pubblica utilità presso 52 istituti culturali del MiC.
Le persone ammesse a questo progetto devono aver un capo d’imputazione la cui pena prevista sia massimo di quattro anni. In caso di esito finale positivo il reato si estinguerà.
“Parliamo di reati come furto- ha sottolineato la Cartabia– danneggiamento di beni culturali, omissione di soccorso, lesioni personali, stradali: l’opportunità che viene data risponde a un’idea della giustizia penale che non è solo detenzione”, ma anche “riparazione del danno inflitto alla collettività, una visione feconda e significativa insieme”.
I luoghi che vedranno questa presenza saranno 11 musei e parchi archeologici, 5 archivi di Stato e 36 biblioteche statali dislocati su tutto il territorio nazionale. Dal Parco archeologico dei Campi Flegrei di Napoli alla Reggia di Caserta. Ma anche la Pinacoteca di Bologna e il Palazzo ducale di Mantova. I musei di Torino e la biblioteca nazionale di Roma e di Padova.
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“È importante che lo strumento dello svolgimento di lavori di pubblica utilità ai fini di messa alla prova – ha dichiarato il Ministro della Cultura, Dario Franceschini – trovi applicazione nei luoghi della bellezza. Guardando l’elenco degli archivi, delle biblioteche e dei musei in cui sarà possibile operare, non si può che pensare che ciò farà del bene alle persone che verranno coinvolte. Partiamo da 52 siti e 102 persone, ma i luoghi della cultura sono tanti e c’è ampio margine per ampliare questa positiva collaborazione tra il Ministero della Cultura e il Ministero della Giustizia, che mi fa piacere sia la prima di questo genere”.
Un notevole passo in avanti per l’Italia. Il percorso riabilitativo dei detenuti e l’idea di non affollare le carceri passa anche da queste iniziative.
In Italia, difatti, sono molti gli ex detenuti che trovano numerose difficoltà nel trovare lavoro dopo la scarcerazione. Come loro anche chi ha commesso reati che non hanno resa necessaria la reclusione. Alla richiesta del casellario giudiziario molte volte le porte si chiudono. Facendo cadere in tentazione di tornare a delinquere.
L’obiettivo, che passa anche da questo progetto firmato Franceschini e Cartabia, è quello di responsabilizzare chi commette un reato, rendergli semplice il ritorno in società. Non necessariamente attraverso vie preferenziali. Ma ponendoli sullo stesso piano di altri richiedenti posti di lavoro.
A oggi le possibilità di trovare un lavoro, regolare e ben retribuito, si limitano spesso alle poche occasioni offerte dalle cooperative sociali o dalle associazioni no profit. Il tutto però spesso si riduce a lavori saltuari e che non garantiscono quella stabilità di cui si necessita. Gli stessi percorsi formativi e le occupazioni per i detenuti lavoranti sono mal pagati e difficilmente costituiscono un’opportunità di crescita professionale.
L’idea, dunque, di iniziare a garantire posti di lavoro in ambienti di cultura potrà avere molteplici benefici. Non solo un reinserimento controllato in società di persone che hanno commesso reati. Ma anche la possibilità che non siano più visti come reietti né esclusi dalla realtà che li circonda.
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