Il tocco di Pigmalione: la Galleria Borghese indaga il rapporto tra Rubens e la scultura a Roma
Fino al 18 febbraio 2024, la Galleria Borghese a Roma ospita una mostra su Pieter Paul Rubens. Cinquanta opere ripercorrono le tappe della carriera del grande pittore fiammingo in rapporto alla cultura italiana ed europea del XVII secolo.
Rubens precursore del Barocco
Il pittore fiammingo Pieter Paul Rubens (Siegen, 1577 – Anversa, 1640) è stato uno dei precursori dell’arte barocca poiché ha formulato una nuova concezione di spazio, colore e anatomia umana. Una rivoluzione che si basa sulla rielaborazione dei modelli del passato in una chiave assolutamente inedita ed emotiva.
Da questo confronto con l’Antico prende le mosse la mostra Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma, allestita nelle sale della Galleria Borghese, a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato. L’esposizione rientra nell’ambito di Rubens! La nascita di una pittura europea, progetto del museo romano – in collaborazione con Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova – dedicato ai rapporti culturali tra l’Italia e l’Europa del Seicento, narrati attraverso lo sguardo del Maestro.
Rubens viene considerato dai contemporanei uno dei più grandi conoscitori di antichità: i disegni delle opere che osserva dal vivo rendono vibranti i soggetti, aggiungendo movimento e sentimento ai gesti e alle espressioni. Le pennellate del pittore hanno la capacità di rendere vivi marmi e rilievi, applicando alla scultura le tecniche utilizzate nella ritrattistica.
Leggi anche: Alla scoperta del Giardino delle Delizie, il dipinto più misterioso di Hieronymus Bosch
Il soggiorno di Rubens in Italia
Un caso esemplare è quello della celebre scultura dello Spinario che Rubens disegna utilizzando la sanguigna e il carboncino rosso, riprendendo la posa del soggetto da due punti di vista diversi. In questo modo il disegno sembra ripreso da un modello vivente invece che da una statua, tanto che alcuni studiosi ritengono che il pittore abbia chiesto a un ragazzo di posare per lui. Questo processo di animazione dell’Antico, per quanto eseguito nei primi anni del secolo, sembra anticipare i passi dei successivi artisti barocchi.
Fondamentale per la formazione culturale del pittore è il soggiorno in Italia durante il quale visita Venezia, Mantova, Genova e soprattutto Roma. nella Città Eterna Rubens rimane affascinato soprattutto dalle opere dei Carracci e di Caravaggio.
Tra i suoi dipinti dell’epoca, ricordiamo le serie per la Chiesa Nuova e per Santa Croce in Gerusalemme; è con l’opera della Circoncisione però che Rubens applica il principio dell’immediatezza comunicativa tipica del Barocco. Nelle sue composizioni gli elementi curvilinei, i contrasti netti tra luce e ombra, lo svolgimento dinamico dell’azione, anticiperanno i traguardi scultorei di Bernini.
Leggi anche: Van Gogh Experience: a Roma i capolavori dell’artista prendono vita attraverso la realtà virtuale
Il confronto con Bernini
La mostra evidenzia soprattutto il controverso rapporto tra le opere di Bernini e il naturalismo rubensiano: la sfida tra i due linguaggi emerge attraverso l’analisi dei ritratti e delle sculture, disvelando una reciproca ispirazione che ha contribuito a definire con più precisione il Barocco.
«Rubens dovette apparire a Bernini come il campione di un linguaggio pittorico estremo, con cui confrontarsi: per lo studio intenso della natura e per la raffigurazione del moto e dei “cavalli in levade” suggeriti dalla grafica vinciana, che sarebbero stati affrontati anche dallo scultore napoletano nei suoi marmi senili con la stessa leonardesca “furia del pennello” riconosciuta da Bellori al maestro di Anversa; infine anche per i suoi ritratti, dove l’effigiato cerca il dialogo con lo spettatore, proprio come accadrà nei busti di Bernini per i quali è stata coniata la felice espressione di speaking likeness», dichiara Lucia Simonato, una delle curatrici della retrospettiva.
Il percorso espositivo comprende cinquanta opere provenienti dai più famosi musei del mondo, tra i quali British Museum, Louvre, Metropolitan museum of art (Met), Morgan library, National gallery di Londra, National gallery di Washington, Museo del Prado e Rijksmuseum, ed è suddiviso in otto sezioni tematiche.
Leggi anche: Alla stazione Centrale di Milano riapre al pubblico il Padiglione Reale con la mostra di Fondazione FS
Dalla prima alla quarta sezione
Il mito del barocco: la prima sezione del percorso espositivo introduce lo spettatore alle origini – ancora per certi versi ambigue – del termine e si sofferma sull’influenza che Pieter Paul Rubens ha avuto sulla nascita di questo stile.
Rubens e la storia: la seconda sezione conduce il pubblico a Roma, dove l’artista studia il cosiddetto Seneca morente, una scultura in marmo bigio (oggi al Louvre, già in collezione Borghese), per poi tradurre il suicidio del filosofo in opere pittoriche che trasformano il marmo borghesiano in un corpo fatto di carne e ossa.
Corpi drammatici: la terza sezione approfondisce gli studi di Rubens sull’anatomia umana partendo dagli esempi degli Antichi fino ai grandi maestri del Rinascimento quali Michelangelo, Raffaello, ma soprattutto Leonardo da Vinci.
Corpi statuari: la quarta sezione evidenzia come lo studio della statuaria e dei rilievi antichi sia utile non soltanto per la scoperta di soggetti mitologici, ma anche per dare forma e vigore statuario al disegno dell’anatomia umana.
Leggi anche: Tra l’irreale e l’inverosimile: l’arte di Anish Kapoor al Palazzo Strozzi di Firenze
Dalla quinta all’ottava sezione
Rubens e Caravaggio: la quinta sezione introduce lo spettatore nel rapporto di ammirazione tra Rubens e Caravaggio. a Roma il pittore fiammingo trae ispirazione non solo dai grandi maestri del passato, ma anche dai contemporanei, in particolare da Caravaggio e dalla sua Deposizione nel sepolcro, la pala d’altare per la Cappella Vittrice nella Chiesa Nuova, oggi ai Musei Vaticani, realizzata fra il 1601 e il 1602
La nascita della scultura pittorica: la sesta sezione indaga il confronto tra Rubens e Bernini, vicendevolmente affascinati dalle rispettive composizioni scultoree. Per Pieter Paul, l’interesse per la scultura riguarda anche lo studio di oggetti plastici differenti tra loro: moderni, antichi, marmorei, metallici, statuari, numismatici. Più arduo è comprendere in che modo Bernini si avvicina, negli anni Venti, alle novità rubensiane. In questa sfida tra le due arti, l’artista fiammingo appare allo scultore italiano l’emblema assoluto di un linguaggio pittorico rivoluzionario con il quale mettersi alla prova.
Il tocco di Pigmalione: la settima sezione (che da il titolo anche alla mostra) illustra i processi attraverso i quali Rubens riesce a trasporre magistralmente le sculture su carta e a trasmettere loro vitalità. Lo spiega lo stesso pittore nel suo trattato frammentario Sull’imitazione delle statue: per trasformare il marmo in vibrante materia pittorica, bisogna accentuare le maccaturae ossia le morbide pieghe della pelle proprie sia degli uomini che degli animali. Il titolo della sezione inoltre si riferisce idealmente al mito greco dello scultore Pigmalione, il quale chiese agli Dei di rendere viva una sua statua di cui si era infatuato.
L’ultima sezione si intitola Rubens e Tiziano ed è ospitata nella sala che custodisce i capolavori tizianeschi Amor sacro e Amor profano e Venere che benda Amore. Tiziano è un grande esempio per Rubens. Durante i suoi soggiorni in Italia e in Spagna, il pittore fiammingo esegue innumerevoli copie del maestro veneto e in questa stanza il visitatore può immediatamente confrontare i due artisti e notare la splendida sinergia che intercorre tra i due.
Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma si rivela un incredibile viaggio di due ore tra le suggestive atmosfere di inizio Seicento, alla scoperta di uno dei più celebri artisti del Nord Europa. Per informazioni su orari e costi della mostra è possibile consultare il sito web https://galleriaborghese.beniculturali.it .
Leggi anche: Recensione. “Napoleon” è un biopic tanto “epic” e poco “bio”