Il Bacio di Francesco Hayez: dal Risorgimento alla cultura di massa
Il 10 febbraio 1791, esattamente 231 anni fa, nasceva Francesco Hayez, massimo esponente del Romanticismo italiano nel settore delle arti figurative. Tutti lo ricordano per aver dipinto il Bacio, celebre olio su tela, diffusissimo nella cultura di massa come emblema dell’amore passionale, ma in pochi conoscono il reale significato dell’opera e le effettive intenzioni dell’autore.
Francesco Hayez il pittore del Risorgimento
Pur essendo nato a Venezia e avendo frequentato l’Accademia di Belle Arti della città, Francesco Hayez decide di non rinnovare la gloriosa tradizione veneta dei suoi illustri predecessori, tra cui Giorgione e Tiziano.
Dopo qualche anno vissuto a Roma (dove diviene discepolo di Antonio Canova), nel 1820 l’artista si trasferisce a Milano. Nella città lombarda, avvia una prolifica carriera non solo come eccellente pittore di contenuto storico, ma anche come sublime ritrattista. L’abilità nel riprodurre volti con estrema fedeltà e precisione, gli fa guadagnare la stima e la fiducia di illustri personalità quali Alessandro Manzoni, Massimo D’Azeglio e Camillo Benso, conte di Cavour.
Anche Giuseppe Mazzini ne tesse le lodi, definendolo “il capo della scuola di Pittura Storica, che il pensiero nazionale reclamava in Italia”. Nel periodo successivo al Congresso di Vienna, infatti, la penisola è divisa in diversi stati, ma società segrete come la Carboneria e la Giovine Italia lottano e creano alleanze nella speranza di un’unificazione. È proprio in tale contesto, conosciuto come Risorgimento, che Hayez dipinge Il Bacio; senza dubbio l’emblema di un amore. . . l’amore per la futura Italia.
Un bacio come speranza di unificare l’Italia
Nel 1859 il conte Alfonso Maria Visconti di Saliceto commissiona a Francesco Hayez un dipinto per rappresentare la speranza che i circoli patriottici avevano nei confronti di un’alleanza con la Francia contro l’impero asburgico.
L’olio su tela che ne deriva mostra un uomo e una donna nell’atto di scambiarsi un bacio d’amore ai piedi di una scalinata. Il giovane tiene la testa dell’amata tra le mani e la ragazza si abbandona alla passione arcuando la schiena all’indietro.
Lo sfondo, con un muro in pietra a grandi blocchi e le modanature sullo stipite, suggerisce un’ambientazione medievale basata sui tipici dettami stilistici del Romanticismo storico. Tale corrente di portata europea sia artistica che letteraria, richiama alla soggettività del singolo e a un Medioevo visto come il momento aurorale del sorgere dell’idea di nazione, di patria.
Hayez tuttavia non si accontenta di relegare all’ambiente l’allusione alle speranze patriottiche, ma carica anche i due giovani di simboli sommariamente nascosti. L’uomo indossa un inconfondibile cappello “alla calabrese” indossato dai briganti meridionali, ma anche dagli insorti delle Cinque Giornate di Milano nel 1848. La calzamaglia rossa e la giubba verde inoltre richiamano i colori della futura bandiera italiana e il pugnale alla cintola segnala l’idea di un imminente combattimento. La ragazza invece indossa uno splendido abito azzurro dai riflessi serici, un colore che rimanda alla bandiera francese e alla sua auspicata alleanza con la Penisola.
Il bacio infine sembra essere uno struggente addio, rivelato sia dalla postura del giovane (in procinto di andarsene con un piede sullo scalino) sia da un’ombra sulla sinistra che indica la presenza di qualcun altro (forse un accompagnatore oppure un nemico che trama alle spalle).
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Le altre versioni del dipinto
La scelta di dipingere un bacio tra due innamorati si rivela per l’artista veneto un astuto escamotage per non insospettire la corte imperiale e per poter esporre l’opera all’Accademia di Belle Arti braidense, appena tre mesi dopo l’ingresso a Milano di Vittorio Emanuele II e dell’alleato, l’imperatore Napoleone III. L’opera ottiene un tale successo che ad Hayez vengono commissionate altre due versioni.
La versione del 1861, conservata in collezione privata, è facilmente riconoscibile perché la ragazza indossa un abito bianco (che rapportato alla giubba verde e alla calzamaglia rossa del giovane fornisce un rimando piuttosto esplicito ai colori della bandiera italiana). Dai documenti dell’epoca il committente risulta essere l’imprenditore di origine svizzera Federico Mylius.
La versione del 1867, oggi anch’essa in collezione privata, viene dipinta per essere esibita all’Esposizione Universale di Parigi. Si distingue dalla prima per il velo bianco gettato sugli scalini, la bifora in posizione più centrale, la mezza colonnina alle spalle dei giovani, ed è sicuramente la versione preferita da Hayez perché decide di tenerla con sé fino alla sua morte. Saranno poi gli eredi a venderla alla granduchessa Elena Romanova, nipote dello zar Alessandro III di Russia.
Esistono anche altre copie de Il Bacio, tutte in collezioni private, ma gli studiosi tendono a prendere in considerazione soltanto le prime tre, in quanto sicuramente autografe. Le tre tele sono state eccezionalmente riunite nell’esposizione “Tutto Hayez in mostra” allestita presso le Gallerie d’Italia a Milano tra il 2015 e il 2016; attualmente solo la prima versione dell’opera è fruibile al pubblico e si trova presso la Pinacoteca di Brera.
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Il Bacio nella cultura di massa
Riprendendo le parole dello storico dell’arte Fernando Mazzocca (uno dei maggiori esperti dell’arte di Hayez), l’idea “di rappresentare il momento più intenso e poetico della relazione tra due persone che si amano, riuscendo a renderne in maniera così immediata e convincente tutto il fascino e il mistero”, ha reso l’opera Il Bacio un’icona della cultura di massa.
Tralasciando le innumerevoli operazioni di merchandising che ancora oggi coinvolgono l’immagine dei due innamorati (t-shirt, cuscini, puzzles, tazze), ricordiamo in questa sede tre tributi di notevole prestigio.
Già nel 1862 il pittore Gerolamo Induno rende omaggio ad Hayez con la sua tela Triste Presentimento; l’opera rappresenta un’angusta stanza, colma di oggetti ordinari, dove alla parete è appesa una riproduzione de Il Bacio.
Nel 1922 il direttore artistico dell’azienda Perugina Federico Seneca rielabora il dipinto di Hayez stagliando la giovane coppia su un cielo blu stellato e creando così una delle prime iconiche scatole di cioccolatini Baci Perugina.
Infine nel 1955 Il Bacio entra di diritto nel cinema d’autore grazie alla pellicola Il Senso di Luchino Visconti; in una scena i due protagonisti sono abbigliati in maniera simile a quella del celebre dipinto e si scambiano un ultimo bacio altrettanto passionale.
Simili omaggi hanno contribuito considerevolmente a incrementare la fama de Il Bacio che è entrato a buon diritto nell’immaginario collettivo e che oggi può considerarsi uno dei quadri più famosi al mondo.