I Måneskin sono un copia-incolla fatto male
1999: C’era una volta una band fresca e giovane che viveva sull’onda degli eccessi. Brillante e promettente, sapeva condire il rock’n’roll con sonorità funky, un certo savoir faire e tonnellate di carisma. Il fascino dei quattro componenti li poneva fuori dagli schemi dell’epoca. I musicisti portavano all’estremo l’immagine sessualizzata che aveva caratterizzato una certa branca del rock’n’roll a partire dagli anni Settanta, iniziando ad esibirsi praticamente nudi sul palco.
Durante i primi anni di attività, la band cerca di trovare una propria identità musicale originale, a volte incoerente, mescolando punk, funky, rock, rap, quant’altro. Poi, le cose si evolvono. La band inizia ad avere un successo planetario e cambia rotta: da sperimentatore di generi senza definizione, diventa stereotipo di un luogo geografico per una mera questione di marketing.
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Le melodie diventano tanto, troppo orecchiabili. II testi cominciano ad essere monotematici e palesemente ruffiani. Le tematiche principali sono due: hot chicks e California, California, California. Quanto sono belle le ragazze in California, e quanto è cool essere californiani.
Try not to whine
But I must warn ya
Bout the girls
From California
Alabama baby
Said hallelujah
Good God girl
I wish I knew ya
I know I know for sure
That life is beautiful Around The World
I know I know it’s you
You say hello and then I say I do
2021: C’era una volta una band fresca e giovane che viveva sull’onda degli eccessi. Brillante e promettente, aveva condito il rock’n’roll con un suono funky, un certo savoir faire e tonnellate di carisma. Il fascino dei quattro membri li poneva fuori dagli schemi dell’epoca. I musicisti avevano portato all’estremo l’immagine sessualizzata che aveva caratterizzato una certa branca del rock’n’roll a partire dagli anni Settanta, iniziando ad esibirsi praticamente nudi sul palco.
Durante i primi anni di attività, la band cerca di trovare una propria identità musicale originale, a volte incoerente, mescolando punk, funky, rock, rap, quant’altro. Poi, le cose si evolvono. La band inizia ad avere un successo planetario e cambia rotta: da sperimentatore di generi senza definizione, diventa stereotipo di un luogo geografico per una mera questione di marketing.
Le melodie diventano troppo orecchiabili. I testi cominciano ad essere monotematici e chiaramente ruffiani. I temi principali sono due: quanto sono fantastici i membri della band e quanto è bello essere italiani.
“Oh, mamma mia, ma-ma-mamma mia,
ah They wanna arrest me,
but I was just having fun
I swear that I’m not drunk and I’m not taking drugs
They ask me: “Why so hot?”, ‘cause I’m italiano” .
Dopo l’Eurovision, i Måneskin avevano due possibili strade: riconoscere il proprio stato di band talentuosa ma acerba e scegliere di maturare prima la musica, e poi l’immagine – oppure diventare la caricatura di se stessi. Dopo aver ascoltato il nuovo singolo della band romana, “Mammamia”, non si sa se congratularsi con una manovra di marketing (tamarra ma assolutamente vincente) oppure arrabbiarsi per l’ennesimo gruppo musicale che mette l’immagine davanti alla musica, senza averne bisogno.
I Måneskin sono bravi, ma ci sarebbe ancora molto da fare. Non hanno raggiunto la maturità artistica dei Red Hot Chili Peppers dei primi anni novanta: la voce di Damiano è bella e interessante, ma è poco varia. Gli strumenti sono ben amalgamati, ma la linea melodica è inesistente. Tali caratteristiche si perdonano facilmente ad una band emergente, soprattutto se c’é margine di miglioramento. Il problema é che questo margine, i Måneskin, lo hanno ignorato e si sono lanciati direttamente sulla tattica “vendiamo perché siamo fighi e siamo trasgressivi”.
E non c’è niente di male, il rock è anche questo.
Il problema è che sono anni che il rock è anche questo: i Måneskin, insomma, hanno ripetuto qualcosa che esisteva già. E lo hanno ripetuto piuttosto male.