“Il vecchio e la bambina”: sui passi italiani di Hemingway tra storia, natura e bellezza
“È in bicicletta che impari il contorno del paese in cui vivi”: la citazione di Ernest Hemingway diventa il fil rouge del nuovo film di Sebastiano Rizzo, presentato a Roma, al cinema “Il Caravaggio”. Prodotto da Corrado Azzollini per Draka Production, con la partnership di HGV Italia, “Il vecchio e la bambina” è stato girato nella splendida cornice del territorio veneto, ripercorrendo i luoghi visitati e vissuti da Ernest Hemingway durante la sua permanenza in quei luoghi, dalla Grande Guerra in poi.
Già proiettato all’EFM Festival di Berlino 2022, il docufilm “Il vecchio e la bambina” vede protagonisti Totò Onnis, Maria Grazia Cucinotta e la piccola Giada Fortini. Ma come dichiara il regista Sebastiano Rizzo “la particolarità di questo film è che il vero protagonista è il paesaggio, il territorio del Veneto. Bisognava in qualche modo raccordare un territorio e in mezzo cucirvi una storia”.
“Il vecchio e la bambina” è il viaggio solitario di un uomo che diviene l’esperienza di meravigliosa scoperta di un nonno e sua nipote. Immerso nell’intima evocazione di Ernest Hemingway, il vecchio conduce la bambina nella memoria storica della loro terra, dove il grande scrittore abitò. In sella alle loro biciclette e rievocando un passato di arte e cultura senza tempo, i due raggiungeranno la meta più bella: quella da cui ripartire.
“A partire dall’idea di promuovere il territorio veneto attraverso un prodotto cinematografico,” – racconta Rizzo – “abbiamo deciso di trovare una formula narrativa morbida: un nonno che racconta dei monumenti o delle montagne – dove hanno fatto la guerra e dove oggi fanno il prosecco – alla nipotina che deve temporaneamente lontano da un problema familiare. Mi è sembrato un bel modo per far dirigere l’ago della bilancia verso il 70% di film e 30% di documentario (piuttosto che un 50 e 50). I tre protagonisti sono dei veicolatori di emozioni e di immagini: è come se il vecchio e la bambina uscissero fuori a prendere per mano gli spettatori e li portassero in giro per il Veneto.”
Poco importa dei nomi dei protagonisti o del perché si trovino in determinate situazioni. Allo spettatore basta questo: Silvano (che scopriamo chiamarsi così, casualmente dopo circa un’ora di visione) è un anziano pescatore che ama passeggiare in bici tra le meraviglie della sua regione. Appassionato di poesia, storia e arte, il nostro vecchio esplora le meraviglie del Veneto con la famigliarità ed esperienza di chi conosce questi posti da sempre e la meraviglia di chi scopre tanta bellezza per la prima volta.
Accompagnato da un’incredibile colonna sonora, tra campi lunghi e lunghissimi o primi piani, tra movimenti di macchina all’indietro e in avanti, lo spettatore può ammirare il panorama, le antiche rovine, le innumerevoli ville, le dimore di illustri artisti, i monumenti e i musei della regione veneta. Con un quasi sovrumana delicatezza Sebastiano Rizzo ci porta a riempirci i polmoni di bellezza fino a sentire il bisogno di sospirare, quasi a sfiorare quelle mura e quei marmi per poi ritrarre il dito all’ultimo per non intaccare quei capolavori. Storia e natura, opere d’arte e monumenti bellici, teatri barocchi e ponti tibetani: con un andamento incalzante che però lascia il tempo di ammirare ogni dettaglio, non si smette mai di meravigliarsi. Il regista, per mezzo della bambina e dei suoi nonni, entra delicatamente in sala e ci prende per mano per insegnarci a cogliere la bellezza in tutte le sue svariate forme: dagli affreschi sui soffitti in un teatro quasi vuoto al maneggiare gli ortaggi freschi, dagli intimi scorci cittadini alle carrellate di vigneti.
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Come egli stesso dichiara: “Le montagne, i laghi, i fiumi, i paesaggi campestri e quelli lagunari incanteranno lo spettatore. La cultura, l’architettura e la storia che è stata scritta in quei luoghi ne cattureranno la curiosità. L’emozione di una bambina molto curiosa e fortemente legata al nonno ci accompagna nell’esplorazione dei territori di cui lui è innamorato, sulle orme dello scrittore simbolo della letteratura del Novecento, Ernest Hemingway. Chi seguirà il racconto si sentirà viaggiatore in prima persona, guidato dalla profonda conoscenza che il protagonista ha di questi luoghi. Anche le scelte stilistiche di regia e fotografia, insieme alle musiche originali suggestive e mescolate con un pensiero di Antonio Vivaldi, creano una narrazione e un’atmosfera che trasportano lo spettatore in un viaggio di meravigliosa scoperta.”
La trama è semplice, non c’è quasi nulla da inventare: basta guardarsi intorno e saper cogliere la bellezza, come quando si entra in un teatro e si resta più affascinati dalla struttura stessa che da quel che succede sul palcoscenico. I dialoghi sono ridotti quasi a zero: il silenzio si riempie di sorrisi complici, di sguardi incantati, perché quando si è sopraffatti dallo stupore basta prendere per mano chi ci accompagna nel nostro viaggio e condividere quei momenti. I discorsi tra nonno e nipote si limitano alla cura dell’altro e agli incredibili racconti che appartengono all’infanzia di tutti noi. Non c’è altro da aggiungere, basta questo per ritrovarsi a sorridere con tenerezza.
Una lezione di vita sul bisogno di perdersi nella bellezza e nella storia per fuggire dal tempo “che prima o poi ti raggiunge e ti supera”: un prodotto finale che realizza in pieno l’iniziale scopo di promozione del territorio. “Il Vecchio e la bambina” è infatti un’opera finanziata dal Programma di Sviluppo Rurale per il Veneto 2014-2020 Misura 19 Sviluppo Locale LEADER Autorità di gestione: Regione del Veneto – Direzione AdG FEASR Bonifica e Irrigazione, realizzata nell’ambito del progetto di cooperazione interterritoriale “Veneto Rurale” ideato e promosso da un partenariato di GAL veneti: GAL Venezia Orientale – capofila, GAL Alta Marca Trevigiana, GAL Patavino con il Comune di Arquà Petrarca, GAL Montagna Vicentina e GAL Polesine Adige.
In questo panorama artistico e culturale risalta la capacità di emozionare senza molte parole ma grazie ad una genuina mimica ed il talento di Maria Grazia Cucinotta, di Totò Onnis e della giovanissima Giada Fortini (ma che a 12 anni vanta già diverse esperienze).
In un momento storico così critico, tra arte e storia, tra cultura e intimità familiare, quasi inconsapevolmente (le riprese si sono svolte nell’estate 2021) la regia di Sebastiano Rizzo ci fa venire i brividi: ripercorrendo i passi di Hemingway ai tempi della Grande Guerra, di fronte alle lapidi di giovani soldati caduti, l’intensa voce di Totò Onnis ci dice:
“La guerra lascia tracce indelebili: incide la storia come uno scalpello. La guerra si intromette come un ospite indesiderato, chiassoso, molesto in una dimora in cui regna l’armonia. La guerra si intromette nella storia come la malattia nella vita di una persona.
[…] In guerra anche chi vince perde qualcosa… perde molto.”
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