Guns N’Roses: abbiamo un problema Axl Rose. Live Report Roma, Circo Massimo, 8/7/2023
Nel giudicare un concerto dei Guns N’Roses c’è sempre uno step di timore reverenziale da affrontare e superare, per lo meno se si vuole improntare la discussione con sincera e, nel caso spietata lucidità, anche al di là del giudizio fanatico da fan della prima o ultim’ora. E’ inevitabile e non potrebbe essere altrimenti: parliamo di una band che ha scompaginato la storia dell’hard rock e cambiato, per sempre, il corso degli eventi. Pochi gruppi, come quello losangelino, possono vantare un impatto rivoluzionario nel music business e nell’immaginario collettivo.
Dal loro esordio, nel 1987 con “Appetite for Destruction“, niente è stato più lo stesso e Axl, Slash, Duff, Izzy, Steven Adler prima e Matt Sorum hanno influenzato la scena rock – lato sensu – internazionale grazie a brani leggendari e album immortali, oltre a un’iconografia da bad boys che ne ha alimentato fascino e attitudine. La storia la conosciamo tutti ma, appunto, continuiamo a raccontarcela. Ci piace e, non da meno, la utilizziamo anche per giustificare i numerosi, tanti, scivoloni avvenuti in tempi relativamente recenti. Fino ad oggi.
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L’attesa per il ritorno in Italia dei Guns era ai massimi livelli. La cornice dell’unico concerto tricolore, il maestoso Circo Massimo di Roma, cioè la Capitale, la Città Eterna, non ha lasciato indifferenti e l’entusiasmo all’apertura delle vendite dei biglietti è stato massiccio, tanto da indurre a pensare a un rapido e inevitabile sold out. Da Milano in giù Axl e compagnia bella mancavano da ere geologiche e la possibilità, per decine di migliaia di appassionati, di non doversi avventurare in ore e ore di macchina per vedere i propri beniamini, ha fatto tutto il resto.
Fin dai giorni prima del concerto di ieri sera, 8 luglio 2023, le vie della Capitale pullulavano di fan con addosso la t-shirt della propria band preferita. I più stoici indossavano l’irrinunciabile giubbino di jeans con le toppe delle proprie band preferite e alcuni eroi – non potremmo chiamarli diversamente – sopra la t-shirt d’ordinanza sfoggiavano il chiodo di pelle. Già, accade anche questo, in barba ai 35 gradi centigradi dell’estate romana.
Gli elementi per il concerto evento dell’anno c’erano tutti, insomma. Ma qualcosa non è andato come ci aspettavamo. O forse si.
Si spengono le luci sul palco e sale il boato del pubblico. I maxischermo proiettano pistole e rose, esplosioni e furore e ad aprire le danze ci pensa “It’s so Easy“, opener che mette le cose in chiaro sulla volontà dei Guns di rimarcare il territorio e affermare il loro status di leggende viventi. La band è in palla e sembra in forma, ma già dalle successive “Mr. Brownstone” e “Bad Obsession” qualcosa inizia a scricchiolare, ed è la voce di Axl Rose. Corre e si dimena, eppure dietro il microfono non sembra al top della condizione. Negli ultimi anni i G N’R hanno abituato il loro pubblico a show da tre ore e in molteplici circostanze le osservazioni sono sempre state sulla capacità, per il leader e cantante del gruppo, di reggere con qualità la durata dell’evento. Ma, se in occasioni passate il calo di voce si è avuto nel corso del concerto, a Roma l’impatto è sembrato immediato.
Dopo la cover di “Slither” dei Velvet Revolver si arriva al primo, vero, esame: “Welcome to the Jungle“. Gli spettri che aleggiavano sul Circo Massimo diventano improvvisamente realtà, Axl arranca, non riesce a prendere le tonalità che hanno reso celebre il brano e fatica a stare dietro a Slash e Duff che, invece, non sbagliano un colpo. L’esaltazione è collettiva e l’urlo di gioia del pubblico presente è corale, ma non passa inosservata un’esecuzione del brano alquanto fuori tono. “Estranged“, “Live and Let Die“, “Rocket Queen” e “You Could Be Mine“, ci riportano nell’epoca d’oro della seconda metà degli anni ’80 – inizio ’90, quando i Guns dettavano legge.
Nostalgia, ricordi di gioventù, memorie di un passato pregno di dolci ricordi tornano a galla e, nonostante le imperfezioni dietro al microfoni, lo show prosegue nel tripudio generale. Ma è un tripudio a metà, perché se è vero che gli anni passano per tutti, è altrettanto vero che una scaletta più corta e una durata inferiore del concerto potrebbero aiutare non poco le prestazioni di Axl Rose che, oggettivamente, rischia di diventare il pallido ricordo di ciò che fu.
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Vengono eseguite “Civil War“, “Sweet Child O’Mine“, “November Rain” e “Nightrain“. Il tempo si ferma, siamo davvero nel 2023? Slash è, come al solito una garanzia, non sbaglia niente e, se lo fa, nessuno se ne accorge. Duff e quel suo basso sceso fino alla vita, gambe allargate, braccia distese per suonare lo strumento, ci ricordano l’attitudine punk d’inizio carriera. Il resto della band è compatto, va avanti nel concerto ma Axl no, non è in forma e non possiamo fare a meno di notarlo. Ed ecco che esce fuori quella riverenza, quella soggezione che ci porta a difendere a oltranza un artista che di emozioni ce ne ha regalate a tonnellate.
Non riusciamo a volergli male, ad accusarlo, a parlare negativamente di lui, eppure non possiamo toglierci di dosso la convinzione che la prestazione di stasera sia totalmente insufficiente. “Patience“, prima del gran finale con la bolgia di “Paradise City“, fa tirare il fiato al cantante ormai sessantunenne, ma è un mero tentativo di salvare il salvabile. Nel mezzo viene eseguita anche la cover di “Walk all over you” degli Ac/Dc, giusto per coccolare l’ego di Mr. Rose e del suo breve passato nella band australiana.
Ce ne andiamo via con un mix di emozioni contrastanti: felici e delusi, estasiati e amareggiati, contenti e rammaricati. Un concerto evento ma non evento fino in fondo che godeva, alla sua vigilia, di aspettative altissime. Ai Guns, che davvero sono entrati di prepotenza nella nostra vita, perdoniamo tanto ma non tutto: si prenda consapevolezza che gli anni d’oro sono ormai passati e ci si concentri sull’ottimizzare le forze a disposizione. Infiniti? Non più. Immortali? Certamente si.
Setlist:
“It’s so easy”
“Mr. Brownstone”
“Bad obsession”
“Chinese democracy”
“Slither” (cover dei Velvet Revolver)
“Pretty tied up”
“Hard skool”
“Welcome to the jungle”
“Reckless life”
“Double talkin’ jive”
“Estranged”
“Live and let die” (cover degli Wings)
“Down on the farm” (cover degli UK Subs)
“Rocket queen”
“You could be mine”
“T.V. Eye” (cover degli Stooges)
“This I love”
“Absurd”
“Anything goes”
“Civil war”
“Sweet chil o’ mine”
“November rain”
“Wichita Lineman” (cover di Jimmy Webb)
“Knockin’ on Heaven’s door” (cover di Bob Dylan)
“Nightrain”
“There was a time”
“Walk all over you” (cover degli AC/DC)
“Patience”
“Paradice City”