“Hipsteria”, 10 anni del primo video de “I Cani”
Era il 2011. L’estate alle porte. Le scuole stavano per finire e gli adolescenti della Roma bene si preparavano a vacanze tra Ponza, Circeo e Porto Ercole. Senza dimenticare le sortite estere in isole come Mykonos, Ios e l’evergreen Ibiza (per quelli un po’ più grandi).
Menestrello, o cantore, dei luoghi comuni di questi ragazzi, in quell’anno fu Niccolò Contessa, ideatore del progetto “I Cani”.
Band indie, ma non troppo, a cominciare dalla descrizione che si erano autonomamente dati: “l’ennesimo gruppo pop romano”, quasi a mettere ironicamente le mani avanti sulla qualità della loro musica. Ma l’idea di diventare un gruppo era limitata solo per i live, nei quali inizialmente si esibivano con delle buste di carta che toglievano solo dopo il primo brano, mentre la scrittura dei testi e la produzione musicale erano interamente gestite da Niccolò in solitaria.
In quell’estate di 10 anni fa le sue idee, dopo essere state lanciate su internet, diventano un album. Il 3 giugno usciva, ma solo in digitale sul social “SoundCloud”, patria eletta dei giovani hipster dei primi anni ’10,“Il sorprendente album d’esordio de I Cani”.
Anticipato dalla pubblicazione del singolo “I Pariolini di Diciottanni”, il disco si arricchisce delle immagini del video ufficiale di “Hipsteria”, pubblicato il successivo 8 giugno.
Un brano che parla di una giovane romana, annoiata e forse un po’ depressa, ma sempre a favore dell’obbiettivo di una polaroid. Perché, comunque, all’epoca ci stava bene per prendere qualche like.
Divisa tra gli aperitivi a Monti e l’idea di lasciare Roma per andare a lavorare a New York. Come nel più classico cliché della generazione Erasmus. Quella che preferisce andare a lavare i piatti a Londra, piuttosto che rimanere costretta nella realtà provinciale delle città italiane.
Nel video, che oggi compie una decade, compare anche un giovane Luigi Di Capua, uno dei protagonisti di The Pills.
“I CANI”: TRA CLICHÈ E MALINCONIA
I Cani nelle loro canzoni parlano di questo. Della quotidianità. Tra alcool, adesivi politici, cene dai parenti e coppie che litigano, ma che alla fine “non si lasciano quasi mai”.
Tutto condito da una malinconia di fondo che ricorda i film di Verdone. Quelli che ti fanno ridere per le battute di De Sica e Bernabucci, ma che alla fine ti fanno fermare a riflettere.
La band di Contessa in un certo senso fa questo. Ha lanciato qua e là messaggi nascosti, citazionismo diffuso tra luoghi comuni delle vite troppo radical chic di quella Roma di cui tutti parlavano ma nessuno conosceva a fondo.
Quella parte della Capitale su cui hanno provato a fare fortuna decine e decine di youtubers con le loro sit-com sui quartieri.
Nelle canzoni dei Cani nulla è veramente come viene presentato all’inizio. Come nei film di Wes Anderson dove “i cattivi non sono cattivi davvero. E i nemici non sono nemici davvero.
Ma anche i buoni non sono buoni davvero”.
ANTICIPATORI DEL MAINSTREAM
Il loro sound, in quell’album del 2011, ruotava su un synth pop solitario da cameretta, che si poneva agli antipodi del rock alternativo degli Afterhours e dell’indie Folk delle Luci della Centrale Elettrica, gruppi che fino ad allora avevano dominato il panorama indipendente italiano. Una musica che però suonava affascinante e spigoloso. Perfetta per il live, dove era impossibile non prestare la propria voce.
Niccolò Contessa è stato un passaggio fondamentale della musica indipendente italiana e senza di lui oggi non ci sarebbero Calcutta (Mainstream vi dice qualcosa? Beh, anche lì c’è lo zampino del cantante romano), Tommaso Paradiso e Gazzelle.
Magari è una medaglia un po’ azzardata. Però fu lui tra i primi a usare fotografie della sua quotidianità. A rendere interessanti i pariolini che impennano con i motorini. I fuori sede di Piazza Bologna che, nonostante i loro accenti, tentano abbordaggi con le bariste che gli fanno pagare cocktail 10€ ma pieni di ghiaccio.
I Cani cantavano, con distacco, della sindrome di Asperger.
Lo dicevano anche loro. “Non si scherza su queste cose”. E infatti non ci scherzavano.
Perché a 10 anni di distanza, in un cd dimenticato sotto il sedile di una vecchia macchina prestata dai genitori, se dovesse capitare una canzone de “Il sorprendente album d’esordio de I Cani”, i 30enni di oggi alzerebbero ancora il volume.
D’altronde sono ancora quei tipi, un po’ mitomani, che si atteggiano fuori le discoteche.
Ma oggi, come 10 anni fa sottolineavano I Cani, la ragazza alla porta li guarderebbe con “l’aria da “Chi cazzo è questo?”.