“Il Buco”, l’ironia di Roberta Calandra in scena con Nadia Perciabosco
C’è chi nasce bomba e chi nasce ciambella e, per motivi assolutamente personali, passa la vita a nascondere, tentar di riempire, mediare, ostentare il proprio “buco di formazione”.
Questo monologo tragicomico, che utilizza diversi registri di umorismo, da quello psicoanalitico di matrice anglosassone al ritmo concitato del cabaret, mostra in scena una donna sola, autoironicamente introspettiva, irrimediabilmente (o quasi) avvoltolata su se stessa e sui propri fantasmi, ma non del tutto chiusa al cortocircuito che spezza il cerchio della solitudine, in un inarrestabile flusso di parole almeno in alcuni snodi cruciali dell’esistenza.
“Il Buco … la prima cosa che si mangia sono gli altri … poi quando stai da sola … tutto quello che trova … il Buco è fatto così”.
“Il Buco”, monologo tragicomico di Roberta Calandra, tratta questo, la mancanza, il disagio. Il buco, appunto. Qualcosa che non c’è e che si trasforma in sintomo. Qualcosa da riempire, dunque. Ma con cosa? Cibo? Sonno? Sigarette? Sesso? Droga? Amore?
“Finché uno non ha riempito il suo buco da solo nessun altro può farlo”. Quindi anche l’amore forse.
La protagonista intraprende un cammino di continue cadute e risalite perché il buco “ti sbatte a terra”. Soprattutto dopo che sembra di averlo sconfitto. Una presenza che torna quando meno lo si aspetta.
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Nella messinscena l’attrice fa una sorta di outing. Un monologo, una confessione nella quale racconta il suo rapporto con il “buco”. Un rapporto ambiguo perché questo è un nemico da sconfiggere ma nello stesso tempo è “il motivo per il quale sono viva”.
Una bella metafora quindi anche dell’arte che continua a motivare il perché si crea. Forse per riempire un buco altrimenti incolmabile?
Ma forse lo si potrebbe sconfiggere all’origine. “I bambini … mi sembra che si sarebbe ancora in tempo a tamponare il loro buco … a farli crescere un po’ meno bucati!”.
Nadia Perciabosco, viaggia così, tra un rapporto diretto con il pubblico nel quale racconta senza mezzi termini il suo rapporto con il buco ad una narrazione nella quale rivive in una sorta di flashback cinematografico comico ed a tratti esilarante. Le fasi nelle quali ha tentato di combatterlo. Una messinscena ironica, commovente, divertente, a tratti straziante. Un testo che non lascia indifferenti perché tutti possono riconoscersi con questo buco per il quale, stimolando la reazione a sopravvivere, forse si è ancora vivi.
Il monologo di Roberta Calandra andrà in scena al Sala Paolo Poli – Viale Capitan Consalvo, 2 Ostia (Roma) il 19 e 20 novembre alle ore 21.00. Mentre il 21 novembre alle ore 18.00.
La regia è di Laura De Marchi mentre l’allestimento scenico Maria Teresa Padula, e il light designer Gianfranco Pedetti.