“I tre moschettieri” al cinema: perché vederlo fino all’ultimo minuto (+1)
Dal 6 aprile arriva nelle sale italiane la versione del capolavoro di Alexandre Dumas realizzata da Martin Bourboulon: I tre moschettieri – D’Artagnan.
Per quello che si presenta come il primo dei due capitoli in cui è stato suddiviso il classico della letteratura francese (a inizio film compare infatti la scritta Parte I) è stato scelto un cast eccezionale: François Civil (D’Artagnan), Vincent Cassel (Athos), Pio Marmaï (Porthos), Romain Duris (Aramis), Eva Green (Milady de Winter), Louis Garrel (Luigi XIII), Lyna Khoudri (Constance) e Vicky Krieps (Anna d’Austria).
Sinossi del film
1627. Dopo alcuni anni di fragile pace, il regno di Francia è sull’orlo di una nuova guerra di religione. Il re Luigi XIII, ancora senza eredi, è a capo di un Paese spaccato in due. Da un lato, le forze protestanti sostenute dalla corona d’Inghilterra, dall’altro la nobiltà cattolica cerca di rafforzare il proprio dominio. Il re si affida al cardinale Richelieu per ripristinare l’autorità della Corona ma molti sospettano che l’ambizioso cardinale voglia prenderne il potere.
In questo clima il giovane Charles D’Artagnan sogna di entrare a far parte dei moschettieri del re ma la strada sembra quasi impossibile: dopo aver salvato una dama da un attentato viene sepolto vivo durante una tempesta e, una volta arrivato a corte, si ritrova sfidato a duello nelle stesse ore da tre moschettieri con cui è stato fin troppo altezzoso. Ma dopo la sua prova e il consenso dello stesso re, tra D’Artagnan e Athos, Porthos e Aramis nascerà una forte amicizia.
“Avete detto di essere solo tre” dice D’Artagnan “ma a me sembra che siamo in quattro“: così i quattro valorosi (anche se ognuno con i suoi difetti) spadaccini leali alla Corona lottano contro i complotti orditi dal cardinale Richelieu e dall’intrigante Milady. Ma nella versione di Bourboulon quasi subito c’è un imprevisto: Athos si sveglia ubriaco a fianco ad una donna massacrata da pugnalate e mentre scopre l’arma del delitto al suo fianco viene sorpreso dalle guardie. Al processo ammette di non ricordare se possa essere colpevole ed è condannato alla decapitazione.
I due moschettieri e mezzo scoprono che la donna uccisa è proprio quella che D’Artagnan salvò arrivando a Parigi ed hanno 4 giorni per dimostrare l’innocenza di Porthos.. riusciranno in così poco tempo a salvare il loro amico, l’onore della regina Anna e la vita del re cui hanno consacrato la propria?
Colpi di scena a più non posso e grandi amori in un film che tiene incollati allo schermo col fiato sospeso fino all’ultimo.
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L’affascinante François Civil è perfetto per interpretare un giovane D’Artagnan, guascone appena ventenne dai capelli scuri e spalle larghe. Con il viso di un bambino e lo sguardo colmo di meraviglia, interpreta lo spadaccino fiero e fin troppo intrepido. Talmente ossessionato dall’idea di arruolarsi tra i difensori del re che quando la bella Constance spaventata esclama “Ma vi farete uccidere!” lui risponde orgoglioso “Sì, ma per mano di un moschettiere“. Un D’Artagnan che si vanta di essere arrogante e spavaldo ma che fa le prove per riuscire a dire un semplice bonjour alla dolce Constance.
Una Constance diversa da quella dell’immaginario comune: la guardarobiera di corte interpretata da Lyna Khoudri è dolce e discreta, anche negli abiti e nei capelli raccolti in un banalissimo chignon. Eppure con la sua delicatezza e il suo coraggio Constance non solo sventa l’imboscata alla regina Anna e al duca di Buckingham (che ci regalano dialoghi d’amore da sciogliere il cuore) ma conquista D’Artagnan e il pubblico.
Un amore che non sembra essere nemmeno considerato dal Luigi XIII interpretato da Louis Garrel. Capelli lunghi, semplicissimi vestiti neri e nulla che faccia pensare allo sfarzo di un re dell’epoca. “Si crede Luigi il giusto ma in realtà è solo Luigi il debole” dice suo fratello, ma a Garrel basta alzare un minimo la voce e fissare con uno dei suoi sguardi penetranti per emanare autorità.
Poi i tre moschettieri: Aramis (Romain Duris), il gesuita galante che “vuole essere soldato la mattina e vescovo la sera“, che lascia le donne con cui ha passato una sola notte benedicendole mentre dormono ancora; Porthos (Pio Marmaï) che prende sotto la sua ala il giovane D’Artagnan “ma solo per portarlo nel suo nido” come dicono i suoi compagni. E un Athos interpretato da un affascinante Vincent Cassel dai capelli grigi raccolti in una lunga coda di cavallo che ci regala una versione del moschettiere ubriacone più simile ad un alcolista malinconico ed affranto dal senso di colpa, mosso dal senso di giustizia e dal cuore sincero e soprattutto nobile – e solo guardando il film capirete in che senso interpretare la parola “nobile”.
Stona un po’ vedere come nessun moschettiere indossi la conosciutissima divisa e nemmeno un mantello, ma addirittura cappotto e pantaloni (sì negli anni Venti del 1600 uscivano i primi calzoni ma erano ben più gonfi e buffi di quelli da cavallerizzo usati nel film che sono troppo in avanti).
Se sembrano un po’ sottotono l’acconciatura della regina o l’abbigliamento di Constance, di sicuro resterete colpiti dalla sensualissima Eva Green che indossa con leggiadria corsetti in pizzo nero, costumi da Arlecchino e capelli sfarzosi. Incantevole sia bionda sia mora, la sua Milady seduce e spara come se lo facesse da sempre e stupisce con un italiano perfetto nel dire “Italiana? Sono innamorata dell’Italia ma no“.
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Sicuramente farà scalpore anche una scena che sfiora la blasfemia: Aramis, con il suo pugnale, trasforma un crocifisso (di quelli che si trovano appesi nelle case) in un’arma appuntita con cui torturare un uomo da cui cerca risposte, perché non gli piace sporcare direttamente le sue armi con il sangue.
Nel 26° adattamento cinematografico de I tre moschettieri è piacevole notare una particolarissima attenzione per il realismo dei dettagli. A partire dalla cura per la resa dei suoni: la fastidiosa intensità della pioggia nelle scene iniziali, il tintinnio costante degli anelli e dei diamanti – che scoprirete essere fondamentali nella trama del film -, l’eco all’interno della cattedrale.
E ancora: il fiatone, le reazioni sorprese, il movimento della carrozza che si ripercuote sui passeggeri, il tremore nervoso del dito di Garrel. E la cura nel fare in modo che nessuna scena sembri illuminata con luci fredde o con sistemi di illuminazione elettrica, ma sempre da candele ben in vista.
Per non parlare di un gesto completamente naturale ed appena percettibile ma che se notato, fa stringere il cuore rendendo inevitabile apprezzare la verosimiglianza di ciò che viene messo in scena non solo dal regista Bourboulon ma dagli stessi attori. In una scena in cui Athos si butta su Luigi XIII per proteggerlo da un attentato, copre istintivamente il re con quello che ha a disposizione – il suo corpo -. Ma fa tenerezza scorgere come nel momento in cui parte un colpo d’arma da fuoco, sullo sfondo della scena, Vincent Cassel spontaneamente sembra coprire le orecchie di Louis Garrel – su cui è sdraiato – come a proteggerlo dal boato.
Quindi ricapitolando: la trama e la curiosità per un ennesimo ma diverso adattamento de I tre moschettieri, un cast spettacolare, una cura nella scelta di suoni e luci. Per non parlare della fotografia e di questi dettagli (ed altri che possono esser sfuggiti ad una prima visione in lingua originale). Insomma un film che merita di essere visto – al cinema dal 6 aprile – e rivisto per goderselo meglio.
Ah, un consiglio ai buon intenditori: non abbiate troppa fretta di uscire dalla sala durante i titoli di coda!